_______ IL NAVICORDO

Lanzara Storia

 

LANZARA_ E _IL CULTO _DI _SAN BIAGIO

La Storia Tra Sacro e Profano

di Rocco Amendola

 

STORIA DI SAN BIAGIO

DELLA _VITA _E _DEL _MARTIRIO_ DI_ SAN_ BIAGIO

Composto dal Dott. Don Paolo d' Alitti - Napoli 1728

 

IN NAPOLI 1728

 

(n.d.r.)

Si avverte il lettore che l' opera è scritta in latino e qui di seguito è riportata la stessa opera ristampata nel 2007 ma tradotta in italiano, senza però modificare con linguaggio moderno alcune parti originali.

Per ovvi motivi di copyright editoriali non sarà possibile pubblicare gli interi capitoli, ma solo qualche estratto di questi ultimi, quelli segnati in rosso.

 

TAVOLA
DE’ CAPITOLI

LIBRO PRIMO

CAPO PRIMO
Della Natività di San Biagio in Sebaste Città dell’Armenia minore: de suoi beneficii verso gl’infermi: dell’esser eletto Vescovo di quella Città: e del martirio di Sant’Eustrazio, e de’ Compagni f. 1. (In questa seconda edizione a pag. 22)*.

(*) Tra parentesi sono riportate le pagine corrispondenti a questa edizione.

CAPO SECONDO
Della ritirata di San Biagio nel Monte Argeo: del miracolo del pane provistoli dal Cielo: della mansuetudine delle fiere: e dell’esser ritrovato da’ Cacciatori, e Soldati del Preside f. 19. (p. 30).

CAPO TERZO
Della prigionia di San Biagio: delle candele portateli da una devota Donna: del miracolo del Fanciullo guarito da una spina, che gli traversava la gola: e del miracolo del Porco restituito dal Lupo alla Vecchia f. 29. (p. 34).

CAPO QUARTO
Della condotta di San Biagio alla presenza d’Agricolao: e delle battiture ricevute f. 37. (p. 38).

CAPO QUINTO
Dello nuova condotta di San Biagio avantil Preside, e del tormento patito dell’Eculeo f. 43. (p. 41).

CAPO SESTO
Delle sette Donne portate avant'il Preside: e del miracolo d'uscir salvo dal lago f. 52. (p. 45).

CAPO SETTIMO

Del tormento dell’Eculeo patito da queste sette Donne: del miracolo d’esser sanate dall' Angelo : del tormento della fornace,e loro liberazione: della loro morte; e prigionia di due Fanciulli f. 56. (p. 47).

CAPO OTTAVO

Dell altra condotta di San Biagio in presenza d’Agricolao: del miracolo d' uscir salvo dal lago: della morte di sessantotto Soldati: e della venuta dell' Angelo f. 63 (p.50).

CAPO NONO
Della sentenza contro San Biagio: della morte sua e dei due Fanciulli: e della loro sepoltura f. 66. (p. 52).

 

 

LIBRO SECONDO

CAPO PRIMO

Della traslazione delle reliquie di San Biagio nella Città di Maratea f.74 (p.56)

CAPO SECONDO
Descrizzione della Città di Maratea, della Chiesa del Santo, della sua Cappella, della cassa, ove racchiudesi il Santo corpo, e dell'altra cassa, che conserva il corpo di San Macario f. 85. (p. 61).

CAPO TERZO
Del corpo di San Macario Martire Armeno f. 95. (p. 66).

CAPO QUARTO
Del miracolo in persona del Vescovo desideroso di veder il Sacro deposito f. 108. (p. 72).

CAPO QUINTO
Del miracolo della Santa Manna f. 110. (p. 74)

CAPO SESTO
De’ beneficij conceduti da Sommi Pontefici, Rè, e Principi alla Chiesa, e Cappella del Santo f. 126. (p. 81).

CAPO SETTIMO ed ULTIMO
Delle reliquie di San Biagio dipartite in varj luoghi: e delle sue festività in molte parti della Cristianità f. 135. (p. 86).

 

__LIBRO PRIMO__

CAPO PRIMO

Della Natività di San Biagio in Sebaste città dell' Armenia minore : dei suoi beneficii verso gl'infermi: dell’esser eletto Vescovo di quella Città: del martirio di Sant’ Eustrazio, e de’ Compagni.


Nell’Asia, ch’è la più vasta delle parti del Mondo, trà le sue regioni più grandi vien numerata l’Armenia; la quale col corso dell’Eufrate si distingue in maggiore, e minore. Della maggiore, ch’è più Orientale, non ci occorre parlare. La minore da alcuni è confusa colla Cappadocia sua confinante: ma Altri distintamente con miglior ordine la descrivono.

Così per la Città di Sebaste l’istessa confusione è insorta, perchè molti Geografi nella Cappadocia la ripongono, e gli Ecclesiastici Scrittori nell’Armenia minore. Laonde questi il suo Vescovato nella Provincia d’Armenia minore sotto il patriarcato di Costantinopoli collocarono scrivendo altresì, che Atenogine Vescovo di Sebaste nell’Armenia minore fu martirizato sotto Diocleziano; nel Concilio Niceno primo si sottoscrisse Eulogio Vescovo Sebasteno dell’Armenia minore; Eustrazio Vescovo di Sebaste nella medesima Provincia fu deposto dagli Eretici Ariani; Melezio Vescovo dell’istessa maniera, gl’istessi Ariani crearono Patriarca d’Antiochia. E dovunque gli Ecclesiastici Scrittori han fatto menzione di Sebaste, sempre nell’Armenia minore l’han nominata.
Sebaste è voce Greca, e nel nostro idioma risuona augusta, o adorabile, col qual nome furono molte Città nell’Asia; e ciascuna in tempo fioriva la Cristianità in quelle parti, venne decorata colla Catreda Vescovile. Una nella Siria, è proprio nella Samaria, ch’anticamente la Città di Samaria chiamavasi, e doppo col nome di Sebaste fu suffraganea immediata del Patriarca di Gerosolima. Un’altra nella Cilicia, sottoposta alla Metropolitana di Tarso Padria di San Paolo: e questa fù ancora colonia de’ Romani, sicome dal Giuriconsulto Ulpiano nella legge prima de censibus, al digesto nuovo. Ed un’altra nella Frigia sott’il Patriarca di Costantinopoli.
Ma oltre di queste, è la Sebaste, o Sebastia, di cui parliamo, nell’Armenia minore. Ove pure fù Sebastopoli altra Città Vescovile, anche nel Patriarcato costantinopolitano.
Deve stimarsi frà le cospicue questa Città, essendo stata ne’ tempi antichi la residenza del Romano Preside; e presidendovi oggi ancora il Pascià Turco, dal quale la Provincia è governata; chiamandola i Turchi, Syvas.

Sin dal principio della Cristiana Fede venne fatta residenza de’ Vescovi: e vantasi esser padria di molti Santi: Ma più d’ogn’altro gloriar si deve Sebaste per lo suo paesano, e Vescovo Biagio: della cui Santità siamo a discorrere. Ebbe in questa Sebaste dell Armenia minore suoi natali Biagio.

Nondimeno l’Anno della sua Natività non è da scrittore alcuno narrato: non difficoltandosi però esser stato nel terzo Secolo dal parto della Vergine; poiché fiorì sotto Diocleziano, che verso il fine di questo Secolo imperava.
Scrivesi esser nato da nobili, e cristiani Parenti: da’ quali educato colle virtù e col Santo timore di Dio; fatto adulto, e conoscendo il Mondo fallace, poco lungi dalla Città, in una spelonca si trattenea, macerando con dura penitenza il suo corpo innocente.

Ivi al grido della Sua Santità, concorrendo le persone inferme di qualche morbo, subito otteneano, per la sua intercessione da Dio, la salute. Vi erano ancora portati gli animali di diverse sorti, languenti, e pure con somma carità, erano perfettamente guariti. Dal che Biagio n’acquistò nome di perito nella medicina, ed alcuni lo numerano tra’ Santi Medici.

Nondimeno la sua medela ( me | dè | la - s.f. 1ª metà XIII sec; dal lat. medela(m), der. di mederi “medicare”. ) deve più tosto stimarsi esser stata per via sopranaturale che naturale; altramente dir non si potea effetto della sua Santità e dell’orazioni, ma de’ medicamenti; che pure difficilmente da un Romito entro una Spelonca adoprar si poteano: e se istantanea era la cura sempre miracolosa esser dovea.

N’acquistò bensì Biagio, nome di Celeste Medico, e fama di Santità, che subito si sparse tra i Fedeli di Sebastee ne’ convicini paesi. Credo ancora, ch’allora per epiteto fosse detto Biagio, che poi gli restò per proprio nome; imperochè fiorendo in quei tempi la Greca favella, dal Greco (1) , che significa medicamento, o sanità, che dava agl’infermi; overo da’ (2) che da’ Gentili era stimata la Dea de la Sanità; fosse chiamato Jaso; che noi diciamo Biaso, o Biagio.
Imperava in quel tempo il fiero Diocleziano, il quale più crudelmente degli altri Imperadori Romani, avea mosso la decima persecuzione contra i poveri, ed innocenti Cristiani.


L’altre nove persecuzioni universali, prima di questa, furono; dopo Nerone, s’incominciò la seconda da Domiziano, da Trajano la terza, la quarta da Marc’Aurelio, la quinta da Severo, la sesta da Massimino, la settima da Decio, da Valeriano l’ottava, e la nona da Aureliano: con la cui morte, essendo un poco sopita la strage, sfavasi da tanti travagli alquanto riposando la Cristianità, e s’erano al vero Dio molti Tempij edificati.

Ma con la quiete sorgendo l’ozio, e mancando le virtù, era per le Chiese, e per li Vescovati, incominciata ad introdursi l’ambizione, ed a poco a poco le discordie; onde per purgarsi da ogni macchia col martirio, e co’ patimenti, fù necessario sorgesse Diocleziano, il quale colle tante sue crudeltà fece parer leggiere l’antecedenti persecuzioni.
Quest’Imperadore, il quale di Daniel Profeta fù figurato per il corno maggiore di quella gran bestia, che faceva guerra a i Santi; benché congionto di sangue con San Cajo Papa, e Marito di Santa Serena, . . . . . . . . . . ( omissis ) . . . . . . .

 

 

CAPO SESTO

Delle sette Donne portate avant’il Preside: e del miracolo d’uscir salve dal lago.

Frà quelli, che furono spettatori del martirio del Santo, vi furono sette Donne, le quali prima gl’erano state discepole, e figlie spirituali: queste devote, non essendo loro stato permesso da manigoldi avicinarsi al Santo nel tempo che pendea dall’Eculeo; Ricondotto poi il Santo nella Prigione, l’accompagnarono, e per strada sopra bianchissimi lini raccoglievano il sangue, che dal lacero corpo scorreva, e’l caduto in terra, con sentimenti di religiosa pietà lambivano, ed se n’aspergeano il volto.
Era in quel tempo della Chiesa militante, costume de’ devoti Cristiani raccoglier il prezioso sangue de’ Martiri, quando poteano di nascosto ciò fare; e quel sangue conservato in vasi di vetro, sepellendosi il corpo, se gli ponea vicino. Quindi è, che ne’ cimiterij, e catacombe romane, molti corpi di Martiri si dissepelliscono colle carafine del loro sangue.
Questo voleano fare le Sante Donne, ma accortisene i Ministri, i quali erano simili al loro Padrone nell empietà, le presero, e menarono avant’il Preside, querelandole averle trovate in fraganti esercitar quell' opera (ch’era così pietosa) e d’averle perciò stimate Cristiane.
Stava ancora sdegnoso Agricolao dello scorno ricevuto dalla fermezza di Biagio; onde coll’istesso furore comanda a’ Soldati, che prendino la statua di Giove, e conducendo le donne sopra il monte vicino una fredda laguna, gli facciano dar l’incenzo, e l’adorazione; e ciò facendo l' avessero liberate; altrimenti legando al collo di ciascheduna un grave peso, le buttassero per farle sommergere, e morire in quel lago.

 

SI RIPORTA DI SEGUITO PER COMODITA' DI RISCONTRO

UN FRAMMENTO DELL' ORIGINALE DEL TESTO CHE POTRETE TROVARE NEL CAPITOLO ACTA SANCTORUM IN VERSIONE INTEGRALE

 

 

CAPO OTTAVO

Dellaltra condotta di San Biagio in presenza d'Agricolao: del miracolo d' uscir salvo dal lago: ella morte di sessantotto Soldati: e della venuta dell'Angelo.

Il giorno seguente a tré di Febraro fumante ancora del sangue di queste sette martiri, volle nuovamente Agricolao tentare il Santo Vescovo, facendolo condurre al suo cospetto, e gli disse: Vedi Biagio, come finalmente la mia mano gastiga chi sta indurato nella sua salda credenza; dalla morte di quelle indegne temine, puoi tù argomentare inevitabile la tua, se non ti risolvi abbracciare la legge dell’Imperadore del Mondo. Soverchio hai provocato la nostra tenza; io ti perdono tutti gli errori passati, nè mi ricorderò della pertinacia tante volte alle mie richieste da te usata, anzi col mero d’onori, e ricchezze, ponendosi in grande stima appresso del nostro Imperadore.
Con queste, e simili parole cercava persuaderlo Agricolao: e molto ben conoscea, che coll’esempio del capo, assai averebbe distolto gli animi dalla cristiana osservanza. Il Santo non però brevemente fegli sentire, che non curava ricchezze, e dignità, bramando patimenti, e martirio; non volea adorar il demonio, ma il vero Dio, e per questo desiderava patire, e morire; come fatto aveano quelle Sante Donne, alle quali sperava esser simile nella morte, e nella gloria.
Si riaccese di sdegno il Preside, ed immemore di quel ch’era succeduto alle sette Donne, diede ordine a’ Soldati, che legato un pesante sasso al collo di Biagio, lo facessero morir sommerso nel profondo del freddissimo lago.
Portato il Santo nel lago, fugli nel collo legato il peso, e fù nell’acque buttato; ma facendosi il segno della Santissima croce, si congelaron quelle in modo di dura pietra, talmente che caminando il Santo col peso nel collo per sopì a del lago, si pose a sedere in mezzo la superficie di quello; lodando, e benedicendo il Creatore.

E rivolto a’ Soldati, cercava con ragioni, e portenti, che già con mani toccavano, di persuaderli alla vera fede: Nulladimeno quegli aspidi d’inferno, s’otturarono non solo l’orecchie, ma co’l veleno del lor furore, sessant’otto di essi (ò sessanta cinque, come Altri scrivono) corsero per oltraggiarlo, e farlo profondar sommerso nel lago, credendo eglino di passeggiar ancora sopra di quello a piedi asciutti; Tacque bensì, che operavano stupori a favore de’ Santi, non fecero Tistesso effetto con scelerati; perchè entrati appena nel lago, nel profondo di quello si sommersero, nè mai più comparvero.
Scese intanto un Angelo dall’Empiro, e gli disse: Anima grata a Dio vieni fuori da questo luogo acciochè ricever possi la corona del tuo martirio tanto da te desiderato.

Giolivo per tali voci il Santo con volto risblendente com’il sole uscì dall’inespugnabile fortezza del lago, e presentatosi a i restanti Soldati, di nuovo si fece legare, e condurre al rimante supplico.

 

PREFAZIONE ALLA RISTAMPA DEL 2007

Al termine della sua prima Enciclica, Deus caritas est, il Santo Padre Benedetto XVI ci invita a guardare ai santi che per l’umanità
sono stati veri fari di luce essendo stati uomini di fede, speranza e carità, ma poi il Papa aggiunge che alla vita dei santi non appartiene solo la loro biografìa terrena, ma anche il loro vivere ed operare in Dio dopo la morte.
Don Paolo d’Alitti, vissuto tra il secolo XVII e la prima parte del XVIII secolo è fermamente convinto di questa opera del Santo per cui nel dedicare il suo libro a San Biagio ne chiede l’assistenza nell’ora del suo passaggio da questa fragile vita all’eternità. E così, rivolgendosi nella prefazione al devoto lettore lo invita a leggere con attenzione e non per vano divertimento, ma per accendere o accrescere nel proprio cuore la devozione di questo gran santo e per essere felice.
Gesù, maestro e modello di santità ha predicato a tutti la santità della vita di cui egli stesso è l’autore e il perfezionatore: “Siate perfetti come è perfetto il padre vostro che è nei cieli”.
A tutti ha mandato lo Spirito Santo affinché ci aiuti dall’interno ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze ad ad amarci a vicenda come Cristo ha amato noi.

I seguaci di Cristo, santi per il battesimo devono mantenere nella loro vita e perfezionare la santità che hanno ricevuta.
Dobbiamo vivere come si conviene ai santi e rivestirci di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza. E poiché tutti commettiamo peccati abbiamo bisogno della misericordia di Dio e dobbiamo ogni giorno pregare e dire: “e rimetti a noi i nostri debiti”.

omissis per motivi di copyright editoriali

Don Paolo d’Alitti ha studiato e ha fatto ricerche ed ha raccontato, essendo testimone oculare dell’inizio della tradizionale festa in onore di San Biagio, inoltre, vivendo a Napoli ha parlato con amore e appassionatamente della sua Maratea ed è diventato questo testo punto di riferimento per tutti coloro che poi hanno voluto aggiungere qualcosa alla storia di San Biagio e alla storia di Maratea.

È il libro più antico che si conosce sulla storia di Maratea, la sua ristampa è certamente importante e perciò ringrazio l’editore Rodolfo Rubino che ne ha voluto curare la ristampa dando a tutti la possibilità di riappropriarsi della storia della nostra Maratea, legata intimamente a San Biagio.

Don Vincenzo Iacovino

 

Iacovino Mons. Vincenzo Antonio

Parroco presso Castelsaraceno - Parrocchia Spirito Santo

( alla data del 1 Marzo 2023 )

 

(n.d.r.)

Al lettore attento, si sottolinea come anche in questa trattazione del 1728 l'Autore stesso si pone il quesito " della data di nascita di San Biagio ", quando scrive : " Nondimeno l’Anno della sua Natività non è da scrittore alcuno narrato: non difficoltandosi però esser stato nel terzo Secolo dal parto della Vergine; poiché fiorì sotto Diocleziano, che verso il fine di questo Secolo imperava. "

Egli lo ricava indirettamente quando dice " . . . poiché fiorì sotto Diocleziano. . .", ecco chiarito un' altro quesito esplicitato nella prima parte, in cui forse non si è capito bene perché è importante la conoscenza della storia degli Imperatori Romani.

 

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