_______ IL NAVICORDO

San Giorgio Storia

 

Castel San Giorgio

Albo D' Oro Caduti in Guerra

LA PRIMA GUERRA MONDIALE 1915 - 1918

 

IL FRONTE ITALIANO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

 

I NOSTRI CONCITTADINI AL FRONTE

La Prima Guerra Mondiale fu combattuta in quasi tutta Europa, compresi i territori coloniali e vide contrapposti due gruppi di potenze: da un lato, i cosiddetti imperi centrali rappresentati da Germania, Austria-Ungheria e Impero Ottomano; dall'altro la “Triplice Intesa” costituita dall'Impero britannico, Francia e Russia, a cui aderì il 26 aprile 1915 anche l'Italia, con la stipula del “Patto di Londra”.

Poi si aggiunsero anche altri stati inclusi Stati Uniti e Giappone. In cambio l'Italia otterrà alcuni territori che già gli appartenevano culturalmente ma sotto il dominio dell'Austria e anche altre zone. Il 23 maggio fu dichiarata guerra all'Austria e il giorno successivo iniziarono le operazioni militari.

Per quattro anni, milioni di soldati furono costretti a convivere in cunicoli e trincee, al sole cocente o al gelo secondo le stagioni, sotto il fuoco delle artiglierie e delle mitragliatrici, in condizioni igieniche disastrose, uscendo solo durante gli attacchi e dormendo poco e male. Si combatté sui seguenti fronti di guerra: albanese, francese, macedone, ma principalmente su quello italiano che si articolava su un territorio di oltre 600 chilometri, tra montagne e pianure, e seguiva la linea alpina italo-austriaca partendo dal Passo dello Stelvio fino al Carso.

I giovani di Castel San Giorgio chiamati a vestire l'uniforme negli anni della guerra appartenevano per lo più alle classi dal 1880-1900 (diverso, naturalmente il discorso per i volontari, che potevano essere più anziani o addirittura più giovani, e, ovviamente, per gli alti gradi e i militari di carriera). Si trattava di contadini, muratori, falegnami, scalpellini, carrettieri, pasticcieri e calzolai; pochi erano gli studenti. Secondo i numeri estratti dall'Albo d'Oro, furono 96 i soldati sangiorgesi a cadere in quegli anni, combattendo in diversi teatri di guerra: sulle Alpi, nelle trincee del Carso, sulle rive dell'Isonzo e del Piave, sulle rupi del monte Grappa, sull'Altopiano della Bainsizza e sul monte Vodice (Slovenia).

 

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DETTAGLIO DEL FRONTE ITALIANO E LUOGHI IN CUI CADDERO I NOSTRI CONCITTADINI DI CASTEL SAN GIORGIO

 

Di questi, il 5,% era costituito da Ufficiali, il 5,% da Sottufficiali e il 90% era composto da soldati di truppa. Per quanto attiene ai corpi e armi di appartenenza, l'80% afferiva alla Fanteria (di cui il 17% alla specialità dei Bersaglieri), l'8% era costituito da Artiglieri, il 6% da appartenenti al Genio, mentre il 6% faceva capo ad altre Unità (tra cui un Finanziere). La principale causa di morte fu dovuta alle ferite riportate in combattimento. 49 perirono, infatti, per le lesioni riportate a causa del fuoco di artiglieria o per gli assalti corpo a corpo (12 di questi morirono negli Ospedali da Campo (2).

(2) Nella guerra di trincea, era necessario agire con urgenza e tempestività, per scongiurare infezioni e contaminazioni. Per questo motivo, a ridosso delle trincee, in luoghi relativamente sicuri, operavano i postisanitari avanzati. In caverne o baracche, i sanitari prestavano le prime cure ai feriti provenienti dal campo di battaglia con le proprie gambe o trasportati dai portaferiti. Di notevole importanza fu l'apporto degli Ospedali da Campo da 50 posti letto (unità mobile someggiata contraddistinta dalla numerazione da 1 a 199 e da 300 a 334), da 100 posti (numerazione da 001 a 0180) e da 200 posti (numerazione da 201 a 250).

La seconda causa di mortalità fu rappresentata dall'insorgere di alcune malattie epidemiche contratte nelle trincee, che provocò il decesso di 30 militari (3) (di questi 6 si ammalarono in prigionia). 15 furono poi i caduti in combattimento (4) , mentre uno perì a seguito dell'affondamento di una nave trasporto truppe e un altro a causa dell'azione di gas asfissianti. I dispersi furono in totale 11.

L'età media dei caduti è di 27 anni: il caduto più giovane fu il soldato Sabato Antonio Fiumarella (19 anni); il più anziano il Tenente Colonnello Carmine Amendola (50 anni). Nel complesso, il 69% dei caduti (66 su 96) (5) aveva un'età compresa tra i 19 e i 30 anni. In totale furono 11 i decorati: 3 medaglie d'argento al Valor Militare, 1 di bronzo, 7 Croci di Guerra al Valor Militare e 2 promossi in Servizio Permanente per meriti di Guerra (Sottotenente Palmerino Rescigno e Sergente Vincenzo Sarno).

 

La Battaglia del Piave è stata una delle pagine più gloriose della nostra storia recente. I soldati italiani e, in particolare, la nuova classe chiamata alle armi, i cosiddetti “ragazzi del ‘99”, con il contributo di Divisioni inglesi e francesi, compirono prodigi di valore e riuscirono gradualmente a respingere il nemico austro-ungarico.

Era questo il preludio alla prossima travolgente offensiva, nota come battaglia di Vittorio Veneto, che avrebbe portato alla vittoria. Il 3 Novembre 1918 le truppe italiane entrarono trionfalmente in Trento e Trieste e il giorno seguente, il 4 novembre venne firmato l'Armistizio, che mise fine alle ostilità su tutto il fronte. Data che viene oggi celebrata come “Giorno dell'Unità Nazionale” e “Giornata delle Forze Armate”.

 

(3) Tra le malattie più diffuse negli anni della guerra ci furono il tifo, il colera, la malaria, il vaiolo, la dissenteria ma soprattutto la tubercolosi. Molti si ammalarono per patologie legate alle vie respiratorie. Nel 1918 inoltre, giunse in Europa la terribile epidemia dell'influenza “Spagnola” che decimò l'intera popolazione (anche quella civile).

(4) L'alta percentuale dovuta anche all'impiego di nuove armi che vengono perfezionate e sperimentate; dalle mitragliatrici automatiche leggere, alle granate esplosive da fucile, alle bombarde, ai lanciabombe, ai gas asfissianti, ai lanciafiamme, all'uso dell'areoplano e dei carri armati corazzati.

(5) Alla vigilia della prima guerra mondiale la chiamata alle armi, per i cittadini italiani, era obbligatoria. Le singole amministrazioni comunali redigevano le liste di leva, suddivise per classe, contenenti l'elenco dei giovani residenti in quel comune che avevano raggiunto l'età della chiamata alle armi, ossia i 20 anni. Qualche mese dopo la visita medica, gli abili ricevevano la chiamata e venivano arruolati nell'Esercito Italiano con una ferma di due anni. All'atto del congedo si entrava a far parte della Milizia. I congedati ancora con vigore fisico ma con vincoli ed interessi nella vita privata formavano la Milizia Mobile, i più anziani entravano nella Milizia Territoriale (prevalentemente adibita alle scorte dei prigionieri di guerra).

 

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