_______ IL NAVICORDO

Storia

La Cappella di San Giorgio Martire

 

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S . G i o r g i o M a r t i r e

 

Il pellegrino, che, fin dal V secolo, sbarcava nel porto di Jaffa, incamminando- si verso Gerusalemme, si imbatteva, dopo qualche miglio, a Lyddha, in una basi- lica costantiniana sorta sulla tomba di S. Giorgio e compagni, martirizzati o nel 284, o nel 303 durante la persecuzione di Diocleziano.I resti archeologici della basilica sono ancora oggi visibili.

 

Non vi era pellegrino ai Luoghi Santi che non visitasse il sepolcro del Santo. Il suo culto, già diffuso in Oriente, giunse presto in Europa, e nel VI secolo vi erano chiese dedicate al Santo a Napoli, a Ravenna, a Magonza in Germania, e perfino in Inghilterra.

 

A Roma, il papa Leone II aveva costruito nel 682 una chiesa in onore dei Santi Sebastiano e Giorgio. Nel 750, il papa Zaccaria fece trasportare, come reliquia, il capo del Martire alla chiesa poi chiamata S. Giorgio al Velabro.

 

Sulla vita di S. Giorgio, attestata dall'antichissimo culto a Lyddha (Diospoli), e da un'epigrafe greca del 368 (ad Èaccea in Batanea), non si hanno testimonian- ze storicamente fondate, perché la Passio Georgii venne classificata tra le opere apocrife del Decretum Gelasianum del 496; la più antica redazione della Passio, probabilmente del V secolo, è conservata nel palinsesto greco 954 della Biblioteca Nazionale di Vienna.

 

Giorgio, fu un militare originario della Cappadocia. Fu educato cristianamente dalla madre, all'insaputa del padre; divenne tribuno dell'armata imperiale di Persia o, secondo un'altra versione, dell'esercito romano di Diocleziano.

 

Durante una persecuzione, dopo aver donato i beni ai poveri, Giorgio confessa la sua fede davanti al tribunale dell'imperatore, che lo condanna a feroci torture. Nel carcere Giorgio ha la visione del Signore, che gli predice sette anni di tormen- to, tre volte la morte e tre la resurrezione.

 

È qui che la Passio diventa leggendaria, e patrimonio della tradizione popola- re. Il martirio nella fantasia incontenibile dei suoi agiografi si trasforma in storia di prodigi difficilmente credibili. Tra questi la storia della fanciulla liberata dal drago.

 

Questa storia la troviamo nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, che narra che vicino alla città di Silenia, in Libia, vi era uno stagno grande come il mare, dove si nascondeva un drago che, quando si avvicinava alla città, uccideva

con il fiato puzzolente coloro che si imbattevano in esso. I cittadini, per placarlo, gli offrirono due pecore al giorno e, quando queste cominciarono a scarseggiare, una pecora e un uomo tirato a sorte fra i giovani del paese.

 

Un giorno venne designata la figlia del re, il quale tentò di riscattarla offrendo il suo patrimonio e metà del regno. Ma il popolo, che aveva avuto i suoi figli ucci- si dal mostro, si ribellò e diede al re otto giorni di dilazione. In questi giorni, però, il drago uccise decine di abitanti.

 

Dopo otto giorni, la fanciulla dovette accettare il sacrificio, e si stava recando piangente al lago. Casualmente in quel momento passava di là il cavaliere Giorgio, che, appresa la triste storia, corse in aiuto della fanciulla nel nome di Cristo. Quando il drago uscì dalle acque, sprizzando fuoco e fumo per ghermire la ragazza, Giorgio, saltato a cavallo, vibrò con forza la lancia ferendo gravemen- te il mostro che cadde a terra, poi, ancora tramortito seguì obbediente la fanciul- la. Il popolo, vedendo la fanciulla seguita dal mostro si atterrì, ma il cavaliere Giorgio rassicurò gli abitanti esortandoli a non aver più paura perché il Signore lo aveva mandato a liberarli dal drago ma anche a convertirli. Dopo che il popolo abbracciò la fede in Cristo, e dopo ricevuto il battesimo, Giorgio, come promes- so, uccise il drago ordinando che fosse portato fuori città con un carro trascinato da quattro paia di buoi bianchi.

 

Questa leggenda sorse al tempo delle crociate per una falsa interpretazione di un'immagine di Costantino, dove il primo imperatore “cristiano” schiacciava con il piede un drago rappresentante “l'inimico del genere umano”.

 

Chiaramente la fantasia popolare attingeva inconsciamente al mito greco di Perseo, che uccide il mostro liberando la bella Andromeda, o al mito egiziano, dove il dio Horus a cavallo trafigge un coccodrillo simbolo del malefico Seth.

 

Comunque la figura di S. Giorgio su un cavallo bianco, che trafigge con la spada o la lancia il drago, è un topos iconografico.

 

Molti artisti si sono cimentati a rappresentare il Santo con la lancia, … da Donatello, in piedi e solo con lo scudo crociato, a Mantegna… al catalano A. Gaudì. Numerosi sono i cicli dedicati alla sua vita, come quello del Carpaccio, un capolavoro, nella chiesa di S. Giorgio degli Schiavoni a Venezia.

 

Il culto di S. Giorgio si è diffuso anche grazie agli eremiti, che, provenienti dall'Oriente, si sono fermati in Italia preferendo dimorare in grotte naturali, costi- tuendo eremi e laure nel periodo bizantino; nel nostro territorio si fa una nutrita presenza di questi santi uomini provenienti da Antiochia e dalla Cappadocia, approdati nei porti di Pozzuoli o di Pompei per proseguire verso Roma sulla tomba di Pietro.

 

I crociati accelerarono questo processo, trasformando il Martire, in santo guer- riero e simboleggiando, con l'uccisione del drago, la vittoria sull'Islam.

 

Già nell'assedio di Antiochia del 1098 S. Giorgio è, con S. Demetrio, il protet- tore dei Franchi e al tempo di Riccardo Cuor di Leone viene invocato da tutti i combattenti. Con i Normanni il culto del santo orientale si era radicato straordi- nariamente in Inghilterra e nel Sud dell'Italia. Nel 1348 Edoardo III introdusse il celebre grido di battaglia: “Saint George for England” e istituì l'Ordine dei Cavalieri di S. Giorgio o della Giarrettiera.

 

Il Martire, diventato anche il patrono di varie città marinare da Genova a

Barcellona – da cui partivano i mercanti con i crociati – è il Santo invocato con S. Sebastiano e S. Maurizio da cavalieri, soldati, arcieri, alabardieri. In suo onore si compiva la veglia d'armi per chi veniva investito cavaliere, ed in ogni castello c'era una cappella dedicata al santo martire orientale. È il patrono delle diocesi di Genova, di Ferrara, di Reggio Calabria e della città di Campobasso. È invocato contro i serpenti velenosi, la peste, la lebbra, le streghe.

 

Tra il VI e il X secolo, è considerato il patrono dei prigionieri, e per questo è anche patrono dei fabbricanti di cinture, fibbie, catene e fermagli.

 

Poiché il nome del Santo non ha nulla di guerriero, derivando dal tardo greco Gheorghios, da Gheorgos: agricoltore , la sua popolarità viene invocata per farne da protettore degli agricoltori e delle puerpere.

 

Nei Paesi slavi, la festa del 23 aprile ha la funzione “pagana” di sconfiggere le tenebre invernali, simboleggiate dal drago, e di favorire la crescita della vegeta- zione in primavera. Gli slavi della Carinzia celebravano la Sua festa guarnendo un albero tagliato alla vigilia, portandolo in processione tra canti e musica con un fantoccio, che poteva anche essere un ragazzo in carne ed ossa, ricoperto di fron- de di betulle dalla testa ai piedi: il “ Verde Giorgio ” che veniva poi gettato in acqua affinché procurasse pioggia, favorendo la crescita di frutti e foraggi per le bestie.

 

La Chiesa orientale lo celebra con molta solennità, a differenza della Chiesa cattolica, che ne ha declassato la festa da memoria obbligatoria, a facoltativa. Il culto del santo è diffuso soprattutto nella Chiesa di culto bizantino, fino alla Russia. Il Martire era patrono della famiglia degli Zar e patrono assoluto della Georgia che porta il suo venerato nome. Qui lo stesso culto si sviluppò sotto il principe Jaroslav il Saggio. San Giorgio si festeggia anche in Bulgaria: il 6 mag- gio è infatti “ Gergiovden ” , con il sacrificio di un agnello. Tradizionale la parata militare a Sofia, in piazza Battenberg, essendo il Santo patrono dell'esercito bul- garo.

 

In Italia, invece, nel 1996, il vescovo di Piacenza mons. Luciano Monari, pro- pose ai vertici ecclesiastici il riconoscimento di S. Giorgio a patrono delle Guardie Particolari Giurate, perché pare che in vita il santo svolgesse un mestiere simile a quello.

 

Alessandra, la moglie di Diocleziano, è venerata come santa il giorno 23 apri- le proprio in occasione della festa liturgica del Santo cavaliere, perché la sua vicenda di vittima dello stesso consorte si lega al martirio di S. Giorgio.

 

Tra i proverbi: “ Per S. Zorzi han la spiga tutti gli orzi, e se non vi è l'è più mal che ben .” Oppure: “ A S. Giorgio semina l'orzo .” La contraddizione tra i due pro- verbi è spiegabile, perché esistono varietà di orzo che si seminano in autunno e altre che si seminano in primavera.

 

Al giorno di S. Giorgio si ricollegano anche i bachi da seta, soprannominati: “ cavalieri”. Si dice infatti: “ Le piaze a S. Zorzo i cavalieri vanno a zonzo ”, cioè il 23 aprile i bachi da seta sono già nati o stanno per nascere; cura che si aveva nella nostra zona, essendovi molti allevatori di bachi per le seterie di Cava dei Tirreni.

 

Quanto alle previsioni metereologiche, si ricorda che, quando nel giorno di S. Giorgio viene la Pasqua (Pasqua alta), arriva sempre “una gran burrasca”.

 

 

 

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