ANEDDOTI _SU _SANT' ALFONSO
In questo capitolo vengono riportati solo pochissimi aneddoti legati alla vita del Santo, che sono legati principalmente ai nostri territori
(1)
Missione della terra di Ciorani
da S. E. Alfonso Capecelatro LIBRO II Capo II – pag 201
ALLARGAMENTO DELLA SECONDA CASA
Un dì mancava assolutamente il danaro per continuare la fabbrica. Il Santo che nella sua fede conservò sempre una semplicità e un candore infantile, volle che i suoi giovani chierici scrivessero a questo fine una petizione a Gesù Cristo e la petizione la mise accosto al Santissimo Sacramento. Ed ecco che quel giorno stesso Alfonso, il quale molto aveva pregato il Signore per questo fatto, fu invitato a recarsi in Napoli per dare il suo voto a uno o forse a più cavalieri, che chiedevano di essere aggregati al Sedile di Porto, a cui apparteneva la Casa dei Liguori. Sulle prime, presentandosi al Sedile, lo presero per un pitocco, così malvestito e povero com' era ; onde fu malamente ricevuto dall' alabardiere che stava sulla porta ; ma poi riconosciuto, tutti gli fecero onore, alcuni perché era un nobile, e altri perché lo tenevano in conto d' un gran servo del Signore. Il Santo dette allora il voto richiesto, ed ebbe un' elemosina tanto cospicua, che bastò a completare la Casa di Ciorani con tre piani e tre ordini di celle, con la cucina di sotto e con uno spazioso refettorio.
(2)
Missione della terra di san Giorgio
Quanto poi alle cose da lui vietate non solo a comperarsi ma anche a riceversi in regalo nel tempo delle Missioni
Quanto poi alle cose da lui vietate non solo a comperarsi ma anche a riceversi in regalo nel tempo delle Missioni : Non v'ha dubbio , diceva egli , che i Secolari insistono , e pregano , anzi si accigliano , se si resiste ; ma siccome si edificano col persistere a ricusare, così restano ammirati , se si cede , e condiscende. Questa è una gran predica nelle Missioni , perchè i Secolari badano più a quello , che si fa , che a quello , che si dice ; e soprattutto si bada al trattamento , che i Missionari fanno di loro stessi. Nel che si mostrò mai sempre così fermo , e costante che non lasciava di riprendere i Superiori , se mai avessero in ciò per poco mancato. In fatti avendo egli risaputo , che chi presedeva alla Missione della terra di san Giorgio , non aveva avuto difficoltà di ripartire fra' Missionarj una torta , benchè comunale , ricevuta da una Monaca sua parente , lo corresse acremente , ed anche lo mortifico. Che anzi nelle cose stesse ordinarie , e triviali date talora in limosina si mostrava anche molto attento , e ritenuto.
(3)
Missione della terra di san Giorgio
P. A. Tannoia LIBRO II pag. 236
Avendo il p . Villani superiore della missione in san Giorgio avuto in dono una pizza rustica da una monaca sua parente, non ebbe difficoltà di partirla fra' compagni Alfonso avendolo saputo acremente lo corresse e lo mortifico. Ed anche allor che si dimorava in casa di qualche particolare esigeva con tutto rigore l'osservanza della medesima regola . Soleva dire: « I secolari non v' ha dubbio , che insistono e pregano, anzi si accigliano se si resiste ; ma siccome si edificano, se il missionario sta saldo , cosi re stano ammirati , se quegli cede e condiscende. Questa è una gran predica nelle missioni , perché i secolari badano più a quello che si fa che a quel che si dice ; e soprattutto si bada al trattamento che i missionari fanno di se stessi.
(4)
Missione della terra di Scala
pag. 126 VITA DEL B. ALFONSO MARIA P. D. VINCENZO ANTONIO GIATTINI
Nella Missione di Ravello ordinò all' Economo , che non avesse distribuito per ciascun Missionario più , che cinque fichi autunnali , benchè ne fossero venuti in gran quantità.
(5)
Missione di Pagani 1743
P. A. Tannoia pag. 107
Cap. XVI. Compiacimento dì re Carlo per la nuova casa ne' Pagani; applauso e liberalità del popolo gettandosi le fondamenta, ed opere apostoliche dì Alfonso e de' suoi.
Egli fu nel novembre di quest' anno e fuvvi ricevuto come un apostolo, riputandosi felice chi avesse potuto avere alcuna sua reliquia. Quivi accadde un fatto che merita di no» esser passato sotto silenzio. Abitava Alfonso in casa di d. Lorenzo Rossi. Avendo d. Teresa di lui figlia preso di nascosto dal fratello laico un paio di sottocalze di Alfonso, intinte di sangue, le conservava con somma divozione.
Essendo stata sgridata di ciò da un religioso, come di cosa non buona, per essere Alfonso ancora viatore, le diede in limosina ad un poveretto idropieo da molte tempo e tutto gonfio nella gambe. Non passò molto tempo, ed ella sei vide di nuovo in casa ristabilito e senza alcun male. Ammirando d. Teresa l'istantanea guarigione, quegli tutto lieto le disse: Da che mi deste queste calze, mi si sgonfiarono le gambe e mi vidi sano. Vale a dire che anche l' ombra di Alfonso era benefica e salutare.
(6)
Missione di Pagani 1744
P. A. Tannoia Libro II Cap. XXI pag. 122 - 123
Sussieguono altri torbidi ne' Pagani, stando Alfonso in Iliceto
(Puglia)
ATTENTATO DINAMITARDO ALLA CASA DI PAGANI
(il termine di sopra è improrprio perché la dinamite non era stata ancora inventata)
Non ancora soddisfatta ne' Pagani l'animosità de' contrari per quella Casa, altre machine si adoprano per abbatterla. Siccome negli Eletti permette Iddio, per maggiormente esaltarli, che siano malmenati, e posti a cimento, così permette, che le opere di sua maggior gloria, volendo far mostra di sua possanza, anche vengano contraddette, e bersagliate.
Ognuno credeva, essendosi ottenute provvidenze, così felici in Napoli, ed in Roma, che tutto fosse superato; ma non fu così. Finora il Contaldi se lanciava la pietra, nascondeva la mano, credendo ottener l'intento per mezzo di altri; ma vedendo, che si resisteva alla Sorella, e che nulla speravasi di guadagnare; tolta la visiera, si manifestò apertamente contrario.
Non tanto Alfonso partì per Puglia, che il Contaldi, avanzato l'Autunno del 1744 ritratta anch'esso la sua donazione, ed unito colla Sorella, comparisce nel Sacro Regio Consiglio. Non avendo ove appoggiarsi, si dichiara ingannato, avendosi usurpato i Missionarj il titolo di Congregazione, non essendo così stimati nè dal Re, nè dal Papa, chiamandoli il Re, ed il Papa semplici Sacerdoti. Cerca pertanto, che s'impedisca la fabbrica, protestandosi di aver fatta la donazione, non per una casa laicale, ma per eriggersi un Collegio Ecclesiastico: vuole come caduta la donazione; maggiormente che essi medesimi i Missionarj non aveano fabbricata che una casa laicale, senza forma nè di Collegio, nè di Monistero.
Tal fuoco ci fu di riverbero nel Sacro Regio Consiglio, che si destinò di persona da Salerno ne' Pagani il Regio Uditore Bottone, per l'appuramento de' fatti. Essendosi trovate insussistenti le pretensioni del Contaldi, l'Uditore nell'undecimo giorno di Gennaro 1745 confermò, e pose i Nostri nel possesso de' beni donati, anche in nome del Sacro Regio Consiglio.
Questa sconfitta non avvilì il Contaldi; ma animato da' suoi si presenta al Sovrano con un ricorso pieno più di livore, che di parole.
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Supplicandolo l'Uriglia di sua protezione, tanto è, disse il Marchese, pregarmi per questo, quanto invitarmi a nozze. A tre di Aprile essendoci stato nuovo riclamo de' Preti, e del Contaldi, il Re di nuovo dispacciò di non farsi la relazione, se non ritornato di Puglia il P. Liguori. Questo dispaccio non afflisse, ma costernò estremamente il Contaldi, ed ogni altro aderente.
Le piazze assalite, e non conquistate, per lo più producono certi estremi, che parti sono della disperazione.
Vedendosi inutile ogni attentato, e troppo patente la protezione del Re per Alfonso, e per li suoi, un'Anima nera, unita con altri di simil fatta, volendo dare alla radice, risoluto aveva piantar due barili di polvere sotto le fabbriche della nuova Casa, e mandarla in ruina. Si aspettava il momento; e succeduto sarebbe il gran travaglio in una notte, se nella sera antecedente uno dei congiurati, tocco da rimorso interno, non ne avesse fatto inteso il Padre Mazzini. Si diede riparo in allora, e per appresso, destinandosi gente a dormirci.
(7)
P. A. Tannoia Libro II Cap. XXVII pag. 108
IL padre di Sant' Alfonso il Capitano D. Giuseppe Liguori si reca a Ciorani 1747
Capitò tra questo tempo ne' Ciorani, non so se ansioso di vedere il Figlio, o per invogliarlo della prelatura, il Capitano D. Giuseppe Liguori, ma non entrato in casa, si compunge, osservando la povertà dell'edificio, maggiormente vedendo l'esemplarità de' nostri, il silenzio, che vi regnava, e l'odore di santità, che spirava da per tutto.
Tanto bastò per far idea del sole eterno, e scadervi dal cuore ogni cosa di mondo. Invidia la sorte del Figlio, e più non pensa a Vescovadi: lo abbraccia, lo bacia, e non si sazia di benedirlo. Non fu così breve la sua dimora; e vie più invogliato della condotta de' nostri, e della santità del Figlio, coraggioso risolve, non voler aver più che fare col mondo, ma vivere sotto la condotta del Figlio nello stato di Fratello serviente. Lo disse, ed avrebbero fatto; supplicò piangendo, ed insistette: Alfonso se si compiacque dell'umiltà di suo Padre, lo persuase non esser quella la volontà di Dio, e che Iddio volevalo in mezzo al mondo, per portare in casa sua la croce de' figli, e del proprio stato.
(8)
P. A. Tannoia Libro II Cap. XXVIII pag. 145
IL Re Carlo III lo vuole come Vescovo di Palermo 1747 ma . . . .
Essendo vacata agli 11 di luglio di quest'anno 1747 la chiesa di Palermo, per la morte di monsignor Rossi, il re erasi determinato di nominare a quella sede Alfonso. Molto alla era l'idea che di lui aveva concepita; e ben gli era nota la sua nascita, i suoi talenti e soprattutto il gran zelo ch’egli aveva per le anime e per la gloria di Dio.
Comunicando al marchese Brancone questa risoluzione, Se il papa, disse, fa delle buone provviste o voglio farle migliori del papa. Miglior occasione non poteva avere il marchese di questa per veder soddisfatte le sue brame. Approvò subito la scelta, anzi magnificò, come ispirata da Dio, una tale deliberazione.
Avendo chiamato a sé Alfonso, gli significò da parte del re quanto erasi determinato. Gelò Alfonso in sentirne la proposta ; pianse, e pose davanti agli occhi al marchese lo scandalo che ciò avrebbe cagionato tra’ suoi congregati ; e che mancando esso, sarebbe mancata con danno delle anime e del regno tutto, anche I’ opera delle missioni, che pure stava tanto a cuore al re. Pregollo di voler presentare al sovrano i suoi ringraziamenti, e di esporgli il detrimento che n’avrebbe sofferto l’opera e il voto da sè fatto di non accettare alcuna dignità.
Terminò scongiurandolo colle lagrime agli occhi, che, se amava la sua pace l'aiutasse facendo sì che il re mutasse pensiere. Fu tocco il marchese dalla somma angustia in cui vide Alfonso; ma il re in sentire la ripulsa, anzi che ritirarsi, maggiormente si confermò nel suo proposito. E adducendo il marchese il voto fatto da Alfouso di rifiutare qualunque dignità , Il papa, ripigliò il re, dispensa a tutto; e alquanto riscaldato soggiunse : questi tali riescono buoni vescovi, che non vogliono esser vescovi. Non può credersi, in quale e quanta afflizione si trovasse Alfonso per questa fermezza del re. Prevedendo, che col re si sarebbe unito anche il papa, non trovava pace nè di giorno nè di notte. Scrivendo al p. Cafora suo direttore, che dimorava in Caposele : « È tempo, dic'egli, d’orazione » e di preghiere, perchè mi vedo in una » grave persecuzione, e in un sommo travaglio. Il re ha stabilito di eleggermi arcivescovo di Palermo ; ma io piuttosto anderò ad intanarmi in un bosco, che accettare una tal dignità » .
(n.d.r.)
Si suggerisce al lettore desideroso di approfondire tali tematiche, di consultare i testi segnalati nella bibliografia sul Santo e riportata nell' apposita sezione.