Giochi di una volta
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Di Gerardo Alfano
Giochi dei nonni quando erano ragazzi
Caps e altri petardi
Nei giorni prima e dopo il periodo natalizio si usava, come oggi, sparare i botti o, come dicevamo a Lanzara le botte. Ma soldi non ne avevamo a sufficienza, per cui bisognava comprare petardi poco costosi. Ecco che facevano al caso i caps, e i fasuli. I caps erano formati da una polvere da sparo rinchiusa in un cerchietto di carta rossa, contenuti in gran numero in una striscia di carta; ritagliati ad uno ad uno scoppiavano anche facendoli strisciare sotto le scarpe. I fasuli, anch'essi contenuti in striscia di carta, erano di colore marrone e scoppiettavano strisciandoli su una pietra viva. Li andavamo a comprare a Castelluccio. Si potevano acquistare a costo contenuto anche i bengala (e biancali), i pesci di bambino (polvere avvolta in un poco di carta spessa con una piccola miccia) e le botte a muro (polvere mista a pietrisco avvolta da carta spessa) che si facevano esplodere lanciandole contro un muro. C'erano pure le rotelle e altro. Il botto con la chiave si preparava adoperando una chiave abbastanza grande nel cui buco si inserivano alcuni caps, poi si infilava dentro un chiodo e si legava chiave e chiodo con un robusto spago: si faceva oscillare l'arma e si batteva contro un muro col risultato di un botto fragoroso.
O cuoppo
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Era un gioco per tutto l'anno. Ogni giocatore metteva in palio alcune figurine, come le figurine Panini dei calciatori (allora c'erano figurine di calciatori e anche di altri personaggi). Si formava un mazzetto e, dopo aver fatto ‘o tuocco per stabilire chi cominciava per primo, si batteva il palmo della mano “a cuoppo”, cioè con la mano arcuata sul pavimento in modo da spostare abbastanza aria da capovolgere il mazzo delle figurine leggermente curvate. Quelle che si capovolgevano venivano acquisite dal giocatore, poi toccava al secondo e poi al terzo e così via. Quando il mazzetto era di poche figurine bisognava anche saper dosare il colpo, perché, se facevano la capriola per la forza impressa, non venivano assegnate. In foto una delle figurine più belle: la sforbiciata di Carlo Parola, rimasta nella storia del calcio di tutti i tempi.
La Settimana o la Campana
Era un gioco che facevano soprattutto le ragazze. È descritto in letteratura che lo facessero anche i romani duemila anni fa. Dopo aver fatto il disegno come si vede in foto, il primo giocatore lancia un sasso o meglio una stràsciola nel primo riquadro e saltella su una sola gamba facendo attenzione a non calpestare le linee o uscire fuori, raccoglie il sasso con la mano sempre mantenendosi su una sola gamba e completa il disegno. I due piedi a terra si possono mettere solo dove ci sono due quadrati attaccati. Poi lancia il sasso alla casella successiva e via di seguito finché commette un errore. Passa quindi il sasso al secondo giocatore. Vince chi raggiunge l'ultima casella e riesce a tornare indietro senza fare errori.
Palla a Muro
Gioco preferito dalle ragazze, consiste nel lanciare la palla al muro e riprenderla senza farla cadere. Il giocatore recita: muovermi, senza muovermi, senza ridere, con un piede, con una mano, batto le mani, zigo zago, tocco terra, violino, un bacino, orchessa. Contemporaneamente fa le mosse che recita di volta in volta: per esempio violino fa la mossa di suonare il violino.
Le Bocce
Il gioco delle bocce coinvolgeva ragazzi più grandicelli, giovani e anziani. Aveva delle peculiarità: le bocce erano di legno e il campo era tutto il paese. Anzi a Lanzara si partiva dal parco della rimembranza e si proseguiva per Fimiani, Castelluccio e Trivio con ritorno a Casalnuovo. Era possibile questo gioco itinerante perché le macchine in giro erano poche, come erano pochi gli altri mezzi di trasporto, e le strade non erano tutte asfaltate.
Fischietto " O Siscariello"
O siscariello si realizzava con un nocciolo di albicocca. Si strisciava il nocciolo su una lima o su una pietra fino a quando la corteccia si raffinava. Poi con un chiodo si bucava e si toglieva la parte interna. Il fischietto si poteva fare con un sol buco oppure con due buchi contrapposti. Nel primo caso si soffiava tenendolo fuori dalla bocca, nel secondo caso tenendolo tra le labbra.
Giro di Pista
Lo giocavamo in mezzo al parco della rimembranza, noi di Lanzara. Il parco era di terra battuta, ora non più. Con la terra si preparava il percorso, fatto di rettilinei, curve, ponti, gallerie. Prima che uscissero le biglie, per percorrere la pista si usava una piccola arancia verde rotonda. L'arancia si spingeva in avanti con un tips, cioè col pollice che scattava sotto l'ultima falange dell'indice. Se usciva fuori dalle sponde si rimaneva sul posto occupato e si passava la mano all'altro giocatore. Vinceva ovviamente chi arrivava primo.
Le Frecce
LE FRECCE con i ferri di ombrello. Quasi tutti i ragazzi le sapevamo costruire. Si andava in giro a trovare ombrelli rotti e si prelevavano i ferri per preparare l'arco. Più ferri si mettevano insieme, più potente era il tiro. I ferri legati insieme con ferro filato venivano piegati e mantenuti piegati con uno spago. Anche la freccia si ricavava dal ferro di ombrello. Si tagliava con una pinza l'occhiello del ferro a metà per ottenere la cocca che si doveva collegare allo spago, si tagliava dall'altro lato tutto l'occhiello e lo si appuntiva per ricavarne la punta. L'arma era pronta e si andava a caccia di topi o si facevano gare di tiro a segno. Era un'arma pericolosa in mani inesperte.
CONTINUA