_______ IL NAVICORDO

Caduti in Guerra

 

_Matr. 30393 __Distretto di Salerno (39) ___________________

Alfano Alfonso

    Castel San Giorgio

03-07-1921

Dichiarato morto solo il

02-04-1971

 

 

UN ALTRO FIGLIO DELLA NOSTRA TERRA CHE HA DATO LA SUA GIOVANE VITA PER LA GRANDEZZA DELLA SUA NAZIONE. LUI NON E' SCAPPATO PER SALVARE LA SUA VITA O QUELLA DEI SUO CARI, COME SUCCEDE OGGI, E' STATO CHIAMATO A DIFENDERE LA PROPRIA PATRIA ED HA RISPOSTO PRESENTE.

ALFANO ALFONSO, FIGLIO DI ALFONSO E SALVATI CAROLINA, E' NATO A CASTEL SAN GIORGIO IL GIORNO 03.07.1921.

CONGEDATO IL 13.05.1940 E RICHIAMATO ALLE ARMI IL 12.01.1941.

DOPO VARI REPARTI VIENE ASSEGNATO ALLA 9^ COMPAGNIA CARABINIERI IMBARCATO IL 23.04.1943 SUL PIROSCAFO “CAMPOBASSO” DIRETTO IN O.M. TUNISIA.

ERA IL 04.05.1943 QUANDO IL NOSTRO CARABINIERE ANDAVA INCONTRO AL SUO DESTINO AD 8 MIGLIA DA KELIBIA TUNISIA GEOGRAFICAMENTE IDENTIFICATO 36°50' N 11° 11' E. IL RELITTO DEL CAMPOBASSO GIACE A 70 METRI DI PROFONDITA' IN COMPAGNIA DEL RELITTO DELL'INCROCIATORE BRITANNICO MANCHESTER AFFONDATO NELL'AGOSTO 1942.

IL PIROSCAFO “CAMPOBASSO” LOCALIZZATO DALLE FORZE NEMICHE NEL PORTO DI PANTELLERIA CARICO DI RIFORNIMENTI PER LE NOSTRE TRUPPE DIRETTO IN NORD AFRICA USCITO IN MARE APERTO VIENE RAGGIUNTO DA NAVI NEMICHE. PROTETTO DALLA SOLO TORPEDINIERA PERSEO E SENZA COPERTURA AEREA.

PURTROPPO DOPO UN'EROICA DIFESA MESSA IN ATTO DALLA NAVE SCORTA PERSEO LA STESSA SOCCOMBE PER DIFENDERE IL PIRSCAFO CAMPOBASSO. VENUTA MENO LA TORPEDINIERA DI SCORTA IL COMANDANTE INGLESE DECISE DI AFFONDARE SENZA PIETA' IL PIROSCAFO CAMPOBASSO.

I PARTICOLARI DELLA BATTAGLIA NAVALE SONO ALLEGATI INSIEME AL SUO FOGLIO MATRICOLARE ( NUMERO 30393) DEL DISTRETTO DI SALERNO, DICHIARATO MORTO SOLAMENTE 02.04.1971.

SICURAMENTE IL NOSTRO CARABINIERE ADESSO RIPOSA NEL GIARDINO DEGLI IMMORTALI.

NOI VOGLIAMO TESTIMONIARE E QUI TRIBUTARE ONORE E RISPETTO MASSIMO IN ETERNO.

CHI LEGGE QUESTO CONTRIBUTO ALLA STORIA SANGIORGESE ED E' IN POSSESSO DI ELEMENTI UTILI ALLA RICERCA DI ALTRI CASI SIMILI, E' PREGATO DI SEGNALARE AL NAVICORDO CHE PROVVEDERA' A DIVULGARE LE NOTIZIE E RENDERE IMPERITURA LA MEMORIA DEI NOSTRI EROI SCONOSCIUTI.

CARMINE ALFANO

Alle 19.15 del 3 maggio 1943 il Campobasso, carico di munizioni, cannoni, automezzi e bombe d’aereo, salpò da Pantelleria diretto a Tunisi, con la scorta della torpediniera Perseo (capitano di corvetta Saverio Marotta).
Le due navi erano partite il 29 aprile, il Campobasso da Napoli e la Perseo da Pozzuoli (per poi raggiungere il piroscafo fuori dal Golfo di Napoli), ma un’avaria della Perseo le aveva costrette a sostare a Pantelleria (per altra fonte, inizialmente a Lampedusa), dove avevano poi atteso “le giuste condizioni” per partire.
Alle 16 del 3 maggio, dopo aver ricevuto l’ordine di partenza, si erano avvicinate al porticciolo di Pantelleria per rifornirsi di acqua, operazione che aveva richiesto un paio d’ore; poi erano salpate, Perseo in testa (posizione di scorta prodiera) e Campobasso nella sua scia. Le comunicazioni radio tra le due navi erano proibite, per evitare che fossero intercettate; si manteneva il contatto visivo, mentre si procedeva alla modesta velocità di otto nodi.


Sul Campobasso si trovavano 45 uomini di equipaggio e 58 militari italiani e tedeschi: in tutto 103 anime (altra fonte parla, invece, di un centinaio di uomini di equipaggio civile – ma appaiono decisamente troppi –, 28 soldati dell’808a Batteria del 500° Gruppo del 2° Reggimento Artiglieria Contraerea, imbarcati per la difesa della nave, e 70 marinai di leva della Regia Marina da trasportare a Tunisi). Comandante del piroscafo era il capitano di lungo corso Stanislao Leoni, triestino.


Era questo il terzultimo convoglio a partire per la Tunisia: gli ultimi due sarebbero partiti rispettivamente il 4 ed il 7 maggio, e non avrebbero avuto sorte migliore.
Ormai la traversata del Canale di Sicilia avveniva in condizioni proibitive: i convogli diretti in Tunisia dovevano scontrarsi con un nemico preponderante, che dispiegava un numero sempre crescente di aerei e sommergibili, cui adesso si univano anche squadriglie di cacciatorpediniere che cercavano di intercettare i convogli di notte. Nel mese di aprile 1943 furono 23 le navi mercantili affondate sulla rotta per la Tunisia, insieme a cinque siluranti ed altre dieci unità militari; altre 17 navi mercantili, 14 militari e 30 motovelieri furono affondate nei porti dai bombardamenti sempre più pesanti. Parte dei rifornimenti riusciva ancora a passare, ma la “rotta della morte” inghiottiva un numero ormai insopportabile di navi e di vite.


Le truppe italo-tedesche in Tunisia erano ormai allo stremo, strette tra la morsa dell’VIII Armata britannica da est e della VII Armata statunitense da ovest, sempre più a corto di tutto, mentre gli Alleati accrescevano ogni giorno la loro superiorità in termini di uomini, aerei, mezzi corazzati.
All’inizio di maggio, la sorte dell’Armata d’Africa era ormai segnata, e non sarebbero stati quei pochi rifornimenti inviati via mare – quand’anche fossero arrivati – a modificarla; ostinarsi ad inviare altre navi contro quello che stava diventando un vero e proprio blocco aeronavale equivaleva a mandarle incontro ad un inutile sacrificio. Soldati e rifornimenti imbarcati sul Campobasso erano, come li definì il sottocapo Alberto Ferrari della torpediniera Tifone (che, di scorta alla motonave Belluno, seguiva il convoglio Perseo-Campobasso sulla stessa rotta, a non grande distanza), gli «ultimi tizzoni da gettare nella fornace» nordafricana.
Il viaggio del Campobasso e della Perseo, lungo un’arzigogolata rotta che si snodava attraverso i campi minati, durò solo quattro ore.


Verso le 23.40 di quello stesso 3 maggio, a 22 miglia per 120° da Capo Bon (cioè a sudest del Capo), le due navi, mentre facevano rotta per Ras Mustafà, furono intercettate dai cacciatorpediniere britannici Nubian (capitano di fregata Douglas Eric Holland-Martin, capo formazione), Petard (capitano di corvetta Rupert Cyril Egan) e Paladin (capitano di corvetta Lawrence St. George Rich).
Non erano lì per caso: proprio quel giorno i decrittatori di “ULTRA” avevano intercettato comunicazioni riguardanti la partenza del convoglio, ed avevano così potuto avvertire i comandi britannici che «Il Campobasso salpa dalla Sicilia per la Tunisia nel pomeriggio del 3 maggio». Da Malta erano allora partiti, nel pomeriggio del 3 maggio, i tre cacciatorpediniere. Secondo un ufficiale superstite della Perseo, peraltro, durante la sosta di tre giorni a Pantelleria le due navi erano state avvistate dalla ricognizione nemica. La localizzazione del convoglio italiano avvenne per mezzo dei radar dei cacciatorpediniere.

Già alle 23.25 il «Metox» della Perseo, un apparato tedesco per la rilevazione delle emissioni dei radar, segnalò che le due navi erano state localizzate dal nemico; alle 23.33 la torpediniera, dopo aver comunicato a Supermarina di essere stata scoperta, ordinò per ultracorte al Campobasso "Aumentate al massimo la velocità – Siamo stati radio localizzati", ma la risposta del piroscafo fu "La velocità massima che riusciremo a tenere, ma non sappiamo per quanto, è di 10 nodi."
Due minuti dopo, i cacciatorpediniere britannici aprirono il fuoco.
Il Campobasso, col suo carico di rifornimenti, fu la prima nave ad essere oggetto del fuoco nemico: mentre il Petard lo illuminava, per agevolare la mira al Nubian, quest’ultimo gli sparò contro dieci salve con i pezzi da 120 mm. Il Campobasso fu centrato ripetutamente, a prua, in plancia ed a poppa; nel volgere di pochi minuti il disgraziato piroscafo fu ridotto ad un relitto galleggiante, in preda agli incendi. Ad un certo punto si concentrò su di esso il tiro di tutti e tre i cacciatorpediniere, che lo crivellarono sia con i cannoni da 120 che con le micidiali mitragliere quadriate "pom-pom" da 40 mm.


Già alle 23.48, dopo undici minuti di martellamento (i primi colpi a bordo erano giunti alle 23.37, subito causando incendi), il piroscafo fu scosso da una violenta esplosione, che illuminò a giorno anche la torpediniera di scorta, rivelando la sua posizione al nemico. Altre esplosioni si susseguirono continuamente, man mano che le fiamme raggiungevano le munizioni e le bombe del carico.
La Perseo tentò valorosamente di difendere il mercantile ad essa affidato: dapprima invertì la rotta per portarsi a fianco del Campobasso e nasconderlo con una cortina nebbiogena, ma i nebbiogeni non entrarono in funzione; allora la torpediniera si lanciò in un contrattacco disperato, sola contro tre cacciatorpediniere avversari. L’esito poteva essere soltanto uno: crivellata di colpi nelle caldaie, a poppa e in controplancia, con decine di morti e feriti a bordo, la Perseo rimase immobilizzata, per poi essere finita dal Paladin.


Mentre il Paladin dava il colpo di grazia alla Perseo, Nubian e Petard si diressero verso il Campobasso, per fare lo stesso anche con il piroscafo. Quest’ultimo, abbandonato dagli uomini ancora indenni, distava ormai diverse miglia dal luogo in cui era terminato il combattimento della Perseo; era in fiamme da prora a poppa (e, secondo una versione, sbandato su un fianco). Prima che Nubian e Petard potessero raggiungerlo (si trovavano a tre o quattro miglia di distanza quando la nave esplose), il Campobasso scomparve in una violenta esplosione, inabissandosi circa otto miglia ad est di Kelibia. Era trascorsa circa un’ora e mezza dall’inizio dell’attacco.
L’esplosione fu così violenta che la sua onda d’urto, propagata attraverso l’acqua, fu sentita come un violento colpo al ventre anche dai naufraghi della Perseo che erano in acqua a miglia di distanza; rottami del piroscafo vennero scagliati in aria, ricadendo in mare anche a qualche miglio di distanza.

Prima di andarsene, i cacciatorpediniere britannici recuperarono una decina di naufraghi del piroscafo.
Altri 16 uomini del Campobasso, invece, erano riusciti a mettersi in salvo su di una scialuppa, con la quale fecero rotta per Pantelleria. Durante il mattino si levò un vento fresco da maestro, che permise ai naufraghi di issare una vela; gli occupanti della lancia furono però occupati anche dalla necessità di sgottare continuamente l’acqua che entrava nell’imbarcazione, attraverso una falla aperta da una scheggia di bomba. La scialuppa con i 16 superstiti raggiunse Pantelleria alle 15.30 del 4 maggio.


Altri naufraghi restavano nelle acque dove si era svolto l’impari scontro: alle sei del mattino del 4 maggio la nave ospedale Principessa Giovanna, in navigazione da Trapani a Tunisi, incontrò presso Ras Mustafà Nubian, Paladin e Petard, i quali l’avvertirono che non lontano si trovavano dei naufraghi bisognosi di aiuto. Nonostante la difficoltà posta dal vento e dal mare di maestrale frattanto levatisi, la Principessa Giovanna condusse una minuziosa ricerca e riuscì a trarre in salvo 71 sopravvissuti: solo quattro erano del Campobasso, mentre gli altri 67 erano della Perseo.
Conclusa l’operazione di salvataggio alle 12.30, la nave ospedale proseguì per Tunisi, dove giunse alle 22.45 di quello stesso giorno; qui imbarcò 788 malati e ripartì per Trapani alle 13.30 del 5 maggio, trattenendo a bordo i 71 naufraghi di Perseo e Campobasso. Le loro traversie non erano ancora finite: alle 14.40 del 5 maggio, infatti (al largo di Zembra), la Principessa Giovanna venne attaccata e mitragliata da cacciabombardieri Alleati, che causarono un morto ed alcuni feriti tra l’equipaggio.


Peggio andò alle 18.30, quando la nave, pur essendo riconoscibilissima (e per giunta impegnata nel soccorso ad un aereo della Croce Rossa, costretto ad un ammaraggio di fortuna) venne anche bombardata: alcune bombe la colpirono a poppa, provocando gravi danni ed un violento incendio. Le vittime di questo puro e semplice crimine di guerra furono 54, tra degenti e membri dell’equipaggio, cui si aggiunsero 52 feriti. Contenuto l’incendio, la Principessa Giovanna raggiunse infine Trapani alle 15.30 del 6 maggio.
Dei 103 uomini imbarcati sul Campobasso, i sopravvissuti furono in tutto una trentina.

Il relitto del Campobasso giace a 70 metri di profondità in posizione 36°50’ N e 11°11’ E, a meno di un miglio dal relitto dell’incrociatore britannico Manchester, qui affondato durante la battaglia di Mezzo Agosto del 1942.

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FOGLIO MATRICOLARE

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