_______ IL NAVICORDO

Lanzara Storia

 

LANZARA_ RICORDO _DEL_

Rev.mo Mons. Gennaro Apostolico

Di Rocco Amendola e Gaetano Izzo

SCRITTI_ E_ DISCORSI

 

A MEMORIA

di D. Salvatore Guadagno

nel XXV Anniversario della Sua Morte

 

RICORDI INEDITI

descritti (a volo d'uccello) da Don Gennaro Apostolico

 

1° Ricordo

Per un intreccio di eventi di ordine umano, ma anche di dimensione non specificamente umana, che gli specialisti indicano come disegno provvidenziale, lo scrivente è stato, nei primi anni di studi di Salvatore Guadagno, al Seminario Arcivescovile di Salerno, Suo “Prefetto d'ordine”.

I ragazzi di Mercato S. Severino che, insieme, accolti al Seminario e che restarono sempre amici-fratelli per la vita, furono Carmine _ _ _ _ _ _ _ e Salvatore Guadagno.

Il “Prefetto”, il cui compito era quello di guidare e seguire i momenti di vita degli allievi, osservò che, a tavola, Salvatore divideva in tre parti la sua porzione di cibo: la prima era offerta al compagno di tavola, a sinistra; l'altra a quello di destra.

Poiché il “Prefetto” si accorse di una ripetizione quotidiana di quella “operazione”, sommessamente, suggerì al “donatore” che i “riceventi” quel “plus” di cibo sarebbero aumentati di peso e, conseguentemente, da quell'azione benefica, avrebbero potuto subire un danno, se pur lieve.

La “quisquilia” non si ripetè più; in compenso, però, nell'animo di Salvatore, spuntò, all'improvviso, impetuosa, una domanda: “ ma il vivere non è un donare ? ”. E, per di più, il Suo sorriso, quel sorriso dolce e accattivante che aveva di continuo, sulle sue labbra, divenne ancora più visibile.

 

2° Ricordo

Nel periodo in cui l'Abbè Pierre da Parigi e Madre Teresa da Calcutta lanciavano nel mondo il grido: “vivere è imparare ad amare”, a Mercato S. Severino D. Salvatore esprimeva, come tono di vita, il sorriso, e applicava, nella pratica, il “vivere è donare”.

Don Guadagno donava tutto: donò anche il Suo unico paia di scarpe. Non avendo altro nella riserva di “donazione” ad un anziano che gli chiedeva un paio di scarpe, non ebbe un attimo di esitazione. Tolse dai Suoi piedi le scarpe e le donò all'uomo che ne aveva bisogno.

Rimediò, per tutto un giorno, con due scarpe, di tipo orma diversi. Calzando, però, quelle scarpe, m modo non confacente alla dignità di un ministro dell'altare, destò meraviglia e stupore, da parte di alcune donne che presenziavano, al mattino, alla celebrazione della Messa.

Alcune di essere (il piccolo gregge) si recarono presso un negozio di calzature cittadino e risolsero, a proprie spese, il problema delle scarpe.

D. Salvatore era sempre “pronto” a realizzare: il “vivere è donare”, non solo le scarpe, ma tutto quello che aveva.

 

3° Ricordo.

La sua vita: un dramma interiore Nominato Parroco di Mercato S. Severino il 1° Dicembre 1979, D. Salvatore aprì le porte della Casa Canonica a tutti coloro che desideravano ascoltare una parola nuova e ricevere una luce orientativa nella loro vita.

Numerosa fu la partecipazione dei giovani soprattutto delle mamme: scarsa quella degli uomini anziani.

Le “ferite” dell'anima, espresse da coloro che si recavano nella Chiesa e in Canonica, si riflettevano nel cuore e nella mente di D. Salvatore, quasi a scoprire in Lui un “alter ego” del dolore altrui.

Le sofferenze della Sua Comunità, diventavano le Sue sofferenze; gli amori “amari”, di ragazze abbandonate dai propri fidanzati, le pene, i dolori, le ansie di mamme tradite dai loro mariti, costituivano “note di tristezza” che dominavano nelle sue continue conversazioni con il proprio gregge.

Alcuni raccontavano i loro “traviamenti” altri lacrimavano le loro preoccupazioni, ma senza speranza, altri ancora portavano rancori ed inveivano contro presunti avversari.

Tutti però chiedevano un conforto, una parola serena e perché no, anche un intervento pacificatore di D. Salvatore. Non è chi non veda come nell'anima del Parroco, ombrata da queste nuvole sparse non sorgesse e fermentasse tutta la responsabilità per alleviare quei dolori e risolvere tante situazioni.

Ebbene, alla fine del colloquio, la tristezza, sul volto dei sofferenti e chiedenti aiuto, si snebbiava perché il Suo viso, il viso del Parroco volgeva al sorriso: il sorriso della speranza.

 

4° Ricordo. La tristezza oltre il sorriso

Don Salvatore rifletteva profondamente sull'orizzonte spirituale della Sua Comunità Parrocchiale; la Sua riflessione però, si concludeva in un sentimento di tristezza. Egli notava che il peccato operava e dilagava in modo ampio e vario nel gregge a lui affidato: uomini e donne a decine, erano prigionieri di uno strazio spirituale; questo, il suo lamento nelle preghiere al Signore.

Tra i peccati, quello della lussuria era il più diffuso, e questo male non bruciava soltanto i giovani ed i maturi, ma anche gli adolescenti più maliziosi.

Lo sforzo di D. Salvatore fu quello di proiettare nelle coscienze la “speranza” come dono di Dio.

Per Lui solo la “speranza” poteva allontanare il fascino del peccato, la paura, la tristezza, l'angoscia l'agonia del Getsemani di ogni persona.

Ma, come egli affermava, la “speranza” ha la sua carica nell'amore.

Di qui il Suo progetto spirituale: creare nelle coscienze il “Rinnovamento dell'Amore”.

Lo scrivente, conoscendo il Suo progetto di “Rinnovamento nell'Amore”, il passaggio cioè, dalla “ a minuscola alla “A” maiuscola, s'incontrò con D. Salvatore nell'autunno del 1988 e gli espresse con tono pensoso, l'interrogativo di Thomas Man, uno dei maggiori scrittori del ‘900 Tedesco: “Sorgerà un giorno l'amore?”.

L'interrogativo non potè avere riscontro perché, di lì a poco D. Salvatore si dimise da Parroco per motivi di salute.

 

5° Ricordo. Il Suo Calvario

I rimanenti quattro anni della Sua vita furono un Calvario. Una vita aperta al sorriso, votata al dono dell'amore, caratterizzata dallo stile: “vivere è donare”.

Questa vita, la Sua, ancora oggi effonde un raggio di luce sulla nostra Comunità, in una società devastata da inimicizia, da odiosità, da furore eroico del male che guidata dal “Principe del mondo”, investe la collettività universale.

D. Salvatore ha combattuto la malvagità: è risultato un “vinto”.

Ma nel compianto e nel ricordo di coloro che l'hanno conosciuto, Egli è e sarà per sempre, una LUCE.

Don Gennaro Apostolico

 

 

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