_______ IL NAVICORDO

San Giorgio Storia

 

Castel San Giorgio e Provincia

Operazione " AVALANCHE "

Ovvero dopo l' Armistizio dell' 8 Settembre 1943

Ricordi dalla Costa d' Amalfi

A cura del Prof. Sigismondo Nastri

( giornalista )

3 SETTEMBRE 2023

"L'ORA S'AVVICINA": FRA CINQUE GIORNI, 80° ANNIVERSARIO DELLO SBARCO

Fra cinque giorni ricorrerà l'80° anniversario dello sbarco militare anglo-americano in Costiera. Ero ragazzo: ho ancora vivo il ricordo di quell'evento che ha cambiato la storia dell'Italia e dell'Europa. Invece non mi risulta che ci sia stata qualche iniziativa in tal senso (o, se c'è stata, non ne sono venuto a conoscenza e me ne scuso).

"Aspetta e spera che già l'ora s'avvicina..." si cantava al tempo del fascismo: l'ora di che, vallo a capire!

L'OPERAZIONE "AVALANGE".

LA PRESENZA DEGLI ALLEATI SUL TERRITORIO E LE SFIDE PER LA SOPRAVVIVENZA

Le prime parole d'inglese che ho imparato sono state: “Ello, matches?”. Non ne conosco le ragioni, ma tra le tante cose che mancavano nel settembre del 1943, quando avvenne lo sbarco delle truppe alleate sulla Costa – c'erano i fiammiferi. Noi ragazzini cercavamo di procurarcene chiedendoli ai soldati americani, che erano i più cordiali, i più disponibili. Spesso ci davano anche delle squisite tavolette di cioccolato.

Un'altra espressione che appresi presto, perché era scritta sui muri di certe vie, era “Off limits”. Voleva segnalare ai militari che non era consentito loro di oltrepassare quel limite. Per ragioni di sicurezza o per la presenza, nella strada, di qualche donna che, spinta dalla necessità più che per scelta, s'era indirizzata verso la professione più antica del mondo. L'istinto di sopravvivenza, che è insito in ogni essere vivente, tanto più in una fase storica dominata da miseria assoluta, dava sfogo alla fantasia di molti. C'era chi aveva trasformato la propria casa in osteria, offrendo ai nuovi arrivati “eggs and chips”. E chi era diventato procacciatore d'affari per varie attività, lecite e illecite.

Altri, invece, tendevano a fare affari con gli angloamericani: favorendoli in alcune cose e ricevendone in cambio merci. Dal Rest camp, allestito nell'ex pastificio al lungomare dei Cavalieri, usciva ogni ben di Dio: scatolette di carne, dolciumi, biscotti, ortaggi secchi. Compresa quella polvere di piselli che Eduardo De Filippo, in una poesia, definisce “purcaria”. Immangiabile davvero.

L'ordine pubblico era assicurato dagli uomini della MP (la polizia militare statunitense), che facevano un uso alquanto disinvolto, e pesante, del manganello in dotazione. Mi passano ancora, davanti agli occhi, certe scene da brivido [metodi tuttora adottati dalla polizia in Usa: spesso ce ne danno conto i tg].

Una volta Gigino ricevette in regalo al Rest camp, dove s'era fatte amicizie importanti, una cassetta di datteri. Belli, grossi, maturi. Li portò subito a Nicola, che aveva un negozio in pieno centro. Nicola disse che valevano poco, gli diede una manciata di spiccioli: le famigerate AM lire [ved. foto], foglietti quadrati emessi in tagli che arrivavano da 1 (One) a 1000 (One thousand), però dal valore irrisorio (1 dollaro = 100 AM lire).

Il giorno dopo Nicola mise in vendita i datteri a un prezzo elevato. Gigino se ne accorse, ci rimase male, capì che era stato fregato, decise di passare all'offensiva. Si recò nella farmacia Falcone, in piazza Duomo, e si fece dare una manciata di citrato di magnesio. Appena arrivato in prossimità dell'esercizio commerciale di Nicola se ne riempì la bocca. Subito gli uscì una densa schiuma che gli inondò il viso fino al mento. Fece finta di contorcersi, di lamentarsi per il dolore allo stomaco e alla pancia. A Nicola, che se ne preoccupava, con un filo di voce disse: « Togli di mezzo quella roba, è avvelenata. Io per aver mangiato qualche dattero mi sono ridotto cos ì . Ho paura di morire. Tu, intanto, rischi di passare un guaio grosso. » Nicola abbocc ò all ' esca. Raccolse la cassetta con i datteri, corse nel retrobottega e rovesci ò tutto in una botola che si apriva sul letto del torrente. La vendetta aveva colpito nel segno.

© Sigismondo Nastri (da: Taccuino di un ottuagenario)

L'OPERAZIONE "AVALANCHE".

LA GUERRA VISTA DALLA GROTTA DI SANT'ELENA

Abitavamo nel cuore della Valle dei Mulini, all'ultimo piano del maestoso palazzo Anastasio, dove comincia a inerpicarsi la strada pedonale che conduce a Pontone, Minuta e Scala. Per noi l'accesso non era dal cancello centrale [ved. foto]

che immetteva ad una bella scalinata, arricchita da aiuole fiorite, due vasche con zampilli e pesciolini rossi. Il nostro ingresso era da un portone secondario, posto sulla sommità di una lunga rampa di gradini. Nel periodo più cruciale della guerra, quello che portò allo sbarco degli alleati, la notte tra l'8 e 9 settembre del 1943, il padrone di casa, don Andrea Anastasio, vecchio signore, erede di una facoltosa famiglia di armatori, ci consentì di occupare anche un'altra casetta, situata sotto uno sperone di roccia, nella parte più alta del giardino, corrispondente alla base del monte di Pontone. Lì saremmo stati più sicuri. A pochi metri c'era la grotta con l'effige di Sant'Elena, unica traccia di un antico monastero a lei dedicato. La "chiazza" antistante, un terrazzamento coltivato a viti, era il luogo dei nostri giochi. Di solito andavamo a caccia di lucertole, farfalle, passerotti, che torturavamo con una crudeltà di cui ancora provo vergogna.

Una volta ci capitò di scoprire, in una cavità della montagna, dei resti umani. Forse risalivano all'antica comunità religiosa. C'impadronimmo delle ossa più grandi - credo tibie – e le usavamo come spade per tirare a scherma.

Il mio posto di osservazione era in una stretta cavità di roccia. Solo io, campione di magrezza, riuscivo a entrarci. Me ne servivo nelle situazioni più pericolose. Come quella che mi vide testimone di una battaglia tra aerei angloamericani e tedeschi. O, forse, italiani. Uno di essi – la scena mi è rimasta impressa nella memoria - precipitò in fiamme oltre la montagna, in direzione di Castellammare di Stabia.

La nostra abitazione era a un centinaio di scalini dal rifugio. Papà vi tornava, con un amico fidato, Ulisse Ferrara (la moglie, Mafalda, era cugina di mia madre), a orari fissi. A volte, cedendo ai miei capricci, mi portava con sé. Innanzitutto, chiudeva a chiave la porta, le imposte delle finestre, facendo in modo che non trapelasse fuori un filo di luce.

Dopo di che accendeva la radio, una Magnadyne acquistata con molti sacrifici, e la sintonizzava prima sul giornale radio, poi su Radio Londra. Ne veniva fuori una situazione paradossale: da una parte si affermava che le nostre truppe avevano resistito agli attacchi alleati; dall'altra parte, con dovizia di particolari, si diceva che avevamo subito una terribile sconfitta, con grave perdita di uomini e mezzi. Papà mi spiegava che stavamo sull'orlo della disfatta, raccomandandomi di non farne parola con nessuno. Era proibito ascoltare la radio nemica, si rischiava di finire in galera.

Quando fu sganciata una bomba sulla cartiera Confalone, nella Ferriera, ne avvertimmo il fragore intenso. Non ci furono vittime, per fortuna. Stessa cosa quando le bombe caddero sulla piazza Flavio Gioia [tra il 17 e 18 luglio 1943], causando undici morti¹ e diversi feriti.

© Sigismondo Nastri (da: Taccuino di un ottuagenario)

¹ Questo l'elenco delle vittime: Andrea Abbagnara, tipografo, 29 anni; Giuseppe Amatruda, 16 anni; Carmela Benissimo coniugata Cassone, nota commerciante tessuti, 64 anni; Giuseppe Culicchi, sergente di fanteria, 32 anni; Antonietta Fiorenza, studentessa universitaria, 20 anni, e il fratello Francesco, studente, 16 anni; Pasquale Lenco, carabiniere, 21 anni; Vincenzo Marra,militare, 45 anni; Antonio Russo, militare, 33 anni; Alberto Giovanni Smiraglia, elettricista, 20 anni; Gennaro Tatillo, militare, 43 anni.

L'OPERAZIONE "AVALANCHE":

LA CONQUISTA DEL VALICO DI CHIUNZI NEL RICORDO DEI RANGERS

L'8 settembre 1993, mezzo secolo dopo lo sbarco degli alleati a Maiori, una rappresentanza dei Rangers [nella foto, al centro, Karl Lehmann e il sindaco Armando Imperato] tornò a "La violetta", oggi rinomato ristorante, per rievocare uno dei momenti più drammatici della guerra.

Conquistato il valico di Chiunzi, dopo lo sbarco a Maiori del 9 settembre 1943, il capitano Emil 'Doc' Schuster vi aveva improvvisato un ospedale da campo, in un fabbricato trasformato poi in pizzeria (La violetta), per assistere e curare i feriti. Un comportamento eroico, il suo: gli era stato recapitato l'ordine di spostarsi in un luogo più sicuro, ma rifiutò.

Per celebrare il cinquantenario di quelle vicende, consegnate alla storia, fu addirittura preparata una torta che ricostruiva - in miniatura e in modo assolutamente... dolce -

lo scenario apocalittico dell'epoca: paesaggio, accampamento, fortificazioni, uomini in armi. Il colonnello Herman Dammer, il capitano R. Noli Dyl, il sergente Carlo Harrison Lehmann ne rievocarono, con commozione, fatti e personaggi. Dyl rivendicò un merito: fu lui a catturare il primo tedesco, dopo aver messo piede a Maiori. « Lo sbarco non fu una passeggiata - confessò il colonnello Dammer -. Ci trovammo di fronte una forza non indifferente. » E aggiunse che « proprio sul Chiunzi si crearono le premesse per la vittoria nella disperata battaglia di Salerno. »

© Sigismondo Nastri

 

L'OPERAZIONE "AVALANCHE" :

QUANDO UOMINI E ARMI INVASERO MAIORI E IL VALICO DI CHIUNZI

Lo sbarco delle truppe anglo-americane, a Maiori, avvenne alle prime luci dell'alba, il 9 settembre 1943, preceduto, alle due di notte, dal lancio di paracadutisti. All'improvviso lo specchio d'acqua antistante la spiaggia fu invaso da una moltitudine di mezzi anfibi, che trasportavano a riva uomini e armi. Dalle navi, intanto, venivano sparati, a intervalli regolari, possenti colpi di cannone verso il valico di Chiunzi, dove erano le postazioni tedesche. Non si verificarono incidenti con la popolazione. L'unico che rischiò di rimetterci la vita fu Luigi Della Pietra, detto "Gigino 'e cacariello". Se ne stava a dormire, come d'abitudine, in spiaggia, a ridosso di una barca. Svegliato di soprassalto, e terrorizzato dalla scena che gli si parava dinanzi, scappò. Fu rincorso e ferito dai soldati americani.

Ecco come descrive lo sbarco Hugh Pond nel suo libro "Salerno!": « Ore 3,20. Le prime truppe incominciarono a sbarcare sull'estrema punta settentrionale della penisola di Sorrento, a Maiori, senza incontrare alcuna resistenza. Esse erano composte dai rangers americani agli ordini del tenente colonnello Bill Darby, e dovevano operare indipendentemente sul fianco del settore inglese. Una spiaggia scoscesa permise alle navi pi ù grandi di avvicinarsi alla costa e ben presto cominciarono a sbarcare il materiale con la precisione e la facilità di una manovra in tempo di pace. Queste tenaci truppe d'assalto avanzarono e si trincerarono in posizioni dominanti l' importante passo di Chiunzi, uno dei due varchi che portavano a Napoli. Da qui dominavano le strade e la ferrovia fra Salerno e Napoli. Tre ore dopo tutto il materiale e l'equipaggiamento erano a terra; le truppe si stavano scambievolmente congratulando per il successo di questa facile operazione. »

Di quell'avvenimento esiste una documentazione di grande valore storico, oltre che artistico: i tre dipinti che il professore Gaetano Conforti, architetto con la passione della pittura, realizzò seguendone le varie fasi, nascosto dietro le imposte socchiuse della sua abitazione, sita sul versante occidentale del lungomare.

Maiori fu invasa da carri armati, trattori, batterie motorizzate, convogli della Croce Rossa. I cittadini cominciarono ben presto a familiarizzare con gli americani, 1600 uomini del 1°,3°,4° battaglione Ranger, al comando del colonnello William D. Darby [ved foto], più quelli dell'83° battaglione mortai chimici. Non pochi rivelavano di essere figli di emigrati di queste zone. Una mattina, in piazza, un sergente stava parlando animatamente di questioni di servizio con carabinieri e persone del posto. Alla folla che s'era radunata intorno, il sottufficiale esclamò: « Ma che stamme pazzianno? Jatevenne a 'e case vuoste, ca dovimme fa 'a guerra. » Era, infatti, originario di Torre del Greco. Pi ù complesso il rapporto con gli inglesi, ai quali competeva la ronda notturna. Darby fu ucciso qualche anno dopo, addirittura a guerra conclusa, dalle parti del lago di Garda, ad opera di un cecchino. Intanto aveva meritato la promozione a generale.

A Maiori gli alleati si insediarono a palazzo Mezzacapo. Allestirono accampamenti negli "orti" del lungomare, impiantarono i loro ospedali nei giardini pubblici e nella chiesa di san Domenico. Alcuni camion parcheggiati nell'attuale piazza Mercato fungevano da magazzini per lo spaccio. Una sala al primo piano di palazzo D'Amato divenne circolo per gli ufficiali. Subito prese corpo un attivo commercio di sigarette, cioccolato, caramelle, biscotti, carne in scatola. Le vicende dello sbarco e dell'avanzata al valico di Chiunzi restano ancora impresse nella mente dei più anziani ma anche di figli e nipoti che le hanno sentito spesso raccontare. C'è chi ricorda che i tedeschi avevano minato il ponte di sant' Antonio, in località Ferriere di Tramonti.

Il proprietario di una casa, lì vicino, se ne accorse, sparò, uccidendone due. Quindi disinnescò le mine. Era stato, nella prima guerra mondiale, artificiere. Su questo episodio c'è un'altra versione, più verosimile. Due soldati tedeschi, in fuga, stavano cercando di far saltare il ponte, in modo da ostacolare l'avanzata delle forze alleate. Uno fu inseguito e ucciso da militari americani, l'altro tentò di nascondersi in una cavità rocciosa, ma precipitò nella scarpata. In località Croce dell'Arco i tedeschi ammazzarono una ragazza, Gelsomina Giordano, mentre attingeva acqua da una cisterna. A Conca di Pietre presero in ostaggio un contadino, Matteo Stefanini, per farsi condurre al monte Cerreto, che domina la vallata di Tramonti. I Rangers avevano il compito di portarsi, il più rapidamente possibile, al valico « per essere il fianco sinistro del Corpo d' Armata che sbarc ò vicino a Salerno poche ore dopo. » La loro marcia era accompagnata da massicci bombardamenti dell'artiglieria, dell'esercito, della marina e dell'aviazione verso le principali linee di rifornimento del nemico. Ma i tedeschi, pur non organizzati, attestatisi in posizioni strategiche, riuscivano a opporre una tenace resistenza. Sulle alture di Polvica sei tedeschi, uno dei quali ferito, furono capaci di tener fermi gli angloamericani per alcuni giorni. Fino a quando il maresciallo dei carabinieri non li convinse a deporre le armi, dato che non avrebbero avuto alcuna possibilità di fronteggiare ulteriormente le straripanti e ben equipaggiate forze alleate.

Conquistato il valico di Chiunzi, il capitano Emil "Doc" Schuster vi improvvisò un ospedale da campo, in un fabbricato trasformato poi in pizzeria ("La violetta"), per assistere e curare i feriti. Un comportamento eroico, il suo: gli era giunto l'ordine di spostarsi in un luogo più sicuro, ma rifiutò. Schuster morì sul campo, a Venafro, di lì a poco. E, per il coraggio dimostrato, gli fu conferita una decorazione.

© Sigismondo Nastri (pubblicato su Sette, settimanale del Corriere della sera, settembre 2013)

 

 

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