_______ IL NAVICORDO

Lanzara Storia

 

LANZARA_ RICORDO _DEL_

Rev.mo Mons. Gennaro Apostolico

Di Rocco Amendola e Gaetano Izzo

 

OPERA _RAGAZZI_ NOSTRI

A cura di Don Gennaro Apostolico

(n.d.r.)

E' questa una pubblicazione di Don Gennaro Apostolico, che si inserisce in un più ampio volume pubblicato in occasione del centenario della nascita di Mons. Demetrio Moscato, Arcivescovo Metropolita della Diocesi di Salerno - Potenza.

Il Lavoro viene pubblicato integralmente, e risulta arricchito di fotografie, non presenti nel lavoro tipografico originale, per dare maggiore conoscenza dei luoghi descritti da Don Gennaro che altrimenti non sarebbero di semplice comprensione trattandosi di luoghi Salernitani, poco noti e addirittura ormai cancellati dalla " modernità "

 

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ESTRATTO DELLA COPERTINA

 

LA PUBBLICAZIONE

 

OPERA « RAGAZZI NOSTRI »

PONTIFICIA OPERA ASSISTENZA _O. N. A. R. M. O._ MOTIVI ISPIRATORI

di Gennaro Apostolico

 

L'anno 1945 è da considerarsi come un crocevia della storia. L'orizzonte della storia di Salerno, già sede del governo italiano, si inserisce in quell'anno nel più ampio orizzonte d'Italia.

E' per la storia di Salerno l'anno della presa di possesso for­ male della sede metropolitana da parte dell'Arcivescovo Demetrio Moscato.

E' l'anno in cui si conclude un'epoca e si apre una nuova età.

E Mons. Demetrio Moscato, insediandosi nella nuova Metropoli, vive in sé il dramma di Salerno, dell'Italia e del mondo, avendo la netta sensazione di assistere al tramonto della civiltà europea.

Percorriamo le principali tappe storiche del 1945 per renderci consapevoli come la notte del male e del dolore possa avvolgere l'umanità in modo da soffocarla.

Dopo il famoso « colpo di coda di Hitler », nelle Ardenne, all'inizio del '45 il territorio germanico è alla portata degli Alleati.

Vano si dimostra il tentativo di Hitler di ottenere un'estrema rivincita con l'uso delle sue armi segrete, i razzi senza pilota V 1 e V 2 .

La maggior parte delle città tedesche appaiono ormai un mucchio di rovine fumanti. La Romania è occupata dalle truppe sovietiche, così la Finlandia, l'Ungheria e la Polonia. Varsavia è praticamente rasa al suolo.

In Italia gli Anglo-Americani, dopo lo sbarco di Salerno alla fine del '43, superano la linea gotica e penetrano in tutto il Nord.

I Tedeschi, intanto, si arrendono senza condizioni nelle mani dell'Arcivescovo di Milano Card. Schustcr, che fa da mediatore tra loro e i capi della Resistenza. Mussolini tenta una fuga disperata verso la Svizzera, ma è riconosciuto e giustiziato con diciassette gerarchi e con la sua compagna Claretta Petacci il giorno 28 aprile. Hitler, dopo aver impartito alla nazione tedesca il folle ordine di distruggere tutti gli stabilimenti industriali e le vie e i mezzi di comunicazione, si toglie la vita seguito da Himmler e Goebbels e la compagna Èva Braun. Declina, così, definitivamente il « Reich dai mille anni ».

In mezzo al furore di tante distruzioni, il 5 maggio a Salerno spunta l'alba della speranza: l'Archidiocesi esulta per il canonico possesso della Sede primaziale dell'Ecc.mo Mons. Demetrio Moscato.

Tre mesi dopo tale insediamento, esattamente i giorni 6 e 9 agosto vengono utilizzate due bombe atomiche, preparate nei laboratori americani e sganciate sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki.

Queste sono rase al suolo in un minuto e muoiono istantaneamente circa duecentomila persone, trascurando i tragici effetti delle radiazioni atomiche sui sopravvissuti. E' la fine anche dell'impero del Sol Levante.

I terrificanti bagliori delle bombe atomiche concludono non soltanto il più spaventoso conflitto della storia umana, ma pongono fine a una età storica, aprendo, quindi, un'epoca nuova, di fronte alla quale si ergono, senza prospettive problemi immensi. Non si tratta solo di ricostruire materialmente interi paesi e offrire sicurezza di vita a popolazioni decimate, sconvolte, affamate e immerse nella miseria, ma si avverte la istanza di edificare in modo deciso una nuova coscienza e una nuova storia, che evitino simile aberranti esperienze.

L'Arcivescovo Demetrio Moscato avverte di colpo che si è conclusa un epoca drammatica e che incombe su di lui, accanto ad altri protagonisti della nuova storia, l'immane compito di ricostruzione nell'ambito della sua Archidiocesi e con riflessi immediati sulla intera regione salernitano-lucana.

Il suo discorso di insediamento ufficiale, infatti, sottolinea la situazione « apocalittica » totale e la necessità di una « palingenesi » del mondo, concetti genuinamente espressi dall'Arcivescovo e stampati nella memoria di chi scrive questi ricordi (1).

E nell'attività di ricostruzione della nuova vita l'Arcivescovo si lancia con una forza irrefrenabile, come un vulcano in eruzione. Il programma della ricostruzione delle coscienze nelle popolazioni smarrite accanto alla ricostruzione materiale della vita nel lavoro e nel progresso è da lui sintetizzato nel motto: « Pro fide et patria ».

Il suo programma investe tutte le sfere dell'esistenza e dell'attività umana : la salvezza della famiglia, dell'infanzia, della gioventù, degli anziani, dei lavoratori, nelle loro molteplici variegazioni e nei loro complessi problemi.

 

I _SOTTOCAPITOLI

 

PER LA LETTURA TUTTA D' UN FIATO BASTA SCORRERE

 

 

 

 

UN PREGIUDIZIO DA CHIARIRE

Le opere assistenziali ideate e realizzate dall' Arcivescovo Demetrio Moscato sono il punto di partenza, indispensabile per la costruzione morale e materiale della vita. In quel periodo nessuna speranza è aperta sul duro cammino delle popolazioni.

Alla sensibilità dei nostri giorni il termine « assistenziale » può apparire come elemento negativo nei confronti dell'attuale « Stato di benessere » .

Negli anni dal 1945 al 1950 l'assistenza è il fattore risolutivo della stessa sussistenza di vita. Le opere assistenziali programmate dall' Arcivescovo presentano, già dalla loro fondazione, le premesse dell'ulteriore sviluppo, che si sarebbe concluso con la promozione integrale nel campo spirituale e materiale, relativo alle persone, alle famiglie come alla comunità. Infatti a base delle sue opere si scoprono idealità e progetti che preannunziano teorie e precedono istituzioni tipiche dei nostri giorni.

•  Precedentemente, in verità, la mente lungimirante di Pio XI, nella domenica di passione del 1937, esprime con l'Enciclica « Mit brennender Sorge » contro il Nazismo il grido di allarme e di angoscia per una fine lacerante e imminente di quell'età. Infatti l'Enciclica della domenica di passione del 1937, per una lettura post-eventum, è il segno monitore « weltschmerz », dolore e passione del mondo.

 

 

 

 

OPERA « Ragazzi Nostri »

Uno dei poli della feconda attività pastorale dell' Arcivescovo Demetrio Moscato è l'istituzione dell'Opera « Ragazzi Nostri

Il clima psicologico della guerra fallita e le condizioni di una degradazione morale ed economica della società salernitana e di quella italiana nell'immediato dopoguerra sono tali da varcare la soglia dell'assurdo. Chi ha vissuto quel periodo è stato spettatore di fenomeni sociali inimmaginabili: l'abbandono dei bambini, il facile « concedersi » delle giovani ai mili­ tari di occupazione dietro compenso di sigarette, scatolame di carne o di pochi stracci da indossare, la disoccupazione « totale », la incapacità di sperare nel futuro, l'assenza di ogni autorità civile e amministrativa, la vendita della coscienza: tutto questo concorre a rendere disperata la situazione esterna ed interna all'uomo del tempo.

Sull'abisso del diffuso malessere materiale e morale si china l'Arcivescovo non per essere spettatore inerte ma come operatore instancabile ed audace che solleva con forza titanica dal fondo del male chi vi è immerso consapevolmente o inconsapevolmente.

Inizia la sua attività di salvezza innanzitutto dai ragazzi. Di qui il progetto dell'Opera « Ragazzi Nostri ».

« Passata la tempesta » delle truppe di occupazione, l'Arcivescovo mobilita tutto il clero per la costruzione morale e mobilita alcuni cittadini di spicco per la costruzione civica di Salerno. Tra questi emergono, per doti di intelligenza ed operosità, l'Avv. Luigi Buonocore, poi sindaco, il dott. Carmine De Martino, deputato, il preside Avv. Matteo Rescigno, deputato, il commendatore Alfonso Menna ed altri. Tutti sono catturati dal dinamismo trainante del l'Arcivescovo e si dà fondo, così, all'opera di ricostruzione. In questa immane e multiforme attività l'Arcivescovo ha di mira l'istituzione di « Ragazzi Nostri ».

L'opera successivamente è dedicata alla Signora Norma De Martino, moglie defunta dell'On. Carmine De Martino, benefattore primario.

Nel suo itinerario storico l'Opera « Ragazzi Nostri » può essere distinta in alcune fasi, in rapporto alle istanze del tempo.

Nella fase germinale l'organizzazione presenta il titolo di « Opera dell'Addolorata per i figli del popolo ». Ecco in sintesi la genesi, come è descritta nel Bollettino del Clero dell'Archidiocesi del novembre '44: nella Parrocchia di S. Agostino, all'angolo di una casa, sita in via Masuccio Salernitano,

sorge una sacra edicola con l'immagine della Santa Madre Addolorata. Fin dalla metà del 1944 essa è adorna di voti e contornata da centinaia di fotografie appartenenti ai giovani che, essendo lontani, prigionieri o combattenti o rapiti dai Tedeschi, desiderano trovarsi almeno in spirito, accanto alla Regina dei mesti, per implorare protezione.

VIA MASUCCIO SALERNITANO

 

EDICOLA VOTIVA Santa Madre Addolorata

L'Arcivescovo, allora amministratore apostolico, cerca di disciplinare la spontanea manifestazione di pietà e di amore, nominando un'apposita commissione, presieduta dal Parroco Don Vincenzo Tafuri. Tale commissione devolve le offerte all' l'Arcivescovo, il quale stabilisce che « le somme raccolte e quelle che ancora si raccoglieranno » debbano servire al nobile intento di offrire una minestra calda ai « figli del popolo » e di dare loro assistenza e rieducazione sotto la protezione della SS. Vergine Addolorata.

PIAZZA SEDILE DI PORTANOVA CHIESA DI SAN PIETRO IN VINCULIS

 

La prima casa dell'opera si apre nel Natale '44 nei locali attigui alla chiesa di S. Pietro in Vinculis, per concessione della Congrega.

Parallelamente le Dame della Carità, benemerite per la visita e l'assistenza ai carcerati, agli infermi e ai poveri, si muovono per organizzare l'assistenza alle fanciulle.

La Parrocchia di S. Domenico parimenti organizza, dietro suggerimento dell'Arcivescovo amministratore apostolico, il doposcuola per i fanciulli; il doposcuola per quelli della scuola per automobilismo. Si provvede inoltre alla refezione.

Un appello vibrante intanto lancia l'Arcivescovo a tutta l'Archidiocesi per la vera salvezza dei fanciulli. Riportiamo lo squarcio introduttivo dell'appello: « Soltanto chi crede, scrive Werner Sombart, all'intervento del diavolo può comprendere ciò che è accaduto negli ultimi centocinquanta anni nella Europa occidentale ed in America... Una nuova strage degli innocenti ingigantita a dismisura, miete vittime nell'infanzia e nella fanciullezza ». « Salvare i fanciulli »! Ecco il grido d'allarme. « Il drago rosso rapì alle ansie delle madri greche ben ventottomila bambini deportandoli in Russia, in Bulgaria, in Romania, Cecoslovacchia e Iugoslavia » (è l'epoca del regime di Stalin nell'Unione Sovietica). E le proteste vivissime del mondo civile contro questa nuova ed inaudita barbarie, le risoluzioni particolari dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, la riprovazione aperta e sdegnosa dei Parlamenti e l'intervento della diplomazia, a nulla valsero. Il drago rosso non volle restituire agli afflitti genitori i bimbi rapiti e neppure volle dare di essi notizie alle desolate famiglie ». « Salviamo il fanciullo » (2).

La salvezza dei fanciulli diviene l'assillo inquietante nella coscienza dell'Arcivescovo nella quale penetrano con acutezza drammatica tutti i problemi della società.

Intanto i locali attigui alla chiesa di S. Pietro in Vinculis non sono più idonei a contenere il numero sempre crescente dei fanciulli che affluiscono all'opera. In conseguenza, si istituisce, sempre sotto il patrocinio di Maria SS. Addolorata, l'opera « Ragazzi Nostri » con sede nello stesso Palazzo Arcivescovile. I fanciulli assistiti superano il numero di ottocento appartenenti alle varie parrocchie dell'Archidiocesi.

 

 

 

 

 

 

UNA VISITA INSOLITA

Tra i visitatori pubblicisti del tempo, che non si sono limi­ tati ad osservare l'ambiente esterno dell'organizzazione dei ragazzi, ma sono penetrati a cogliere il vero « esprit » della fondazione, si distingue per vigore di ingegno e perspicacia di idee, Igino Giordani.

Questi ha da poco pubblicato «La Società Cristiana». All'apertura del saggio egli nel capitolo: « Il Vangelo nella città degli uomini », inizia con un taglio decisamente dialettico: « Il Vangelo — il buon Annunzio — scoppiò come una folgore sul mondo antico. Portava pace agli uomini di buona volontà, ma guerra a quelli di mala volontà; allegrezza grande al popolo, ma cruccio e astio ai nemici del popolo ».

La visita di Igino Giordani si conclude con riflessioni che immediatamente vengono stilate in un articolo pubblicato nel bollettino del clero a pag. 453 del Nov. 1945.

•  Bollettino del Clero - Arch. di Salerno - Aprile 1945.

Riportiamo i punti salienti. « Quando si entra nell'Episcopio di Salerno, luogo sacro a memorie secolari, si è investiti da un vocio allegro di ragazzi- Uno s'aspetta un silenzio ieratico, e, invece, scopre crocchi di sciuscià, dai musetti più o meno non puliti e, pur troppo, più o meno patiti. Un prete allampanato e stirato dal pensiero di dover nutrire, calzare, vestire e alloggiare una popolazione di ottocento ragazzi, s aggira carezzando e redarguendo e pensa come riuscirebbe comoda quella caserma che sta a far niente aspettando una truppa che non serve più. Alcuni di questi ragazzi escono dalle galere; quasi tutti vengono dalla strada. Anime generose hanno aiutato il Vescovo a raccoglierli, a munirli di un paio di calzari, d'un vestito, d'un pane e a lavarli nel musetto e rifarli nel morale. Ora non dicono parolacce; ora accolgono con reprimende sapienziali i compagni ultimi arrivati dal mercato nero e da commerci più neri ancora; ora sono contenti di imparare un'arte e di star raccolti in una casa. Il locale è senza vetri alle finestre, senza mobilio, senza risorse: ci sono poche panche sbilenche con alcuni tavoli raccapezzati. La caciara è più soda e baritonica tra i maschietti; più stridula tra le femminette, raccolte in altri ambienti, sempre al basamento dell'episcopio, il quale pare cosi levarsi, protetto e proteggente, sopra l'innocenza recuperata e costruire la sua azione di ministero sacro e amministrativo sopra il brusio degli infanti. E' come se la chiesa sorgesse dall'infanzia e si elevasse verso la gravità episcopale: spensieratezza al piano terra, preoccupazioni al piano di sopra. Chi sta sopra, come chinato sulle piaghe morali e mate­ riali della diocesi provvede a chi sta sotto. Nel recinto dove questa vita garrula si svolge, visse e morì nella notte dei tempi Papa Ildebrando. Questi sciuscià sono la chiesa che germoglia. In essi è Cristo. E Cristo dà loro un pane e una carezza ».

Il quadro, sia pur sinteticamente descritto da Igino Giordani, offre la misura della tragedia abbattutasi sulle popolazioni e la determinazione operata dall'Arcivescovo Moscato di trarre i fanciulli dalla catastrofe e avviarli verso un avvenire di sicurezza di vita.

Dai locali dell'episcopio e dalla fase germinale si passa così ad una fase di assestamento, nella zona di S. Leonardo. In questa fase è nominato direttore Don Perrino, vocazionista. A questi succede Don Vincenzo Calvanese che conclude il periodo di assestamento.

Su dodicimila metri quadrati di suolo sono installate baracche di lamiere zincate con sottostrutture di legno; tra queste alcune sono destinate a dormitori, altre, invece, ad officine. Una Cappella, al centro geografico del complesso, costituisce anche il centro di formazione spirituale.

COSI DOVEVA APPARIRE L'AREA IN QUESTIONE

( Immagine estratta da Tesi di Dottorato Dott.ssa Angela Olita )

Una metà dei dodicimila metri quadrati forma un vigneto, posto ad ovest delle baracche, dove attualmente, insiste il centro sportivo « Vigor ». Ad est altre baracche appartengono al « campo profughi » iugoslavi ed ungheresi. Un campo sportivo di dimensione regolare allieta la vita dei ragazzi e li avvia ad un'armonica crescita psicofisica.

OPERA RAGAZZI NOSTRI

 

Nella successiva fase di sviluppo l'opera ha per direttore Don Gennaro Apostolico, insegnante di materie letterarie presso il Seminario arcivescovi le. E' questa la fase che può definirsi « sistematica », essendo posta a fondamento della formazione spirituale e professionale degli allievi una concezione pedagogica di un umanesimo in prospettiva sociale.

SULLA DESTRA UNA DELLE BARACCHE RECUPERATE

 

1963

 

1963

 

Si rivela, così, nell'Arcivescovo Demetrio Moscato, ciò che poche persone hanno avuto modo di conoscere: il possesso di un nutrito sapere psico-pedagogico. A base della sua visione pedagogica vi è la concezione dell'« umanesimo del lavoro » e « l'educazione axiologica »: ispirazioni feconde che hanno, nel lontano 1952 anticipato gli attuali orientamenti delle scienze umane nell'ambito pedagogico, in quello sociologico e nell'altro psicologico, e persino, nel mondo della economia.

Colui che delinea questo profilo della figura di Mons. Demetrio Moscato, alla luce della sua attività pastorale, rivolta in modo specifico alla rifondazione della società partendo dai fanciulli, ricorda l'ampia ala culturale che l'Arcivescovo distende nei suoi discorsi e nei colloqui. E l'ammirazione si tramuta in un apprezzamento senza limiti allor quando, convocato per dirigere l'opera, recepisce e fa proprie le linee direttive dell'Arcivescovo nella conduzione di « Ragazzi Nostri ».

Riformuliamo tali linee nel ricordo tenace di chi scrive e per porre in risalto un versante nuovo del pensiero di Mons. Demetrio Moscato, che altri non hanno, forse, occasione di trattare.

Quali sono le impostazioni del suo disegno di formazione educativa dei ragazzi?

Non potendo riportare nella interezza il contenuto di tutte le conversazioni aventi per oggetto la specifica formazione dei fanciulli e dei giovani, mi si consenta di enucleare i principali motivi ispiratori. Egli parte da un'idea ferma che l'educazione è vita e, quindi, la formazione educativa è filosofia applicata: in essa tutti i problemi sono da considerarsi come problemi vitali dell'Uomo. Il principio fondamentale su cui poggia il suo pensiero, e che egli riprende con costanza nei colloqui, è il principio di sviluppo. Contro ogni concezione di forme e di valori « statici » egli afferma che la realtà, la vita, l'uomo, il « ragazzo » sono perpetuo evolversi. Altro punto fermo della sua « visione di vita » riguarda la concezione sociale dell'educazione.

Nelle visite che l'Arcivescovo compie con continuità all'Opera, soprattutto nei locali destinati a laboratori di falegnameria e di meccanica, egli ribadisce il concetto che il lavoro è la forza della vita sociale; e la cooperazione, che è il perno della vita, deve esserlo anche dell'educazione.

E lo sarà introducendo nella scuola le esercitazioni di lavoro industriale, l'apprendimento attivo del fare, un'organizzazione di studio e di lavoro per costruire la vita su ideali morali secondo l'ispirazione d'un amore sociale, una formazione cioè fondata su principi cristiani. Negli anni successivi in Italia saranno istituite varie scuole a indirizzo professionale.

L'Opera « Ragazzi Nostri » ha anticipato, con la sua organizzazione di scuola-lavoro le scuole professionali statali.

Esiste già da tempo, la scuola professionale agraria, e questa è frequentata dagli allievi dell'opera, dopo il conseguimento della licenza elementare. Le scuole elementari statali hanno sede nella stessa Opera « Ragazzi Nostri »; la scuola agraria statale invece ha la sua sede in S. Leonardo.

La ricchezza interiore e culturale di Mons. Demetrio Moscato non si limita alla forma esterna dell'organizzazione dell'Opera. Egli ha di mira le nobili finalità, guide della vita dei giovani allievi. Per lui l'educazione è intesa come iniziazione ai « valori » dell'esistenza umana, aderendo ai quali la personalità trova la sua completezza.

L'educazione, secondo l'Arcivescovo, deve essere axiologica: apertura, cioè, ai valori della vita.

In una visita memoranda fatta all'ora « quando roseo il tramonto nell'azzurro sfuma », dopo essersi soffermato a mirare l'incanto del golfo, del cielo e delle colline circostanti, e dopo aver valutato l'efficienza del laboratorio, fa rifluire uno dei suoi penetranti pensieri, rivolgendosi a chi scrive: « caro Don Gennaro, l'aspetto fondamentale della formazione della vita di un giovane è la sua professione, che è un modo di produzione dei valori e di partecipazione ad essi.

L'educazione professionale va in sintonia con l'educazione axiologica, quando queste sono finalizzate come compito morale verso la società. Sarà tale tipo di educazione a formare il carattere c ad avviare i giovani verso il superamento dell'individualismo ». L'ispirazione di Mons. Demetrio Moscato non è quindi professionalistica o utilitaria, ma etico-sociale ed axiologica. Il flusso dei suoi pensieri continua: « occorre dare ai giovani un nuovo ideale di vita; e questo è il servizio verso gli altri. Il vero ideale di vita non è quello di dominare, ma di servire la società ».

La conclusione della sua conversazione è davvero illuminante: ricordati che « non il sapere ha liberato il mondo, ma l'amore »: questo è il vertice degli ideali umani.

« L'ideale umano sommo è: amare e servire ».

Potrebbe sembrare conclusa la sua « weltanschauung »; invece no. Nel taccuino dei ricordi è notata un'altra riflessione, ricavata da una visita fatta alle scuole elementari dell'Opera. « L'educazione, egli afferma, è atto culturale della comunità, che distribuisce ai singoli dei beni determinanti: religione, morale, sapere arti, tecnica costume etc., in modo da sviluppare nel fanciullo il massimo di energia a vantaggio del massimo bene della comunità. Nelle nostre scuole, egli osserva, si svolge sistematicamente l'egoismo; non si fa quasi nulla per il senso sociale; l'educazione vera ed integrale è sinonimo di formazione del carattere come dono di sé agli altri ».

Abbiamo preferito tracciare i lineamenti del pensiero educativo di Mons. Demetrio Moscato perché, in realtà, l'Opera « Ragazzi Nostri » nella sua traiettoria ideale è il progetto stesso dell'Arcivescovo, nel quale progetto egli trasfonde il suo impegno e la sua generosità.

Nel giugno 1955 l'Arcivescovo espleta le pratiche per il definitivo acquisto del suolo dall'intendenza di finanza. In seguito a tale formale acquisto si dà l'avvio alla costruzione dell'attuale Colonia « S. Giuseppe ».

In attesa dell'esecuzione dei lavori il gruppo dei « Ragazzi Nostri » viene assorbito dall'Orfanotrofio Umberto I di Salerno.

Si conclude, così, l'esperienza decennale dell'opera, che rappresenta la salvezza fisica, morale, culturale e spirituale di molti ragazzi e giovani che si avvicendano nell'opera, in un periodo di disfatta totale della società italiana.

Artefice di costruzione nel Meridione d'Italia

In qualità di Primate della Regione ecclesiastica salernitano-lucana, Mons. Demetrio Moscato allarga l'orizzonte geografico della sua molteplice attività pastorale e civica, scavalcando i confini dell'Archidiocesi di Salerno e presentandosi, così, di fronte alla storia come uno dei principali artefici della costruzione nel Sud. Amico di Luigi Sturzo e conoscitore profondo del pensiero e delle opere di questi, Mons. Moscato sente vivamente la drammatica passione delle popolazioni del Sud nel periodo pre e post-bellico, così che il dramma del popolo diviene il dramma della sua vita.

E' giustificato, in tal modo, l'impulso che egli imprime alle opere di assistenza diocesana attraverso le forme più impensate di aiuti finanziari, di incoraggiamenti, di sovvenzioni ed interventi personali. Don Federico Aquaro, figura straordinaria di sacerdote sul cui volto si legge l'espressione di una pazienza eroica e mai turbata, è il veicolo di molteplici attività benefiche. Queste costituiscono quell'immenso « bene sommerso » distribuito quotidianamente a numerose persone che, non trovando comprensione presso la gelida burocrazia dello Stato, ricorrono al nobile cuore dell'Arcivescovo. L'attesa del sussidio non è mai inutile, giacché le persone che bussano alle porte della beneficenza ne escono « sollevate » materialmente e spiritualmente con un tono di fiducia nella vita. Il vantaggio non è, però, soltanto dei veri poveri ma anche dei « finti » poveri. E quando l'estensore del presente articolo chiede una volta, per celia, se siano più numerosi i finti o i veri poveri, la intelligente comprensione di Don Federico risponde che, in fondo, « il Signore fa cadere la pioggia sui buoni e sui cattivi » ed auspica che, alla fine, attraverso le opere di bene, anche i falsi si trasformino in uomini sinceri. Così l'ottimismo, caratteristica di Mons. Demetrio Moscato e di Don Federico Aquaro, sconfiggono il pessimismo.

Il valore e l'estensione del « bene sommerso » distribuito dall'Arcivescovo non è misurabile in termini matematici, come la miseria materiale e morale di quei tempi non è rapportabile in termini numerici: questa trascende per immensità, per varietà e per l'angoscia, qualsiasi calcolo.

 

 

 

 

 

 

LA P.O.A._E_ I_ CANTIERI - SCUOLA

Nel piano sottostante all'aula di ricevimento dell'Arcivescovo tre vani formano il centro della Pontificia Opera di Assistenza a livello regione. Ci limitiamo solo a riferire l'ampio raggio di distribuzione di aiuti, viveri, contributi finanziari, in connessione con attività di costruzione edilizia e con l'avvio di operai verso l'acquisizione della professionalità e della specializzazione: 150 cantieri-scuola per lavoratori. Oltre la rete organizzativa dei cantieri-scuola, la P.O.A. istituisce ben 400 asili per l'infanzia. Inoltre, non è da sottovalutare il numero degli insegnanti, né quello dei col laboratori tecnici e cooperatori per i vari servizi. L'attività della P.O.A. si diffonde soprattutto nelle zone sottosviluppate della regione salernitano-lucana.

La Pontificia Opera Assistenza in quel tempo imprime lo scatto allo sviluppo successivo della regione nel campo della produzione economica.

La mente direttiva dell'opera è l'Arcivescovo Demetrio Moscato, la mano esecutiva, invece, è Mons. Giuseppe Crea.

Ma quale disegno di sviluppo di ricostruzione si raffigura nella mente di Mons. Demetrio Moscato attraverso la P.O.A.?

A questo punto dobbiamo necessariamente soffermarci sulla sua concezione di sviluppo del Mezzogiorno, per porre la figura di Mons. Moscato accanto ai Meridionalisti del dopo-guerra.

Lo schizzo che ora stendiamo è il risultato di argomenti trattati in varie conversazioni avute personalmente con l'Arcivescovo, il cui contenuto, nel complesso, è stato dallo scrivente conservato in « quaderni ».

Dall'analisi compiuta dal Nostro, il Mezzogiorno copre il 40,8% della superficie territoriale complessiva d'Italia, con quasi 20 milioni di abitanti. Per il numero di abitanti il Merdione equivale a uno dei tanti Stati d'Europa, per cui il problema meridionale corrisponde al problema di uno Stato.

L'arca del Sud presenta in quel periodo note tipiche di un Paese sottosviluppato: basso reddito procapite, alta disoccupazione e sottooccupazione, bassa quota di investimenti, bassa produttività, forte pressione demografica su modeste risorse, settore industriale ristretto con predominanza di piccole imprese tradizionali e artigianali, settore commerciale e di servizio arretrato.

L'analisi che Mons. Moscato conduce non si limita alla constatazione delle condizioni arretrate del Sud-Italia dei suoi tempi. Egli va alla ricerca delle radici storiche della depressione meridionale, manifestando così, il taglio di storico meridionalista. E alle origini di tale depressione egli individua il tramonto delle civiltà mediterranee e il conseguente spostamento del baricentro delle attività economiche verso l'arca settentrionale e il cuore d'Europa. Egli scopre, però, anche fattori strutturali: la posizione geografica, le caratteristiche geomorfologiche; per esempio, la configurazione prevalentemente montagnosa (ad eccezione della piccola piana di Paestum) e dissestata della zona, la scarsità delle risorse idriche. A conferma delle asserzioni egli riferisce dati specifici relativi ad alcune regioni del Sud: la montagna prevale in Calabria al 41,7% contro il 9% della pianura, idonea questa per la produzione agricola; in Lucania la montagna prevale al 47,8% a fronte dell'8% della pianura; anche in Campania la montagna è largamente presente al 34,5%. La diversità di maggiore spicco tra Nord e Sud d'Italia, secondo l'esame di Mons. Moscato, è nella distribuzione stagionale delle precipitazioni atmosferiche. Mentre in autunno e in inverno la quantità d'acqua caduta non segna grandi differenze tra Nord e Sud, la differenza è sensibile per la primavera ed è macroscopica nell'estate: i valori estivi minimi raggiungono nel Sud solo i 7 mm., la media stagionale del Nord è di 201 mm. La grande siccità estiva dura nel Sud talvolta sei mesi di seguito.

Con una visione di storico di razza egli si sofferma anche su fattori di ordine politico; per esempio, l'abbandono secolare da parte dei poteri pubblici, incuranti di porre il Sud al passo con i tempi, di creare una rete stradale e ferroviaria in grado di fare da supporto a uno sviluppo industriale, a sua volta fattore di sbocco alla pressione demografica fortemente in crescita. Con l'unificazione dell'Italia e con il periodo fascista, egli afferma, la politica nazionale, invece di concentrare le proprie forze nella soluzione del problema del Sud, dà la precedenza alle avventure coloniali, con grande spreco di denaro, di energie e di vite umane; e la popolazione locale non ha altra valvola di sicurezza che l'emigrazione in massa, con evidente depaupera­ mento umano della zona.

Le distruzioni belliche del secondo conflitto mondiale hanno provocato danni e devastazioni oltre ogni misura. All'inizio degli anni '50 la produttività del Sud è minore in ciascun settore, soprattutto nel settore traente, quello industriale, che segna la caratteristica fondamentale del divario del Sud rispetto al Nord.

Altro « punctum dolens » che è un problema nel più ampio problema del Mezzogiorno è formato dal fenomeno dell'emigrazione. Nel periodo intorno agli anni '50 parte della popolazione meridionale calcolabile a circa un milione di persone, per guadagnarsi la vita c per la sussistenza della famiglia, è costretta ad emigrare in paesi esteri o in altre regioni d'Italia. Così il Sud perde la parte più produttiva della sua forza lavoro, relegando in condizione di abbandono ampie aree della zona.

La chiave di volta per comprendere la preoccupazione dell'Arcivescovo Demetrio Moscato e la sua insistenza per l'istituzione della Pontificia Opera Assistenza, sta proprio nell'assillo vissuto da lui di fronte al fenomeno dell'emigrazione. Tale fenomeno è da lui sentito come un vero dramma, essendo considerato quasi frattura o pericolo di frattura della famiglia. E il dramma vissuto dalla famiglia dell''emigrante diventa il suo dramma. Ecco il motivo per cui egli insiste con gli operai, tentando di convincerli ad acquisire una qualifica professionale, proprio perché la professionalità li inserisce nel mondo della produzione, senza varcare i confini della zona in cui essi abitano. Per l'Arcivescovo la carenza di una qualifica professionale è il fattore primario che determina l'emigrazione; infatti chi dispone della forza lavoro e per mancanza di qualifica professionale non trova spazio in alcuna attività produttiva, è costretto ad emigrare.

Negli incontri frequenti avuti con gruppi di operai e con l' O.N.A.R.M.O. il « chiodo fisso » è l'acquisizione attraverso i corsi di addestramento svolti dalla Pontificia Opera Assistenza, di una qualifica professionale.

In una importante conversazione con l'Arcivescovo l'estensore di queste considerazioni è colpito da una mirabile intuizione espressa dal Presule. E' il mese di luglio 1950. Egli specifica che il sottosviluppo italiano non differisce dalle aree parimenti depresse esistenti in altri paesi industrializzati del mondo occidentale. Ma il punto nodale del problema riguardante lo squilibrio tra Nord e Sud Italiano non consiste tanto nel divario del livello di sviluppo in sé, quanto, egli afferma, nell'incapacità del sistema meridionale di produrre autonomamente le risorse necessarie oltre i limiti della sopravvivenza per superare la stagnazione.

Questo suo convincimento e la sua «visione» di sviluppo dell'area meridionale trovano una parallela visione nella mente di un grande uomo politico del settentrione, Alcide De Gasperi, che nel mese successivo, esattamente il 10 agosto 1950, avvia ufficialmente, con la legge 646, la Cassa del Mezzogiorno.

Da « allora » fino ad « oggi » la Cassa del Mezzogiorno, nonostante le sue manchevolezze, ha dato un volto nuovo al Sud o, per lo meno, ha creato i presupposti per cambiarne il volto.

La dinamica pastorale del Presule salernitano si è svolta di pari passo con il progresso sociale ed economico del Meridione.

Ma gli anni bui da Lui vissuti con coraggio, con abnega­ zione e con il dominio sugli eventi, sono soprattutto gli anni iniziali dal 1944 al '50. Questi sono anni di avvio che preparano e fondano lo sviluppo successivo non solo della P.O.A. c delle sue articolazioni, bensì delle società salernitana e lucana.

La formazione e la preparazione che l'Arcivescovo imprime alle Opere « assistenziali » non riguardano solo l'aspetto tecnico e professionale, ma investono la dimensione totale dell'uomo; il suo è un progetto di formazione umanistica e, nel contempo, tecnologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA_ P.O.A._ E _GLI _ASILI

Un breve itinerario storico:

La Pontificia Opera Assistenza prende l'avvio dalla precedente Pontificia Commissione di Assistenza, istituita da Pio XII il 18 aprile 1944. La Pontificia Commissione Assistenza ai profughi ha come « legato della carità » Mons. Ferdinando Baldelli.

Prima che Roma sia occupata dai cosiddetti « Alleati » la Città è già il rifugio di profughi provenienti da ogni parte ed il Vaticano è il nascondiglio di esuli politici e di ebrei. Pio XII organizza in tale periodo drammatico l'assistenza ai profughi. Essa, a sua volta, è la prosecuzione della vasta rete di iniziative vaticane per salvare i militari dispersi e i prigionieri, e per dar informazioni di questi alle famiglie che oltre la miseria materiale e la fame vivono anche l'angoscia dell'attesa.

All'alba del 1945 FA rei vescovo di Salerno insieme con Mons. Baldelli e Mons. Giuseppe Crea danno inizio all'opera di ricostruzione e istituiscono la P.O.A. a Salerno. Il 14 febbraio del 1945 lo stesso Mons. Baldelli invia una entusiastica lettera a S. E. l'Arcivescovo, della quale riportiamo un tratto: « Eccellenza Rev.ma, in possesso del rendiconto contabile del primo mese di gestione del locale Refettorio del Papa, nonché della relazione e dell'elenco nominativo delle persone assistite, ringrazio vivamente l'E. V. Rev.ma e mi compiaccio molto della precisione con la quale è stato eseguito il lavoro ».

Da quel periodo gli orizzonti dell'assistenza caritativa cominciano a dilatarsi, ed ogni anno le colonie della P.O.A. si preoccupano di oltre un milione di bambini: sorgono colonie specializzate per poliomielitici, per diabetici, per cardiopatici, per « sub-normali » (è questo il termine adoperato nel ventennio 1940-'60).

La formazione didattica ed umana svolta negli asili nel periodo scolastico ottobre-giugno trova il suo completamento nella cura elioterapica e marina del periodo estivo. Presentiamo, pertanto, uno schema che annualmente si ripete nel metodo organizzativo, ma si incrementa volta per volta nel numero dei partecipanti.

Le Colonie estive con trasporto a mare funzionano a Eboli per N. 400 unità; a Battipaglia per 300 con una quota riservata alla Forania di Olevano e a Pontecagnano per N. 150.

A Salerno la colonia diurna funziona presso l'edificio scolastico « Vicinanza » ed accoglie N. 500 bambini.

 

Presso l'edificio scolastico « Barra » funziona una colonia temporanea con pernottamento ed accoglie 400 bambini delle varie foranie dell'Archidiocesi nelle proporzioni sotto assegnate:

 

Mercato San Severino

Castel San Giorgio

Giffoni Vallepiano

Baronissi

S. Cipriano Picentino

Pellezzano

Bracigliano

Ogliara

Bellizzi

Montecorvino Rovella

Acerno

Fratte

Calvanico

Montecorvino Pugliano

Pastena

N. 50;

N. 70;

N. 40;

N. 50;

N. 40;

N. 40;

N. 20;

N. 20;

N. 20;

N. 40;

N. 20;

N. 20;

N. 30;

N. 10;

N. 10.

 

Altra colonia montana per bambine funziona a Sieti, mentre per i bambini è organizzato un campeggio ad Acerno. Nelle due colonie montane sono previste 200 unità.

Esiste, poi, un altro piano diocesano di Assistenza del- l'Opera che si articola nel seguente schema:

Colonia Marina temporanea « San Matteo » presso l'edificio sco­ lastico « G. Barra » per N. 200;

Colonia Marina temporanea « S. Cuore Immacolato »presso l'edificio scolastico di Vietri sul Mare riservata ai bambini della diocesi di Salerno ma residenti nella provincia di Avellino;

Colonia Marina temporanea nell'edificio scolastico di Fratte riservata a bambini della diocesi di Campagna;

Colonia Marina temporanea nell'edificio scolastico di Fratte riservata alla diocesi di Vallo Della Lucania;

Colonia Marina temporanea di S. Leonardo, riservata alla diocesi di Campagna;

Colonia Marina temporanea in S. Leonardo, per la diocesi di Vallo della Lucania;

Colonia Marina temporanea in S. Leonardo per la diocesi di Salerno.

Il numero complessivo dei bambini partecipanti alle colonie su esposte raggiunge il numero di 1000.

Inoltre sono organizzate colonie per conto di Enti:

a) Ente Zolfi Italiano N. 154;

h) Opera Nazionale Invalidi di guerra N. 400.

La zona costiera di Salerno Est è l'ambiente marino ed orografico più idoneo per la cura dei bambini.

Tra la fioritura di opere Assistenziali emergono, nella zona, tre poli di sviluppo:

a) l'opera « Don Gnocchi » rivolta ad handicappati di ogni genere ed ai mutilatini di guerra;

b) l'opera di Suor Candida, quasi legata territorialmente alla precedente. Essa raccoglie ed educa bambini orfani ed abbandonati;

c) L' Opera « Ragazzi Nostri », distanziata qualche chilometro dalle prime due. Di questa abbiamo delineato lo sviluppo nelle pagine precedenti.

Quella zona di Salerno Est, dove pulsa il ritmo della sofferenza, della debolezza fisica e della fragilità psichica, costituisce l'assillo del cuore e della mente di Mons. Demetrio Moscato. « Il mio cuore è a Mercatello »: l'espressione, rivolta allo scrivente in qualche circostanza, sintetizza la costante premura del Presule.

 

 

 

 

 

 

 

L' _O.N.A.R.M.O.

(Opera Nazionale Assistenza Religiosa e Morale degli Operai)

La premura dell'Arcivescovo Demetrio Moscato non è rivolta solo al livello formativo del fanciullo, del professionista « in erba » o dell'operaio che acquisisce la tecnica del mestiere specializzato, ma egli converge l'attenzione alla formazione integrale dell' uomo.

Lettore acuto delle opere di Jaques Maritain, l'Arcivescovo ha presente nella sua mente lo schema maritainiano « l'Educa- zione al bivio », pubblicata in Italia nel 1949. Accanto a questo saggio egli pone come fattore completivo della sua visione di vita « l'Umanesimo integrale » dello stesso Maritain. Oggetto di una conversazione culturale con lo scrivente è il contenuto di un articolo di A. Messineo pubblicato sulla Civiltà Cattolica nel quaderno del 2 agosto 1956 avete per titolo appunto « l'Uma- nesimo integrale ». L'entusiasmo suscitato dalla lettura di Mari­ tain raggiunge il diapason della sua esaltazione spirituale, poiché con il volto davvero illuminato egli si esprime: « ricordati che « il cristianesimo è la democrazia, come aveva scritto già nel 1848 il giornale cattolico democratico parigino « Ere nouvelle »; anzi soggiunge: « La Religione senza libertà si cambia in strumento di dispotismo; la libertà senza la religione degenera in anarchia, come aveva detto a Roma, nel periodo Risorgimentale, P. Gioacchino Ventura ».

Nella prospettiva della formazione integrale dell'uomo e nell'ottica della costruzione di una società « organica » (termine spesso ripetuto da lui, fondata, cioè, sulla solidarietà e orientandosi sempre sul binomio « prò fide et patria », l'Arcivescovo si lancia con vero impeto ad edificare « l'uomo della coscienza » oltre « l'uomo della tecnica ».

In conseguenza di ciò, tra gli strumenti operativi della formazione di coscienza degli operai emergono, nel fervore di iniziative, il centro O.N.A.R.M.O. e le Pie Unioni Braccianti, da lui istituiti per la nobile ed indispensabile finalità di formare l'uomo e il cittadino nella coscienza retta di un servizio sociale.

La sua preoccupazione maggiore è il pericolo che lo sviluppo della tecnica scisso dallo sviluppo morale possa condurre l'uomo ad un esasperato individualismo, deleterio per la stessa società.

Per lui, è la formazione di una coscienza prettamente morale ad evitare lo slittamento nell'individualismo. Anzi, la forza del sentimento comunitario della società è direttamente proporzionata alla forza etica; è la coscienza a piegare la per­ sona al servizio della comunità. Quindi, egli ripete, senza la formazione della coscienza cristiana, non potrà mai sorgere una società carica di spirito comunitario. Priva del fondamento di una morale cristiana, la società si sviluppa in direzione atomistica: cioè ognuno tiene presente soltanto il suo tornaconto.

Nella proiezione dell'ideale costruttivo della nuova società il Nostro affianca alle iniziative che preparano il volto nuovo della società « temporanea », anche le iniziative che preparano l'anima nuova della società « organica ».

E' chiarito così, il motivo ispiratore della istituzione del- l'O.N.A.R.M.O. , delle Pie Unioni Braccianti. Il Parroco di S. Pietro in Camerellis di quel tempo, Don Guerino Grimaldi, è designato come animatore spirituale dell'O.N.A.R.M.O., delle Pie Unioni Braccianti e delle A.C.L.I.

Egli dà avvio ai movimenti ed impulso alla crescita organizzativa degli stessi, e per la sua sensibilità ai problemi della società e per la sua competenza culturale costituisce la bussola di orientamento per la dinamica delle varie organizzazioni. L'attività di cappellano è svolta da P. Sempliciano Schettino.

Lo sviluppo dell'organizzazione tocca il vertice nel 1962, in occasione del 50° di sacerdozio e 30° di episcopato dell'Arci- vescovo Mons. Demetrio Moscato, al quale è dedicata una sorprendente primavera di iniziative spirituali da parte dei la­ voratori assistiti dalle organizzazioni.

Riportiamo dal settimanale « Presenza » dell'll luglio 1962 le principali iniziative intraprese, di squisito valore spirituale:

Comunione e Messa del primo venerdì del mese;

La recita in fabbrica del Rosario durante il mese di Maggio;

Il triduo di preparazione al precetto pasquale (S. Comunione e S. Messa);

La celebrazione della Messa in fabbrica nel giorno 8 Maggio e recita della Supplica alla Madonna di Pompei;

Visite al SS. Sacramento, agli ammalati, da compiersi individualmente.

In tutte le fabbriche assistite dall' O.N.A.R.M.O. si svolgono manifestazioni straordinarie in occasione soprattutto del pre­ cetto pasquale.

Nelle fonderie riunite, dopo il triduo di preparazione, il precetto si celebra nel Santuario di Gesù agonizzante nel Gethsemani di Paestum.

L'incontro degli operai si conclude con la visita agli scavi archeologici.

Alla S.A.L.I.D. dopo il triduo di preparazione, il precetto pasquale si celebra nella stessa fabbrica.

Le Manifatture Cotoniere Meridionali hanno il privilegio di celebrare il precetto nel sabato santo. Unanime ed entusia­ stica risulta la partecipazione degli operai e dei dirigenti.

La fabbrica di ceramica « Ernestine » celebra con raccoglimento la funzione del Precetto nella penombra dell'edificio. La Messa si celebra Sull'Altare adornato dalle più artistiche ceramiche.

Altra celebrazione carica di spiritualità è la funzione del Precetto pasquale compiuta dai lavoratori del Pastificio Amato. Difatti, dopo una solida preparazione, gli operai insieme con le maestranze e con gli impiegati si recano a Pozzano, ai piedi della prodigiosa immagine della Madonna di Pozzano e del Crocifisso che, nell'eruzione del Vesuvio del 1631, è rinvenuto nelle acque del mare di Castellammare di Stabia. Dopo la celebrazione della Messa e la partecipazione al Precetto, tutto il gruppo si reca al Santuario di Pompei per concludere la giornata eucaristica.

Il frutto spirituale di tutte le manifestazioni relative alla recita dei Rosari, delle Suppliche alla Vergine di Pompei e alla partecipazione ai Precetti pasquali con le rispettive preparazioni di confessione e di conversazioni su argomenti religiosi, è of­ ferto dagli operai secondo l'intenzione di S. E. l' Arcivescovo, in occasione del suo 50° sacerdotale.

Anche le Pie Unioni Braccianti manifestano generosamente la loro ricchezza di fede e di lavoro. Infatti nelle Pie Unioni Braccianti di Eboli, Coperchia, Capitignano, Torrione, Monticelli di Olevano si svolge con solennità il Precetto pasquale con triduo di preparazione.

Negli stessi nuclei i Braccianti partecipano a Missioni ed esercizi spirituali.

In ordine di tempo l'ultima manifestazione del Precetto pasquale avviene nelle Carceri giudiziarie di Salerno. I detenuti sogliono celebrare il Precetto nel giorno del Santo Patrono Giusppe Cafasso. Nel giorno, appunto, di tale festa l'Arcivescovo Moscato celebra la Messa con la comunione generale, preparata dal Cappellano delle Carceri.

La parola efficace di S. E. penetra nella coscienza dei detenuti per formare « l'homo novus ».

Il 1962 non è l'unico anno in cui l'attività dell'assistenza spirituale e morale si sia rivelata feconda presso gli operai delle varie fabbriche e presso i Braccianti agricoli. L'attività spirituale si svolge nella sua piena efficienza già prima del 1962 e, ancora, dopo lo stesso anno.

Fare la rassegna delle opere molteplici realizzate prima e dopo il 50° anniversario sacerdotale sarebbe un « cadere nel luogo comune » e un cedere alla forma di esaltazione panegi- ristica; ciò che è estraneo alla mentalità di chi scrive e di colui che è oggetto di trattazione. L'Arcivescovo Demetrio Moscato, infatti, tuffato letteralmente in un'attività pastorale da capo­ giro, mostra sempre semplicità di intenti e finalità assoluta- mente schive da inebriante velleità glorificativa.

La sua azione è pregna di spirito paolino. Il pensiero di S. Paolo è talmente penetrato nella sua mente da costituire il perno che fa ruotare il dinamismo dell'intera esperienza pasto­ rale. Non a caso in un momento di stanchezza fisica, e verso il declino della sua vita, si esprime con colui che abbozza questi ricordi, ripetendo: « bonum certamen certavi, cursum consumavi, fidem servavi ». E S. Paolo, di cui Egli è cultural­ mente innamorato, come è innamorato di Dante, lo sorregge nel suo itinerario pastorale. Anzi, la luce emanata dalla guida paolina

« ravviò pei floridi

sentieri della speranza

ai campi eterni, al premio

che i desideri avanza »

(Manzoni - Il 5 Maggio).

Abbiamo delineato uno schizzo soltanto della personalità moscatiana, che rivela poliedricità nel carattere come nell'in­ gegno, e la luce proiettata dalle iridescenti facce prismatiche del suo spirito ancora oggi emette i suoi raggi.

 

Fonti dìnformazione:

— Bollettino delClero dell'Arch. di Salerno - Nov. 44

— Bollettino delClero dell'Arch. di Salerno - Lug. 51.

— Bollettino delClero dell'Arch. di Salerno - Mar. 45.

— Bollettino del Clero dell'Arch. di Salerno - Lug. 56 4- Apr. 45 4- Nov. 45

— PRESENZA, Periodico religioso sociale (direttore responsabile Gue- rino Grimaldi), Anno IV - N. 10 del 21 agosto 63.

— PRESENZA - Anno III - N. 10 del 11 luglio 62.

 

DON GENNARO IMPEGNO E PASSIONE

1963

Siamo nel 1963, Don Gennaro è parte attiva del progetto " Opera Ragazzi Nostri " raggiungendo con la sua vespa la località S. Leonardo, nei pressi dell' attuale campo Arechi, dove, nelle baracche che si vedono sulla destra, vengono creati laboratori di mestieri : muratore, falegname, fabbro, ecc.; e aule " scuole " ( non pensate però ad aule con riscaldamento e tutti i confort ) per l'istruzione.

Molti hanno purtroppo dimenticato il lavoro e l'impegno di Don Gennaro, per strappare dalla strada, anche quelle di Lanzara e dintorni, tanti ragazzi destinati ad un futuro già segnato, e far apprendere loro un mestiere e a leggere e scrivere.

In questi pochi scatti, si vede tutta la " gioia interiore " di Don Gennaro quando si reca in questo luogo così importante per la " rinascita sociale " .

 

 

 

 

 

E' in questa fotografia, che lo ritrae insieme a quei ragazzi, nel " campo sportivo ", si fa per dire , vicino alle baracche dell' impegno sociale di " Opera Ragazzi Nostri ", la sintesi della sua vita dedicata al prossimo.

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FINE PAGINA

Scaricando il libro si ricorda di citare la fonte in caso si pubblicazioni

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