JACOPO DELLA VARAGINE

1265

Una volta il governatore di quella regione aveva mandato i propri soldati a caccia ma questi non erano riusciti a trovare nessuna preda : giunsero alfine vicino all'antro dove il santo eremita dimorava e videro una gran moltitudine di fiere di cui neppur una riuscirono a catturare.

Riferirono l'accaduto al loro signore che mandò un maggior numero di soldati onde gli portassero davanti quell'eremita con tutti gli altri cristiani.

Nella stessa notte S. Biagio vide tre volte Cristo che gli disse : « Alzati ed offrimi un sacrificio ». Ed ecco che nello stesso momento giunsero i soldati che ordinarono al santo di uscire dalla grotta per recarsi al cospetto del governatore. Rispose alle loro parole S. Biagio : « Benvenuti figli: vedo che Iddio non si è dimenticato di me». Per tutto il cammino non cessò mai di predicare e fece molti miracoli;

Appena giunto in città S. Biagio fu incarcerato e il giorno dopo portato alla presenza del governatore il quale lo salutò carezzevolmente: « Salve Biagio, disse, amico degli dei ! ». E Biagio : « Salute a te ottimo governatore ; ma non chiamare dei i demoni che sono precipitati nel fuoco eterno insieme a quelli che li adorano ». Il governatore infuriato lo fece battere con le verghe e riportare in prigione. Disse allora Biagio : « Insensato, speri forse con i tormenti di togliermi l'amore del mio Dio che vive in me stesso e mi aiuta col suo braccio? ».

Quando il governatore si accorse di non poter piegare il santo al culto degli dei lo fece sospendere a un palo e ne fece straziare le carni con dei pettini di ferro: così piagato ordinò poi che fosse riportato in carcere. Sette donne seguivano S. Biagio e raccoglievano le gocce del suo sangue.

Dopo di che il governatore comandò che gli fosse portato davanti Biagio e gli disse: «Vuoi adorare i nostri dei?». E Biagio: «Empio, non temo le tue minacce: fa' di me quel che vuoi poiché ti offro il mio corpo ». Ordinò il governatore che fosse affogato nello stagno: ma S. Biagio vi fece sopra il segno della croce e l'acqua si solidificò come un mucchio di terra secca. Disse poi Biagio : « Se volete dimostrarmi che i vostri sono veri dei entrate in questo stagno ». Settanta uomini vi entrarono e vi affogarono. Allora discese l'angelo del Signore e disse a Biagio : « Esci dallo stagno e va a ricevere la corona che Iddio ti ha preparata ». Biagio uscì dallo stagno e il governatore gli disse : « Sei sempre risoluto a non adorare gli dei ? ». Rispose il martire : « Sappi empio che io sono servo di Dio e non adoro i demoni ». Prima di morire pregò Iddio che fosse concessa la salute a chiunque lo invocasse per una malattia della gola o per qualsiasi altra infermità. Una voce dal cielo gli disse che il suo desiderio era stato esaudito. Dopodiché fu decapitato insieme a due fanciulli: era l'anno del Signore 288.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D' ALITTI PAOLO

1728

Della sentenza contro San Biagio: della morte sua e de due Fanciulli: della loro sepoltura.


Gionti alla presenza del loro Preside i Manigoldi, tutti dolenti gli raccontarono la funesta morte de’ loro compagni, e quel che da Biagio s’era operato; e lo pregarono a troncare con un colpo tanti vilipendi de’ loro Dei, e degli uomini.

Agricolao ciò sentendo, rimproverò i soldati di non averli dato subito morte, ed in guisa di furia infernale con vituperose ingiurie cominciò ad opprobriare, e minacciare il Santo; il quale tutto umile non rispondea alle sue parole: per ultimo con volto severo a lui disse, che fino a quel punto l’aspettava, ed ò avesse adorato le sue Deità, e gli perdonava tutt’il passato, ò gli facea pagar l’ultima pena condendandolo ad essergli tronco il capo. Questo a punto io aspetto (sentì rispondersi) ed è la maggior grazia che potrò da te ricevere, e già dal mio Dio m’è stata promessa.
Sempre deluso vedendosi il Preside ed avendo conosciuto anco­ ra, che stavan fermi quei due Fanciulli ne’ santi documenti, pieno di sdegno si siedè nel Tribunale, ove promulgò l’iniqua sentenza, che a Biagio con li due Giovinetti fosse mozza la testa nel luogo solito fuori la Città.
Il Santo, che ivi era presente, ringraziollo d’un tanto favore: e tutt’allegro in mezzo de’ Manigoldi, come andasse in trionfo, s’avviò verso il luogo del martirio. Per strada se l’unirono i Fanciulli legati, che nel mentre stati erano disserrati dalla prigione, per condurli unitamente al patibolo; e’l Santo loro serviva per confortatore insieme, e compagno: ma tanta era l’allegrezza de’ loro volti, che discemere non si potea, seandati fossero a nozze, ò alla morte; che concordemente tanto desideravano per amor di Gesù.
Arrivati fuori la Città nel luogo del supplicio, ch’Altri dentro le muraglie lo disegnano, restarono a tal vista un poco spaventati i teneri Garzonelli, e ricorsero subito al loro Maestro, il quale facendo loro fare il Santo segno della Croce, discacciò quella tentazione: appresso gli confortò, ed animò a non temere se appoco spazio di tempo, s’averiano acquistato un’eternità di gloria, nella quale il divino Verbo con le braccia aperte aspettando li stava.
Preparando intanto i Carnefici il luogo, e Tarmi per lo supplicio; ed essi tutti genuflessi a terra, cominciò il Santo a pregare dicendo: Gesù Cristo mio amatissimo Signore, e Dio, eccomi alla fine delle mie fatighe, e della mia vita, nella quale come indegno tuo servo, hò sempre desiderato adempir Tobedienza de’ tuoi santi precetti; ed in quest’ultimo punto mi protesto morire nelle tue mani, e per la confessione della tua santa fede: ti prego intanto dare a noi fortezza fino all’ultimo fiato: e ti riccomando lo spirito mio, e di questi due teneri Fanciulli: ti prego ancora a perdonare i Manigoldi, ed a chi ci hà condennato, perchè non hanno lume di fede anzi mio Dio rischiara le tenebre della loro mente, e fa che essi con Tlmperio romano, e’l Mondo tutto siano illuminati dalla tua grazia, nè si vanti il Demonio aver tanti schiavi.

Seguitò il Santo queste, ed altre fervorose orazioni, e’l simile facea fare a’ suoi bambini Compagni. Rinovò ancora la preghiera, che tutti gl’infermi, e specialmente quelli patissero mal di gola, invocando Giesù Christo, ottenessero la grazia: fù udita una voce dal Cielo, dicendo, che così sarebbe fatto.

Raccomandando poi tutti sempre la loro anima al vero Dio, i Carnefici nel mentre legarono S. Biagio al palo, un de’ quali colla scure, secondo l’antica usanza, gli troncò il capo, e così appresso fece a’ due Fanciulli: volando le beate anime nel Paradiso. Successe il martirio nella Città di Sebaste, nel giorno de’ tré di Febraro, nel quale la Santa Romana Chiesa lo celebra. In alcuni luoghi anticamente solennizzavasi nel decimoquinto del medesimo mese, secondo gli anti­ chi martirologi riferiti da Usuardo.

La Chiesa greca lo festeggia a gl’undici del mese istesso, nel qual giorno gli atti greci asseriscono esser sortita la sua gloriosa morte.

L’anno fù il trecento, e sedici della nostra redenzione, sicome comprova il Cardinal Baronio imperando Licinio nell’oriente, e Costantino nell’occidente, e sotto il pontificato di San Silvestro, dal quale fu poi dett’Imperador Costantino battezzato: nel qual’anno morì Diocleziano da privato in Salone.

Altri scrissero esser stato l’anno duecento ottanta sei, ed altri l’ottantasette, nel principio della diocleziana persecuzione; ma quest’opinione vien, come di sopra, confutata. E molte volte succede, dicendosi uno esser stato martirizato nella persecuzione di Diocleziano, o sotto Diocleziano, lo che non s’intende imperando Diocleziano, il quale rinunciò l’impero nel trecento, e quattro, bensì devesi intendere nella decima persecuzione da quel Tiranno incominciata: come di Sant’Eustrazio, e de’ Compagni, che furon morti nel trecento, ed undici, nella persecuzione di Diocleziano, ma imperando Licinio, il quale seguitò quella persecuzione.
Restarono tutti tré i beati corpi in quel luogo insepolti fino alla vegnente notte, non avendo ardire veruno per tema del Preside toccarli, non che sepellirli. La notte nondimeno, i seguaci del Santo, o come scrivesi una devota donna nascostamente lor diede sepoltura in parte occulta: ove cessata la persecuzione, una Chiesa s’edificò in suo onore: conpiacendosi ivi operar molti miracoli.
Fù eletto suo ben degno successore nella dignità Vescovile di Sebaste, San Pietro fratello di S. Basilio Magno, e di San Gregorio Nisseno: nel di cui governo pochi giorni doppo d’essere ordinato Vescovo furono martirizzati quaranta Soldati sott’il medesimo Agricolao, a nove del mese di Marzo dell’istesso anno: le di cui sacre reliquie vennero dal mentovato Vescovo raccolte; e le loro lodi sono state decantate da i medesimi Santi Basilio, e Gregorio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IANNINI CARMINE

1835

Capo XII. Della morte del Santo

Al suono orribile della ferale tromba, si sparse subito la notizia per tutta la Città di Sebaste, che il Santo veniva condotto all’ultimo supplicio, per terminare la vita. Corsero i Cittadini in gran folla allo Spettacolo, diversi però d’indole, perché diversi di religione.

Con lagrime lo seguivano i Fedeli confusi tra i Gentili, li quali lo accompagnavano colle ingiurie, e colle bestemmie. Tutt’in somma sebbene per differenti motivi, erano in gran commozione, e conturbamento di Spirito.

Solo l’invitto Biase compariva ilare, lieto, festoso per la tranquillità, e gioja che godeva, derivante dalla promessa ricevuta da Dio, per mezzo dell’Angelo, di dover in quel giorno, la di lui Anima benedetta entrare nel Regno de’ Cieli.


Nel considerarsi il grande affare di cui si tratta, il suo tragitto dal Tribunale nel luogo del supplicio, fù un vero trionfo, simile a quello di Giesù Cristo, allorché dal Pretorio di Pilato arrivò al Calvario; e Dio ne l’accordò, perché avendolo Egli fedelmente servito, ed imitato in tempo della vita, volle che simile comparso gli fosse nel tempo della morte. Ed in vero, siccome Cristo fù in mezzo de’ Giudei, che lo maltrattavano, e delle pie Donne, che lo piangevano, e lo compativano: Biase fù in mezzo de’ Gentili, che lo insultavano, e de’ Fedeli, che per lui gemevano: e siccome Giesù Cristo, venne seguito da Pietro, che convertito pianse amaramente; e dal buon ladrone, che illuminato rubbò il Paradiso: così fu decorato il trionfo di Biase, dai due Fanciulli, che si fecero uscire dal Carcere, per essere insieme con lui spogliati di vita.


E qui, chi non resterà maravigliato della somma crudeltà di Agricolao, e non la detesterà nel tempo stesso? Egli inveì in generale, e non per altra causa, se non per odio contro la Religione Cristiana. Condannò alla morte i due Ragazzi, solo perché erano Figli di una Donna, seguace un tempo di Biase, ed amante come lo stesso di Giesù Cristo.

Ancorché i Cristiani, fossero appartenuti ad una Setta diabolica, e non ad una Religione Santissima; pure non si dovevano condannare per l’età i Ragazzi, e si dovevano per virtù di tutte le leggi rispettare, per riputarsi innocenti. Ma che? Osser­ vanza di legge, si và ricercando in un barbaro?


A suo marcio dispetto però, la sua crudeltà moltissimo alla loro felicità contribuì. Se gli avesse accarezzati, Fanciulli quali erano, sebbene ottimamente istituiti; pure col tempo facilmente pervertiti si sarebbero, e sarebbero con lui nell’inferno.

Perché gli odiò, gli afflisse, gli perseguitò, e gli fece uccidere; perciò sono oggi in Paradiso, e vi saranno per tutta un’eternità.
Alla vista pertanto de’ ferali stromenti, uno di essi un poco più dell’altro si era smarrito; ma l’invitto Eroe, ravvisandogli atteso l’età impallidire; gl’istruì in maniera, e gli somministrò tanto coraggio, ch’essendosi muniti del Segno della Santa Croce, andiedero alla morte, come và un miserabile, a prendere possesso di una ricca eredità.
Terminata la tragedia de’ Ragazzi, le Anime de’ quali già se n’erano volate al Paradiso, stavasi preparando, quanto faceva di mestieri: e mentre la milizia, e tutto il popolo spettatore, osservavano un profondo silenzio, ed attenti cosa mai avvenuta fosse spiavano il gloriosissimo Biase genuflesso, fece con voce alta, ed intelligibile la seguente preghiera dicendo «Adorato mio Giesù. Eccomi arrivato già al momento, tanto da me desiderato. Fù Vostro dono, d’essere stato io, preservato dagli errori del Gentilesimo: illuminato dalla luce della Cattolica Fede: insignito del carattere di Sacerdote-Vescovo di Vostra Santa Chiesa, e Vostro dono sia il morire, per la Gloria del Vostro nome Santissimo. Io nelle Vostre mani raccomando lo Spirito mio.

Coll’ajuto della Vostra Santissima Grazia, alla quale sempre hò confidato, e tuttavia confido, vi offerisco in Sagrificio la mia vita, il mio martirio, la mia morte. Perdono di tutto cuore i Carnefici, che mi hanno straziato, e che di presente sono tutti intenti a troncare lo stame di mia vita. Perdono ancora ad Agricolao, che mi hà condannato ingiustamente, ed a tutti coloro che l’hanno provocato contro di me Vi prego Signore d’illuminargli pure una volta, acciò squarciato il velo dell’inganno, che l’ingombra la mente, possono, entrati in grembo della Cattolica Chiesa, insieme con tutte le Nazioni del Mondo, benedire Te, o Eterno Padre, che il Tuo Unigenito Divin Figlio mandasti in Terra. Te, o Eterno Figlio, che venisti a redimere il Genere Umano.

Te, o Eterno Spirito Santo, che colla Tua Onnipotente Virtù, e Santità adombrasti la Verginella Maria nell’adorabile Mistero dell’incarnazione, per quello che Sei, cioè uno Dio nell’Essenza, e Trino nelle Persone. A chiunque poi patisse male di gola, o altro morbo qualunque ed invocandoti facesse memoria del presente Sagrificio; dall’alto de’ Cieli, benignati di esaudirlo, o Signore».
Non tanto ebbe terminata la sua orazione, ecco immantinenti il suono sì udì di una voce articolata dall’Empireo, che a chiare note disse: omnem petitionem tuam adimplebo Atleta dilectissime- ed ecco pure, che nel tempo stesso, trema nelle mani la penna, nella bocca balbutisce la lingua, palpitare si sente il cuore nel petto; ed incapace si riconosce ciascheduno di spiegare l’awenuto Spetta­ colo.

In quello per lui fortunatissimo momento, il popolo spettatore, tutto si ravvisò commosso, e bisbigliante in sordo mormorio. I Gentili in pena della loro ostinazione, videro e non videro secondo l’espressioni del Profeta Isaja, i tanti prodigi del Santo: e dal Cielo intesero la voce, ed affatto non la intesero: piangevano, e piangendo sentivano del cordoglio pél suo miserabile stato, dal perché scioccamente credevano, dover essere escluso, atteso nemico de’ Dei, della felicità de’ Campi Elisj.

Versavano pure i Fedeli delle calde lagrime dagli occhi, e con esse davano attestato di invidiare la sua bella sorte, persuasi che qual Martire di Giesù Cristo, andava a prendere possesso dell’eterna beatitudine, in Paradiso.

Piangevano tutti adunque, e Biase?

E Biase non pianse, non si afflisse, non sospirò; ma intrepido, magnanimo, costante: tutto affabile, brillante, giocondo, giolivo, festante; dopo di avere spedite alla Gloria le Anime di S. Eustrazio, delle Beate Sette Donne, de’ due ben avventurati Fanciulli; oltre di tante, e tante altre dal suo Zelo, e Pastoral cura ben diretta, e ben guidate: posto in ginocchio: colle mani al tergo ligate ad un palo: stando col capo chino, e colla mente elevata a Dio: con rassegnazione ricevettedella scure il colpo, per lo quale restò freddo cadavere il suo Santo corpo, decapitato in terra: e l’Anima sua Santissima, se ne volò al cielo; dove ricevuta avendo la palma, la corona, e l’aureola del Martirio, vive, e regna con Giesù Cristo, per tutt’i Secoli, de’ Secoli.
La preziosa morte di S. Biase, avvenne nel dì tre del mese di Febbrajo dell’anno trecentosedici del Commune Riscatto.

Il suo corpo, ed i corpi de’ due Ragazzi restarono insepolti; ma la notte seguente: una pia Donna gli diede Sepoltura.

Cessata poi la persecuzione, nel luogo del suo sepolcro, in suo onore si edificò un Tempio; ed ivi Dio fece celebre la Santità del suo Servo Vescovo, e Martire, con una moltitudine di miracoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOTHECA_ SANCTORUM_ VATICANA

 

BIAGIO, vescovo di Sebaste in Armenia, santo, martire. I suoi Atti, tardivi e leggendari, lo dicono medico, ma non sappiamo con quale fondamento.

Sarebbe stato vescovo di Sebaste in Armenia e, secondo le diverse tradizioni, il suo martirio sarebbe avvenuto o sotto Diocleziano o sotto Licinio o , perfino, sotto Giuliano L' Apostata; l' opinione preferibile e per l' epoca di Licinio (307-23).

Scoppiata la persecuzione, Biagio si allontano dalla sua sede vescovile e andò a vivere in una caverna, dove guariva con un segno di croce gli animali ammalati. Scoperto da alcuni cacciatori in mezzo a un branco di bestie e denunziato al magistrato, venne catturato e rinchiuso in prigione, dove riceveva e sanava gli ammalati.

Un giorno si recò da lui una donna, ii cui figlio era sui punto di morire, essendoglisi conficcata in gola una lisca di pesce. La benedizione dei santo lo risano immediatamente.

Fra tanti altri miracoli, operati anche durante le torture, merita particolare ricordo quello della vedova, alia quale un lupo aveva portato via un maialino.

La donna, riavuta la sua bestia, in segno di riconoscenza porto dei cibi e delle candele al santo che, commosso, le disse: « Offri ogni anno una candela alia chiesa che sarà innalzata al mio nome ed avrai molto bene e nulla ti mancherà ».

Biagio subì la decapitazione. II suo culto e dei più diffusi sia in Oriente sia in Occidente, sebbene, sembra, non si affermasse immediatamente dopo la sua morte.

La festa e celebrata dagli orientali l'11 febb., dagli occidentali il 3 o anche il 15 dello stesso mese.

Numerose sono le chiese e gli oratori a lui dedicati in ogni parte dei mondo cristiano: a Roma se ne contavano almeno cinque, tra cui la cappella ad caput secutae presso la via Giulia (Armellini, II, pp. 1265-68). Le sue reliquie, poi, sovrabbondano, ponendo il problema dell' autenticità, peraltro, di difficile soluzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTA SANCTORUM

1674

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ALFONSO _NICCOLAI

DELLA COMPAGNIA DI GESÙ

1752

 

Nel tempo stesso l' Angiolo del Signore discese sul lago fra tanta luce , che a' circostanti n'era la veduta impedita da' soverchj splendori ; ma tutti ne udirono queste parole indirizzate al fortissimo Martire : Esci da cotest' acqua , o generoso Soldato di Cristo , e t'affretta di pervenire alla corona meritata dal tuo valore .

Egli si mosse venendo sopra le falde acque alla riva col volto risplendente , e tra ' il popolo, il qual tutto stupido non sapeva qual di tanti prodigi più dovesse ammirare , si ritornò avanti al Governatore .

Costui tuttavia durissimo in volere a forza di di magia attribuire i veduti avvenimenti , nè a lasciar libero andare il santissimo uomo come dovea , nè a confessare la maravigliosa Fede di Cristo ( che il più ragionevol partito era ) potè indursi ; anzi fermato l'animo di condannar nella testa l'odioso Cristiano , speditamente fece a sè trarre dinanzi i due fanciulli , che appresso la morte della madre erano stati chiusi nella prigione del Santo ; ai quali venuti con fiero sembiante disse : Giuro per la vivifica e incorrotta Religione de' nostri Dei , che , se quì subito am bedue non farete ad essi giusta l' usato rito le sacre offerte , senza indugio alcuno insiem con quest'ingannatore , che v' ha sedotti , avrete col taglio della spada la testa tronca .

A questo furioso minacciare nè Biagio , nè i giovanetti risposer dapprima , significando che alle vane parole il silenzio è risposta : ma alle nuove richieste del Tiranno sollecito di procedere alla sentenza il Santo in nome de due fanciulli , i quali per raccomandazion della madre egli avea in luogo di figliuoli , soddisfece con ferma voce dicendo che quegl' innocenti non facean degl' idoli altra e diversa stima da quella , che fatta n' avea la lor fanta madre , e il lor Pastore e spiritual Padre faceva ; avesse per costante , che nè lusinghe , nè minacce , nè tormenti varrebbero ad isvolgere quegli animi quantunque te neri dall' abbracciata verità , e ultimamente sapesse, pesse , che seco a chiara voce era da lor contestato Gesucristo Figliuol d' Iddio , e i falsi Dei , e gl'idoli , e' demonj avuti in odio , vilipesi , abbominati .

Il che i giovanetti raffermarono lietamente ; e Agricolao pieno di rabbia e dispetto dettò la sentenza di morte in questo modo : Condanniamo ad esser decapitato Biagio cristiano , uomo sacrilego , e bestemmiatore , perchè ha disprezzata la nostra autorità , e l'Imperial decreto , e perchè ha oltraggiati con parole e con fatti gl'Iddei immortali , e perchè con sue arti magiche ha fatti perir nel lago molti de nostri Fedeli ; e la steffa qualità di morte decretiamo a'due fanciulli, che da lui pervertiti professano similmente la superstizion de Cri?tiani * .

I Ministri fi mossero di presente a recar la sentenza alla sua fine e al luogo destinato a' malfattori fuor di Sebaste , e a quel medesimo senza dubbio , che dal sangue delle fante donne era tuttor bagnato , menarono i gloriosi condannati . Ivi il gran Martire dopo al suo Dio rendute quelle grazie , che più sapeva, del sommo benefizio del martirio fece l'ultima fervente ora zione ; nella quale rammemorate le antiche e nuove mirabili opere della divina potenza , e le vittorie da Cristo avute del maligno serpente , e de' nemici tutti quanti della sua Croce , e gl' in numerabili effetti di singolar protezione e favore re in sè provati , il suo spirito e quello de' due cari figliuoli suoi in quell'estremo atto di vita a Dio raccomandò . Appresso per movimento della sua pietà amorosa ripetè la già fatta domanda che a grado fosse del misericordioso Signore d' esaudir coloro , i quali in afflizion posti o per infermità di corpo , e segnatamente di gola , a per travaglio d'animo s'avviserebbero di rinnova re la sua memoria , e con buona fidanza d'aver mercè e sollievo ne invocherebbero il nome ; ma più ancora sentissero la virtù dell' intercession sua in quelle cose , che allo spiritual bene e salvamento dell' anima s' appartengono .

Mentr' egli tutto quasi sollevato da' senfi pregava in questa guisa , subitamente fu veduta sopra di lui una lucida nuvoletta , dalla qual fi partirono le seguenti parole : Io fono quel Dio , o fortissimo Atleta , che t'ho glorificato fino a questo tempo , e ti procaccerò gloria non minore in avvenire ; e perciò farà fatto , come tu chiedi a pro de' tuoi divoti giusta la fede e utilità di ciascuno; io ne mali del presente secolo qualunque fie no se nel tuo patrocinio fi confideranno , e ben di loro , darò ad essi conforto e ajuto , e a veri beni dell'eternal vita. gli chiamerò ; io renderò larga ricompensa a quella povera ma pietosa e fedel donna , per la qual tu facesti fpecial preghiera , ne farò ripiena la casa delle mie benedizioni , e infine la condurrò a possedere le " celestiali ricchezze nel mio regno , in cui tu già vieni , o valoroso , a prender sublime luogo e sempiterno .

Dopo queste parole la nuvola fi dileguò , e i carnefici a ferir si disposero .

Negli Atti dal Baronio apportati è detto , che i due fanciulli in veduta della soprastante morte si riscossero alcun poco , e il subito natural tremore dell' uno forse fu all'altro cagione di turbamento , di che niente hanno le altre leggende ; fermi nulladimeno nel lor proposito strettamente abbracciando il santo Maestro e piangendo il pregaron molto , che a vincere la natura fosse ad essi presto il divino soccorso ; e il buon Padre col mostrar loro la celeste corona > e con fervidiffimo priego a Dio mandato gli ristorò sì fattamente all'ultimo atto del combattimento , che in un con lui attesero con più che virile animo e ricevettero il final colpo di morte .

Così pose fine al suo trionfale arringo dopo le molte pro ve di prigionia , di flagelli , d'eculeo, o , di graffj , d'acque , e finalmente di spada il gran Vescovo , il gran Martire, il gran Campione di Cristo Biagio , ed egli , e' due dolci figliuoli della sua Fede lavarono le loro stole nel sangue del divino Agnello , ed ora rilucenti in bianche vestimenta l'accompagnano con lietissimi canti dovecchè egli vada .

Non può sapersi di che età il Martire finisse il suo corso . Nelle antiche memorie variamente è segnato il giorno del martirio : un manoscritto Martirologio , che porta il nome di Beda a nota il due di Febbrajo ; il Menologio greco e tutta la Chie?a di quella nazione l'undici ; il Leggendario Armeno il dieci ; tra' latini Mar irologj da alcuni , e nominatamente dall'antico Romano tanto desiderato dal Cardinal Baronio , e dal dottissimo Rofweyd dato a luce nel Pontificato di Paolo V. il quindici è scritto , dalla più parte , e dal nuovo Romano , e da tutti gli Atti da noi seguitati il tre del medesimo mese ; senonchè il Ch. Mazzocchi ha osservato f, che nel vetusto Calendario della Chiesa di Napoli scolpito per dimostrazion da lui e fattane tra gli anni ottocento quaranta , e ottocento cinquanta a' tre di Febbrajo è la cifera indicante non la passione , ma il natale solita a mettersi in questi particolari fatti contro l'usanza degli altri ne' giorni non proprj , onde il Santo potè anche effer nato in quel giorno, e in altro cioè nell'undici , o nel quindici aver patito .

L'anno , in cui patì , comecchè non possa con indubitata certezza assegnarsi , più veramente credesi essere stato il trecento diciannove di Cristo , il sei del Pontificato di S. Silvestro , il dodici dell'Imperio di Licinio ; poichè il Tillemont , e più ancora il Pagi assai eruditamente dimostrano contro il Baronio, che la persecuzione di Licinio non potè aver cominciamento fe non fe dopo il tre cento diciotto .

Nel trecento venti avvenne in Sebaste il martirio de' celebri quaranta Martiri , e buone ragioni abbiamo di credere , che a questo andasse avanti quello di Biagio. Il Bailletb senza esaminar questo punto di storia e di cronologia ha segnato col Baronio il trecento fe dici .

Quali tra' Gentili di Sebaste fossero i fenti raviglio menti, e quale il ragionare dell'uccisione di tant' fa dell'inuomo, non è ricordato da alcuno Scrittore ; tercessione to ciascuno dee stimare , che i Cristiani n'aves del Santo. fero per diversi risguardi dolore , e allegrezza , perocchè se era ad essi rapito il lor santo Padre e Dottore , la chiarissima costanza di lui avea prodotto alla lor Religione grandissimo onore " e perpetua fama .

La notte seguente una pia e prudente matrona nomata da' prim' Atti Elissa dagli altri tre Elisead , da alcun altro Elisea taci tacitamente andata al luogo del martirio , e acconciatovi secondochè potè il meglio un sepol in esso collocò i tre sacrati corpi con quel la venerazione che a' gloriosi avanzi del vero valor cristiano fi richiedeva : oltre a questo non lungo tempo appresso quivi fu un tempio edificato alla memoria de' tre Martiri , al quale le maraviglie d'ogni genere per la lor potente in tercessione operate acquistarono tanta chiarezza , che grande da ogni parte v'era il concorso infino all'età , in cui queste cose scriveva l'Autore del codice Baroniano ; onde altro non lieve argomento può prendersi dell'antichità di detto co dice .

La più volte rammemorata semplice vecchierella , come prima udì la morte del santo Martire , con molta cura fi pose ad onorarne la memoria nel modo mostratole da lui stesso nella prigione ; accese alquanti lumi , cantò laudi a Dio per la gloria data al suo Servo , e con quella più larghezza , che la sua povertà le con cedeva, a' bisognosi distribuì e pane e frutte ed altri cibi , nè fu guari di tempo passato , che nella sua picciola casa venne per non usati mo di l'abbondanza di tutte le cose .

Non fu ella però contenta degli onori da se renduti al suo gran Protettore , ma e ad altri e congiunti suoi ed amici diede per utilissimo consiglio l'usar similmente quel religioso rito , il quale molti , che l'ufa l'usarono , per effetto sentirono essere validissimo mezzo a riceverne singolari grazie e opportuni ajuti ne' lor bisogni " .

Quindi ebbe cominciamento l'annoval celebrità , che nel luogo e nel giorno del martirio fu poi continovata con copiose limosine e cortesi accoglienze a' poveri , e con festose luminarie , e con divotissimi canti ad onor del gran Santo operator de' miracoli ; ed era in tutto l'Oriente cotal festa di gran nome al tempo degli antichissimi Scrittori della prima e del la feconda leggenda : dalla qualità in parte de' cibi , che la pietosa donna recò prima nel car cere al Santo , e appresso compartì a' poveri , è proceduta l'usanza di sacra già tramutata in quasi civile , siccome d'assai sacri riti è addive che il dì al nostro Martire dedicato si mandino attorno per convenevol presente gentili erbe , e frutte d'ogni maniera conservate nell'aceto a questo fine , e ciò volgarmente chiamasi mandare il San Biagio , come ho io veduto mol to costumarsi in qualche città : la qual cosa medesima può essere testimonianza del singolare nè mai intermesso culto di lui nella Chiesa cristiana .

Bensì per sacro rito si hà tuttora il benedir varie cose che al cibo umano appartengono , el dispensarle al popol cristiano nel festivo di di S. Biagio , delle quali come sensibili mezzi uso si fa con superna fiducia del suo patrocinio per essere o guardato o liberato da qualunque dolor di gola, e ancor di denti.