_______ IL NAVICORDO

Lanzara Storia

Dalla Rassegna Storica dei Comuni

    Anno III N° 2-3 del 1971

A cura di Paolo De Rosa

 

 

RASSEGNA STORICA DEI COMUNI ANNO III (v. s.), n. 2-3 MARZO-GIUGNO 1971


6   IL CASTRUM DI LANZARA E L ANTICA VIA POPILIA

PAOLO DE ROSA

 

Nella provincia di Salerno, il piccolo centro di Lanzara (poco più di 1200 abitanti), sito a soli settanta metri sul livello del mare, trae oggi le sue principali risorse economiche dall attività di alcuni stabilimenti conservieri e di laboratori ove si lavorano artistici ricami a mano. L origine di questo piccolo centro è abbastanza lontana nel tempo, in quanto può essere collocata tra la seconda metà e la fine dell VIII secolo; in questo periodo, infatti, mentre intorno al castello di Rota nascevano e si sviluppavano i centri abitati di Pero (Bracigliano) di Siano e di Aiello, intorno al castello di Fossalupara si formavano quelli di Paterno e, appunto, di Lanzara. Uno dei più validi coefficienti della fama di Lanzara è costituito dalla sua posizione geografica: determinante, infatti, per questo piccolo centro, la presenza di un altura, detta «S. Maria del Castello», ove si ergono tuttora i resti dell antico maniero. Questo castello era uno dei sette, fatti erigere da duchi e da principi del Salernitano per difendersi dalle continue scorrerie saracene, spesso effettuate con la connivenza, se non con il palese appoggio, di signorotti locali che ambivano ad ingrandire i loro domini a danno delle vittime delle scorrerie. Le notizie circa l origine di Lanzara sono riportate anche dall Anonimo Salernitano il quale, oltre al castello di Fossalupara, elenca anche Castel del Parco, Castel S. Giorgio ed i castelli di Chiunzi, di Apusmonte di Roccapiemonte e di Rota di Mercato San Severino. Secondo il Grimaldi 1, del castello di Fossalupara parla anche Liguorino de Meo nei suoi Annali (pag. 185), ove afferma che esso già esisteva nel 794 e che, sotto la protezione di tale castello, i paghi di Paterno, di Lanzara e del pendio di S. Apollinare divennero centri abbastanza estesi. Sempre secondo quanto riporta il Grimaldi 2, la costruzione del castello di Fossalupara risale all anno 760 ed è da attribuirsi al principe Arechi II di Benevento, il quale conferì il titolo di conte a trentatré dei suoi castaldi. Il Pellegrini, nella sua «Storia dei Principi Longobardi» riferisce che nell anno 770 Arechi II, preoccupato dall eventualità di un invasione nei suoi domini da parte dei Franchi, fece munire con una serie di fortificazioni la valle di San Severino, rendendola pressoché inespugnabile. Lo stesso Arechi non ritenne necessario di fortificare la città di Nocera, in quanto questa già era «urbem munitissimam» 3 ed eresse, invece, la fortezza di Fossalupara che dominava sia il passo del Campanile dell Orco sia quello di Paterno. Noteremo che in quel tempo l unica via di accesso tra la valle del Sarno e quella di Sanseverino era costituita dall antica via Popilia che, appunto attraverso il passo dell Orco, s immetteva nel ducato di Benevento. Tale passo, per la sua particolare posizione strategica, era quindi oggetto di particolari cure da parte dei signori del Salernitano. Ricorderemo, per inciso, che sul passo dell Orco transitarono nel 1460 anche le truppe di Giovanni d Angiò, figlio di Renato, ed ivi si scontrarono con l esercito aragonese, guidato da Ferdinando I; questi, nella battaglia che ne seguì, riportò una dura e definitiva sconfitta che pose fine al dominio aragonese nelle regioni meridionali d Italia. 1 A. GRIMALDI, Memorie storiche sul Santuario di S. Maria a Castello, Salerno, 1967 (pag. 11). 2 Ibidem, pag N. CILENTO, Italia Meridionale Longobarda, Milano-Napoli,

7  A proposito del passo dell Orco, bisogna ricordare che questo rivestì un ruolo di primo piano nelle vicende storiche nelle quali furono coinvolte le regioni circostanti, fin dal tempo degli antichi Romani. Esso, infatti, era divenuto via ufficiale ed obbligata di transito militare fin dal 216 a.c., anno in cui, si vuole, sarebbe stato attraversato da Annibale che, reduce dagli ozi di Capua 4, era in marcia alla conquista della città di Nocera. Proprio sull altura di S. Maria a Castello (o, meglio, di S. Apollinare) i Romani edificarono un «castrum»; alcuni vorrebbero addirittura un «castrum Augusti», con lo scopo preciso di controllare il famoso valico. Questo assunse il nome di passo dell Orco (riferendosi tale attributo ad Annibale) in età medioevale, allorché il valico tornò ad essere di grande importanza nelle lotte tra i vari signorotti della zona, che ambivano ad estendere i loro possedimenti. La località di S. Maria a Castello, da alcuni frammenti di ceramica rinvenuti nella zona e dalla testimonianza di qualche tomba, risulta abitata fin dal IV-III secolo a.c.; a tale periodo, inoltre, risalgono i vari frammenti di ceramica a vernice nera, che con una certa frequenza si rinvengono, nonché quelli di ceramica di tipo romano, in fittile grezzo, in gran parte provenienti da anse e da anfore. Riteniamo ora opportuno passare in rapida rassegna alcune testimonianze riguardanti la zona oggetto del nostro esame, rivelate recentemente dal C.D.C. pazientemente studiato da M. Vassalluzzo 5. Il primo elemento abbastanza positivo, rivelato dal Vassalluzzo è quello della interpretazione della parola «Apudmontem». Secondo la teoria di questo studioso, tale termine non si riferiva soltanto al monte Solano (l odierna Roccapiemonte) ma anche a tutta la zona oggi comprendente i comuni di Castel S. Giorgio, di Siano e le frazioni di Santeustacchio e di Piazza del Galdo, appartenenti a Mercato Sanseverino. Altra notizia importante rivelataci dal Vassalluzzo 6 è quella riguardante il sito di Castrum Vetus, posto sulla collina di S. Apollinare a Lanzara e quella dell esistenza di una chiesa, San Angelo a Capullo, sempre in Lanzara, ai piedi dell altura di S. Maria a Castello, esistente tuttora. Anche la notizia fornita dal Giustiniani 7, e che trascriviamo dal Grimaldi 8, ci appare importante per gli elementi che ci fornisce sulla località Paterno, sita quasi ai piedi del monte S. Apollinare: «Paterno e Casalnuovo di Paterno in Provincia di Principato Citeriore, compreso nella Diocesi di Salerno, distante dalla detta città miglia 8, dalla Cava 5 e da Nocera 2. Il suo territorio confina a tramontana con Sarno, da occidente con Nocera, da oriente con Sangiorgio e da mezzogiorno con la baronia di Castelluccio. Le produzioni consistono in vino, granone, grano, legnami, che si vendono altrove, gli ulivi vi allignano assai bene; ma questa piantagione v è stata introdotta da non molto tempo. V è pure una cava di pietre calcaree molto atte per gli edifici e gli altri lavori. Nei luoghi montuosi vi si trovano delle selve cedue e boschi per uso di carboni». Ed ancora: «Per questo territorio vi passa l acquedotto romano proveniente da Serino, dell altezza di palmi sette, che vedesi pure cavato a forza nel vivo della montagna S. Apollinare. Si tratta del famoso acquedotto Claudio descritto dal Corcia e dal Summonte, che uscendo dalla medesima per lungo tratto di circa mezzo miglio, passa per il territorio di Sarno, di Palma, per portare l acqua alle famose ville di Cuma e di Napoli. Di tale opera d arte meravigliosa s ammirano tuttora presso Paterno nelle diverse interruzioni e rotture prodotte da secoli per le intemperie e le trasformazioni del terreno, le strutture della costruzione in mattoni». 4 T. LIVIO, XXIII M. VASSALLUZZO, La Rocca, Salerno, Ibidem. 7 GIUSTINIANI, Opera geografica storica sul Regno di Napoli, Napoli, A. GRIMALDI, op. cit., pag

8  La notizia risulta in parte attendibile, in quanto, ancora oggi è possibile osservare, nell attuale Paterno, tracce dell antico acquedotto prive, però, di opus latericium. Importantissima è anche una precisazione fornita dall Orlando 9 il quale, a proposito della città di Fractanova, chiarisce, in parte, il problema dell altura di S. Maria a Castello e di quella di S. Apollinare, unite tra loro da un pianoro. Tale notizia, che è stata attinta dall antica Platea di Materdomini e che risale al 1200, così ci viene riportata: «Item meminebimus unum aliud, quod est Haeremum, vocabulo Sancta Maria di Castello, cum domo noviter aedificata, cum cisterna constructa in summitate eisdem eccelsi montis, nuncupato lo monte de Sancta Maria de Castello, cum una alia Ecclesia, vocabulo Sancti Apollinari, cum quadam planura, seu terra, consistens inter dictas duas Ecclesias, cum maxima copia fundamentorum, domorum et cisternarum dirutarum, et ubi alias et ex antiquo fuit civitas nuncupata Fracta nova, quae propter peccatum ipsius fuit depopulata, exabitata, atque, destructa, et funditus prostrata, tam terram, quam castrum, pre nominatas Ecclesias, et locum ubi fuerat dicta civitas fabbricata, cum tota parte dicti montis, quae tenebatur et possidebatur per Dominum dictae civitatis, fuit donata dicto Monasterio pro ut nunc habet, tenet et possidet». Questa notizia sembra abbastanza attendibile, poiché sulla collina di S. Apollinare sono stati rinvenuti i ruderi di una cappella che, come la tradizione vuole e lo stesso nome della collina confermerebbe, doveva essere dedicata al culto di S. Apollinare, di origine bizantina, tanto diffuso in Italia ed istituito nei pressi della distrutta Fractanova, forse, dai padri Basiliani, i quali a quel tempo occupavano il convento di Materdomini. Numerosissime, inoltre, sono le strutture murarie che affiorano ancora oggi sul pianoro e sulla collina di S. Apollinare, alcune delle quali appartenenti a cisterne; ciò si desume dal particolare tipo di malta che le ricopre. Da quanto abbiamo finora detto appare evidente che l altura di S. Maria a Castello, denominazione che le deriva proprio dalla presenza del castello fortificato, abbia sempre avuto la funzione di presidiare, data la sua eccellente posizione, la sottostante gola dell Orco, detta anche di Annibale. Attualmente, per potere avete un quadro abbastanza chiaro della topografia della località, basta imboccare il viottolo di campagna, posto a circa venti metri dalla proprietà Barreca, nelle vicinanze del passaggio a livello dello scalo ferroviario di Còdola, per trovarsi sul valico di Montagna Spaccata, nelle cui vicinanze si trova il cosiddetto Campanile di Annibale. La configurazione del luogo appare in parte mutata per l incurvatura data al viottolo che scavalca la sella e per l abbattimento della parete rocciosa opposta al «cippo», prodotto dallo svuotamento di una cava. Questo cippo appare come un rudere a forma di parallelepipedo, alto circa quattro metri, sulla roccia che, a sua volta sovrasta la strada di circa cinque metri. In esso, da quanto è ancora possibile scorgere, si osservano sul versante di levante due aperture: l una nella parte superiore e l altra in quella inferiore. La posizione del rudere e la sua forma lascerebbero pensare ad una torre di controllo sulla via sottostante, il cui tracciato, che non deve essere troppo diverso da quello dell antica via Popilia, risulta obbligato dalla natura del terreno. Ponendosi di fronte alla torre del Campanile ed imboccando la via alla sua sinistra, ai lati della quale si ammirano tracce di antiche murature, si giunge, dopo un buon tratto, ad un ponticello sovrastante la linea ferroviaria statale; superatolo, ci si troverà a Lavorate, da dove, poi, si potrà proseguire, sempre seguendo l andamento della montagna, fino a Sarno. La via posta, invece, sulla destra, e che segue più o meno le pendici dei monti, presenta, nel punto dell avvallamento naturale di Còdola, una 9 G. ORLANDO, Storia di Nocera dei Pagani, vol. I, Napoli,

9  biforcazione, che a sua volta non deve discostarsi troppo da quella supposta 10 tra l antica via Popilia e la via Consolare per Pompei. La conformazione naturale della zona montagnosa ha una grande importanza per identificare il tracciato della via che ci interessa e per giustificare l andamento di alcuni tratti degli attuali viottoli. La via Popilia, infatti, dalla biforcazione di Còdola doveva forzosamente passare alle spalle del Monte Solano (Apudmontem) e, attraversato il valico di Materdomini, andare verso Sanseverino e, quindi, giungere a Salerno, come l andamento degli attuali viottoli in parte conferma. Il secondo lato della biforcazione, sempre muovendo da Còdola, doveva seguire l andamento dello stesso Monte Solano e delle opposte alture di Monte Torricchio e del Parco, con collegamento poi a Nocera. A questo punto, però, il problema diviene più complesso, poiché, come del resto qualcuno afferma 11 e, forse non a torto, si potrebbe intravedere, in una delle viuzze ancora oggi esistenti, la via che doveva condurre alla famosa Porta Romana, la cui presenza verrebbe ad essere attestata, oltre che dall attuale villaggio di Portaromana (presso Nocera Superiore), anche, come riporta il Fresa 12, dal graffito rinvenuto a Pompei nella Reg. I, Ins. X, N. 4, che così dice: NUCERIAE QUAERES AD PORTAM ROMANAM IN VICO VENERIO NOVELLIAM PRIMIGENIAM 13 C.I.L., IV, In conclusione, anche se non possiamo essere matematicamente certi del tracciato viario di questa zona, possiamo ritenere abbastanza attendibile almeno l andamento del tratto che comunemente viene detto «via di Annibale» e che passa attraverso il Campanile dell Orco. Attualmente il luogo del valico di Annibale, denominato anche «Montagna Spaccata», è attraversato in galleria dalla linea ferroviaria statale. Di notevole interesse appare anche la presenza, in località Paterno, di rilevanti tracce dell antico acquedotto, le quali, oltre a confermare la notizia riportataci dal Giustiniani 14, ci forniscono anche un prezioso indizio circa la deviazione che detto acquedotto subiva per il rifornimento idrico di Sanseverino col suo ramo posto a nord, e della città di Nocera con quello a sud. Sia il tratto dell acquedotto che percorre la zona di Paterno, sia quello rinvenuto presso Lavorate non presentano tracce di opus latericium, a differenza, quindi, di quello di S. Maria della Foce, presso Sarno. Questa importante zona della provincia di Salerno, che abbiamo preso in rapido esame, presenta, quindi, oltre che un problema di rilevante interesse di ordine archeologico generale, anche aspetti particolari per quanto riguarda l andamento viario e quello degli approvvigionamenti idrici. 10 A. FRESA, L anfiteatro di Nuceria Alfaterna nel villaggio Grotte di Nocera Superiore, in «L Universo», anno XXXIX, n. 5, 1959 (pagg ). 11 Ibidem. 12 M. e A. FRESA, Primo contributo alla topografia di Nuceria Alfaterna, in «Rendiconti dell Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli», vol. XXIII, Napoli, 1958 (pag. 181). 13 M. DELLA CORTE, Amori e amanti di Pompei antica, Cava dei Tirreni, 1958 (pag. 86). 14 GIUSTINIANI, op. cit. 9

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