_______ IL NAVICORDO

Narrativa

LA TENUTA DEGLI URCIUOLI

RACCONTI DI STORIE VERE

di Margherita Tirelli

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(San Nazzaro – Benevento)

La Tenuta degli Urciuoli

 

La masseria è situata su un dolce declivio che sovrasta la vallata tra San Nazzaro (BN) e Montefusco(AV) e comprende una tenuta di circa quattro ettari. Fu fatta costruire dal dott. Aniello Urciuoli, detto l'avvocato dei poveri.  Si sviluppava su due livelli e l'intera struttura era in muratura con volte in pietra e  solai con copertura in legno.

Le stanze erano ricche di affreschi con motivi naturalistici e floreali di gusto tardo settecentesco.  Le condizioni della Tenuta , oggi, versano in uno stato di abbandono: tutto ciò che rimane è ormai circondato da un muro di rovi e di spine.

 

 

IL Gufo della tenuta


Essere ricchi di memorie, anche se il tempo le spezza piano piano. Mia madre continuava a rovistare nelle tasche che scaldavano i ricordi di un pezzo del suo mondo che non esisteva più. Un mondo di terre fertili che lambivano le pietre della tenuta, un mondo di ombre riportate in vita dai suoi racconti.        

Devio i miei passi tra le pieghe erbose delle zolle e dei sassi fino ad arrivare alla Tenuta Urciuoli, il casale che il mio antenato acquistò dall'avvocato dei poveri. Nel silenzio del luogo resto in ascolto e provo a immaginare la vita di un tempo, permeata da storie umane, da gente indurita dall'aspra fatica, eppure capace di carpire la dolcezza della sua terra.

Era una gioia irrefrenabile per mia madre, allora bambina, correre su per la balaustra in pietra del casale e precipitarsi nelle stanze luminose, con i soffitti affrescati, cantilenando antiche filastrocche.

Si divertiva a spalancare le finestre e a sfidare la forza del vento che le spezzava il fiato. Sapeva che sarebbe stato un altro giorno di mietitura e che avrebbe raccolto a mano tutte le parcelle di spighe rimaste a terra. Poteva essere un bel gioco per lei ma le sue esili gambe erano già doloranti, provate e incise dai graffi di tutti gli steli delle spighe falciate.

Così si avviò velocemente verso i campi dopo aver preso la cesta già pronta e piena del pranzo per la giornata di lavoro. Era una grande cesta di ulivo, con rami argentei morbidamente intrecciati ad arte, come l'antica tecnica del fitto ricamo dei nidi sugli alberi del fondovalle. Mia madre riusciva a tenerla perfettamente in equilibrio sulla testa e ogni tanto alzava gli occhi a guardarla con orgoglio perché era il regalo dei suoi sei anni di vita.

Camminava con prudente agilità sui piccoli zoccoli di legno di pioppo, e pensava a quello scaltro spaccapietre del paese che non aveva mai tenuto seriamente conto del proprio mestiere e della sofferenza di una bambina che inciampava tra le pietre mal tagliate e irregolari. Avrebbe davvero desiderato le ali per volare al di sopra di quei sassi ed alleviare il dolore ai piedi.

Di tanto in tanto su qualche altura si voltava a guardare la masseria che si allontanava lentamente dalla vista tra i declivi e i frutteti. Alla fine udì le voci familiari tra i campi. Adagiò delicatamente la cesta all'ombra di un olmo e raggiunse tutti gli altri al lavoro. Mietere il grano con la falce era una vera fatica per i contadini, e quella ritualità nei gesti arcaici diventava un'arte tramandata di generazione in generazione; tutto veniva raccolto in covoni, in “gregne”, portate poi sull'aia della Masseria.

Le ore di una intera giornata erano cadenzate dai raggi del sole, meridiana di luci e di ombre, orologio naturale che scandiva il tempo; i contadini lo conoscevano benissimo e la natura lavorava in armonia insieme a loro. Possedevano la tenacia e il rispetto del tempo e delle stagioni, e durante il lavoro si concedevano solo una breve pausa per il pranzo. Poi ricominciavano. Ma al crepuscolo la stanchezza imponeva movimenti più lenti e silenzi più lunghi. La terra, allora, sembrava ancora più dorata.

Era il momento in cui mia madre si assopiva per un breve riposo. Anche quel pomeriggio si distese sull'erba sotto l'olmo, e mentre seguiva con lo sguardo i genitori e i nonni ancora curvi nella raccolta, si abbandonò ad un confortevole dormiveglia tra le voci familiari ed una piacevole brezza sul viso sudato. L'ultima luce sospesa del giorno sparì lentamente dai suoi occhi e un sonno meritato e pieno sopraggiunse.

CONTINUA

 

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