FINALITA' DELLA PREDICAZIONE
DI SANT' ALFONSO
UN UOMO PER I SENZA SPERANZA
Basterebbe da solo il titolo di questo libro per rispondere in pieno alla domanda : " ma Sant' Alfonso che ruolo ha avuto nella predicazione e nella conduzione delle Missioni sul nostro territorio "
P. Théodule Rey-Mermet ( Francia 1910-2002 )
La catechesi e le predicazioni nel '700 così come viene indicato in molti lavori, risulta molto diffusa, almeno apparentemente , nella realtà purtroppo le cose non trovano riscontri nelle ricadute positive sulle tante comunità. Tale questione è ben trattata nel lavoro di GIUSEPPE 0RLANDI già citato nel capitolo storia di S. Alfonso.
In realtà è lo stesso Sant' Alfonso che lo cita a pag. 26 del suo quaderno di coscienza, de Liguori ha dunque scritto : << Quanto al giuramento di andare in mezzo ai pagani ...... >> . Che cosa è successo ?, il Santo era in procinto per partire per la Cina, per terre in cui regnava il " paganesimo ", perché si ferma, perché non parte più ?
" Le missioni si tenevano solo nei paesi, lasciando le campagne al loro abbandono"
(da Theodule Rey - Mermet pag. 77 )
Ecco, questa è la risposta che ci viene direttamente dal Santo, che si accorge del limite delle missioni svolte fino ad ora, e di ricercare quelli che sono << senza speranza>> non più in terre straniere, ma in quei territori del Regno disseminati sull' Appennino Campano, della Lucania, tra quelle montagne pietrose e di grigie colline scavate dall'erosione, nei bassipiani paludosi appestati dalla malaria, nei paesi appollaiati sui picchi calcarei per sfuggire alla pestilenza, terre povere e avare.
Di portare a questi uomini < senza speranza> una parola di conforto, di accendere in loro la " luce della fede " e di riportarli ad una vita più dignitosa.
Ogni sera, con parole toccanti, Alfonso sbriciolava per i più semplici qualche verità fondamentale della fede o una virtù cristiana. Altri sacerdoti intervenivano di volta in volta in gradevole successione. sI presentavano così le pratiche esortazioni ai doveri essenziali gli edificanti racconti della vita dei santi, la preparazione alle feste imminenti, ai sacramenti, il tutto sapientemente accompagnato da preghiere, canti, colloqui liberi e cordiali.
(da Theodule Rey - Mermet pag. 77 )
In realtà quello che è innovativo nella predicazione di S. Alfonso sono i metodi di trasferimento delle informazioni religiose. " Sbriciolava .........", si comprende in tal modo che i grandi paroloni, l'uso di linguaggio altezzoso e a volte anche con atteggiamenti intimidatori, non produce effetti nella modifica del comportamento dell'individuo. Ma attenzione a non cadere nell'errore di pensare ad un S. Alfonso con oratoria "puerile", perché come testimoniato dal Tannoia ma da altri autorevoli studiosi, alle sue prediche partecipavano con piacere di ascolto, ogni tipo di ceto sociale, dal nobile al "terrazzano" .
< " La sua clientela preferita era fatta di poveri e di gente minuta . Non per questo rifiutava personaggi in vista, nobildonne e cavalieri. La sua rete non scartava nessun pesce. Era convinto che l'autorità e l'esempio dei nobili avevano un grande peso per il bene o il male dei loro dipendenti. Pur tuttavia non si azzardò mai a frequentare i loro palazzi.
Era in chiesa che accoglieva tutti senza distinzione, né al confessionale c' erano turni di favore o precedenze di qualsiasi tipo. D'altra parte, nessuno ebbe mai da ridire : attendere a lungo, mescolati in mezzo al popolino, non era un prezzo troppo alto per la gioia di aprirgli la propria coscienza ". >
Quanto a lui, è proprio tra i piccoli che si accinge a piazzare le tende, ed è tra essi che farà sorgere una legione di santi.
(da Theodule Rey - Mermet pag. 57 )
IL CONFESSIONALE
Il pentimento suscitato dalla parola di Dio conduceva il peccatore al sacramento della riconciliazione. << A migliaia gli uditori del nostro giovane predicatore aspettavano con impazienza di potergli aprire la coscienza >>, dice il Tannoia.
Lui però non si sentiva del tutto sicuro di sedere a questo tribunale , del quale aveva compreso più le esigenze della missione di severità che non la missione di misericordia. Personalmente incline allo scrupolo, non era portato a dare assoluzioni a buon mercato, e ancor meno a negarne in nome della dottrina rigida assimilita da seminarista.
Per fargli vincere ogni paura al riguardo fu necessario un ordine formale del Cardinale Pignatelli. Tremando, egli si mise nel confessionale, deciso a non farsi scappare i due capi della catena : le esigenze della dottrina rigida e l' evangelica tenerezza di Cristo per i peccatori.
Per fortuna, in quanto avvocato di professione e assiduo frequentatore di ospedali e di prigioni, la sa lunga sulle miserie umane. Inoltre, cartesiano di formazione e uomo del suo secolo ---- quello dei lumi ---- non si ritiene dispensato, per l'autorità dei maestri dal rendersi personalmente conto delle loro teorie.
Infine, egli sitrova a sperimentare il delicato passaggio dalle teorie della scuola alle realtà della vita : una cosa è avere un manuale di teologia morale tra le mani, ben altra è averle grondandi di sangue redentore, da dare o rifiutare a uomini concreti che Cristo ha amato fino alla morte.
(da Theodule Rey - Mermet pag. 57 )
. LA PREDICA
(estratto in sintesi)
Riserbava d'ordinario per sè la predica grande della sera, che si fa terminato il catechismo. Non usava palco, come taluni, nè pulpito, ma servivasi di una cattedra ; la quale essendo bassa fa sì, che anche parlandosi piano si sente dal popolo la voce del predicatore, e le sue parole fanno in quello una maggior impressione. Prima della predica era solito di sollevare l' udienza con una di vota canzoncina ; anche per distoglierla dalle canzoni profane ed invogliarla delle sacre
( da P. A. Tannoia )
Quella di Sant' Alfonso è una macchina organizzativa perfetta, studiata nei minimi dettagli per poter raggiungere lo scopo prefissato,
" i senza speranza "
Ma dove dormivano e mangiavano tutti i componenti di questa organizzazione che a volte, in funzione del numero di abitanti del casale o della città, potevano essere anche oltre venti unità
ECCO LA RISPOSTA
L'Arcivescovo di Salerno conobbe , che Alfonso si contentava di un biscotto , e di un angolo di Sacristia .
Estratto da : CARDINAL D. LUIGI LAMBRUSCHINI CAPITOLO IX . ALFONSO PROSIEGUE LE SUE MISSIONI SPECIALMENTE NELLA DIOCESI DI NAPOLI
Pag. 73 - 4° capoverso
Sant' Alfonso compose diverse " canzoncine " finalizzate a rendere gradevoli alcuni momenti delle funzioni, ma soprattutto perché si diffondessero tra il popolo più agevolmente, sostituendo canti osceni in voga in quei tempi. Nel museo presso la Basilica di Pagani è conservato ancora il suo clavicembalo con cui componeva le musiche. Gaetano Greco ne fece un virtuoso del clavicembalo e un musicista appassionato e completo
Ma anche in Pittura ed Architettura ricevette grandi insegnamenti da Francesco Solimena
CLAVICEMBALO DI SANT' ALFONSO MUSEO DI PAGANI
DUETTO TRA UN' ANIMA E GESU'
TRASCRIZIONE ORIGINALE CON CORREZIONI AUTOGRAFE DEL SANTO
SVOLGIMENTO DELLA MISSIONE E DELLA PREDICA
Da P.A. Tannoia Cap. LII. Sistema tenuto da Alfonso nel corso delle sue Missioni
( TRASCRIZIONE COMPLETA DELLO SVOLGIMENTO )
Non voleva Alfonso, che fossero state, le sue Missioni, come si suol dire, un fuoco di paglia, che promette molto, e niente opera: voglio dire, che non fossero un fervore istantaneo, e passaggiero; ma voleva, che ne' Popoli radicata si fosse la divozione, e stabilmente assodata. Anche ne' loghetti di poche Anime vi si tratteneva i giorni quindeci; ma nelle Città grandi, e popolate, i venti, e ventidue, e talvolta il mese intero. Aveva a cuore, che li Popoli impossessati si fossero delle verità eterne, e dato taglio ai vizj, innestate si vedessero le virtù Cristiane.
Avendo per sistema, che tutto il Popolo si fosse confessato da' nostri, non usciva in Missione, se non aveva soggetti in numero proporzionato al paese; e nelle Missioni grandi arrivava a portare i diciotto, e venti, e talvolta di vantaggio.
Sette ore perduravasi la mattina nel Confessionale, inclusa la S. Messa; e la sera per lo meno, terminata la predica, confessar si doveva per altre due ore. Giungendo ne' paesi, pregava i Parochi, ed i Confessori del luogo, ma non costringevali per mezzo de' Vescovi, che per qualche tempo astenuti si fossero dall'ascoltar le confessioni.
Soleva dire, che chi per erubescenza ha fatto il sacrilegio col proprio Confessore, volentieri, perchè incontra maggior vergogna, lo fa di nuovo nella Missione: che le donne, ipecialmente le affettate divote, per non dar motivo di diffidenza ai loro Direttori, mal volentieri si portano dal Missionario, sedendo quello al Confessionale; ma non confessando i paesani, possono queste con libertà andare da chi vogliono. Pregavali bensì a volerlo ajutare nelle Comunioni generali, supponendosi il Popolo più volte riconciliato, e sodisfatto ne' suoi bisogni.
Aveva per massima fondamentale, di non interessare il publico con le sue Missioni, persuaso che se si spende uno scudo per i Missionarj, al darsi de' conti, forse coprendosi una spesa coll'altra, ne risultano i cento; ed il Popolo, anzichè desiderar la Missione, in seguito, anche offerta, la ributta. Ancorchè in somma povertà ei fosse, e tutto ritrar doveva dal carlino della messa, non per questo interessava il publico; ed ove non poteva, implorava la carità de' Vescovi, o di qualche divoto benestante.
Volendo accreditata la Missione, esigeva, che ricevuta, coll'incontro del Clero alla porta della Città, o Paese, col festivo suono di tutte le campane. In piazza faceva egli l'invito con un sermone, quanto breve, altrettanto commovente, ed unito col Popolo portavasi in Chiesa.
Adorato il Venerabile, apriva la Missione, rilevando con una predica le Misericordie di Dio sopra del paese; e ritirato in casa, per tre sere susseguenti destinava più soggetti, che fatto notte, coi Crocifissi inalberati, incrocicchiassero la Città, facendo de' svegliarini ne' luoghi più popolati, con invitar tutti ad assistere alla Missione.
Di per tempo la mattina eravi in Chiesa la predica per coloro, che uscir dovevano alla campagna. Finita la predica ognuno de' Missionarj seder doveva ai Confessionali, chi destinato per gli uomini, e chi per le donne.
Preso un breve riposo, destinava il dopo pranzo due de' suoi per la dottrina Cristiana a' fanciulli: uno per li figliuoli, e più provetto l'altro per le ragazze. Quest'opera avevala Alfonso sommamente a cuore, e non vi destinava, che i migliori soggetti. Non volendo i figliuoli nell'atto grande della predica, perchè incentivi o di disturbo, o di schiamazzi; procurava, che quest'esercizio fatto si fosse in altra Chiesa; e terminata la dottrina, eravi per quelli una predica istruttiva, adattata al loro talento.
Radunate le donne in chiesa, terminato il vespro, si cantava prima il rosario della Vergine, non già in latino, ma in italiano, affinchè intendessero ciò che dicevano, e avvezzatisi a così recitarlo, continuassero anche dappoi una tal pratica. Un padre che vi assisteva, avendo fatto l'introduzione e mostrato quanto quest'ossequio fosse caro a Maria santissima e quali indulgenze son concesse a chi divotamente lo recita, accennava e spiegava di mano in mano i misteri; e soprattutto raccomandava agli uditori che ogni sera lo recitassero in casa in comune con la famiglia.
Radunato il popolo, subentrava un altro soggetto a fare il catechismo grande. Questi sminuzzar doveva i principali doveri d'ognuno verso Dio, verso il prossimo e verso se medesimo. Spiegava tutte le cose necessarie a sapersi per fare una buona confessione, faceva vedere il grave danno che risulta dalle confessioni mal fatte, e soprattutto era attento in discoprire le diverse male arti con cui l'uomo toglie ingiustamente la roba altrui. In fine del catechismo voleva Alfonso che si raccontasse al popolo il gastigo, o la morte disperata avvenuta a qualche anima, che si confessava sacrilegamente. Così voleva che ogni giorno, dopo il racconto di questo esempio s'insinuassero al popolo varie pratiche di pietà, da esercitarsi alzandosi di letto la mattina e coricandosi la sera. Queste divote pratiche, ei diceva, tenute a memoria, operano del gran bene; ed esigeva che le madri le insegnassero ai loro figliuoli.
Riserbava d'ordinario per sè la predica grande della sera, che si fa terminato il catechismo. Non usava palco, come taluni, nè pulpito, ma servivasi di una cattedra ; la quale essendo bassa fa sì, che anche parlandosi piano si sente dal popolo la voce del predicatore, e le sue parole fanno in quello una maggior impressione. Prima della predica era solito di sollevare l' udienza con una di vota canzoncina ; anche per distoglierla dalle canzoni profane ed invogliarla delle sacre. Se la città era popolata e la chiesa parrocchiale non era capace di tutti, Alfonso, infervorato il popolo, apriva nello stesso tempo in altra chiesa, coi medesimi esercizi un'altra missione ; e talvolta ciò faceva anche in altre due e tre con grandissimo vantaggio.
Non era Alfonso amico di funzioni. Non voleva che si bruciasse la stoppa sui pulpito per indicare la vanit à mondana, o che si fulminassero scomuniche e maledizioni, o che si buttasse la stola in mezzo al popolo per atterrirlo e commoverlo. Queste cose, per suo avviso non sono atte ad altro che a procacciare odiosità al predicatore e a destare nel volgo semplice uno spavento sregolato, senza alcun profitto od emenda. Solo nella predica della morte esponeva a vista del popolo un teschio di morto ; acciocché a quella vista meglio ponderasse la vanità umana, conoscesse il suo nulla, entrasse in se stesso e si disingannasse. Cosi nella predica dell' inferno faceva portare in giro per la chiesa 1' immagine di un' anima dannata, accerchiata da diavoli. Essendo l'uomo materiale, soleva dire, apprende con questo più facilmente il gastigo del peccato e la bruttezza di un'anima nemica di Dio.
Non poteva soffrire che il predicatore ostentasse in chiesa flagellazioni e carneficine. Stimava queste Alfonso, anziché mezzi atti a compungere, argomenti di vanità pel predicatore e pel popolo a null'altro valevoli che ad eccitare schiamazzi. Si compatisce il missionario, soleva dire, ma non si abbomina il peccato. Costumava bensì tre o quattro volte battersi nel decorso della missione con grossa fune ; e faceva ciò non per farsi compassionare dal popolo, ma bensì per piangere anch' esso innanzi a Dio i peccati suoi e quegli degli altri. Così e non altrimenti voleva si praticasse da' suoi. Inculcava però che ciò non si facesse per funzione, ma con ispirito di penitenza ; in caso diverso, voleva piuttosto che il predicatore se ne astenesse ; e perciò diede ordine che battendosi questi, assistere sempre un altro padre per impedire che la fune da taluno non venisse strappata da mano del predicatore. Anzi essendo una volta accaduto, che un de' nostri compatendo la debolezza del suo compagno gli strappò di mano la fune; Alfonso ne lo riprese acremente, e gli proibì di celebrare nella mattina seguente. La cattedra, dissegli, è luogo di verità, non di apparenza; e noi non usciamo in missione per illudere la gente, ma per edficarla e convertirla.
A capo di due o tre giorni dopo cominciata la missione faceva cessare gli svegliarini per le strade; e dopo la predica grande della sera, uscite le donne, faceva restare gli uomini in chiesa, per li quali, smorzati i lumi, vi era la disciplina in comune. Tutti i padri vi dovevano assistere, ed uno di essi riassumendo i motivi dalla predica già a- scoltata, dava al popolo de’ sedimenti di compunzione, per disporlo a quell’atto; e vedevansi unitamente col po polo anche i primi gentiluomini piangere e dare soddisfazione a Dio de’ loro trascorsi.
Perchè tutti avesser campo di confessarsi, e per togliere di mezzo i sacrilegii che commetter si potevano per umano rispetto, non permetteva che alcuno si comunicasse prima della comunione generale. Precedeva a tutte le altre la comunione de’ giovanetti e di quelle fanciulle che non passavano i quattordici anni; la quale era seguita da quella delle zitelle e delle vedove. A queste facevasi in qualche altra chiesa per tre giorni successivi un sermone sui pregi della castità.
Alla comunione delle donzelle succedeva quella delle maritate che si faceva precedere dal bacio di pace tra di loro, e da una perfetta riconciliazione. Anche per queste vi era nel pomeriggio in qualche luogo appartato un sermone istruttivo sopra i doveri dello stato coniugale.
Finalmente per gli uomini, avendosi un giorno festivo, anche vi era la Comunione generale, con precedervi similmente tra di loro il bacio di pace, ed un comune riconciliamento. Tutte queste comunioni erano accompagnate da rispettivi fervorini, col festivo suono di organi, e campane, intervenendovi tutti i Padri , e suggerendo de' divoti sentimenti. Queste comunioni generali facevano la consolazione, non solo delle famiglie, ma anche delle intere popolazioni.
Tre giorni prima della comunione generale degli uomini, si soprassedeva dalla disciplina in comune, e rilevavasi la prima sera ai medesimi, quanto a Gesù Cristo fosse a cuore tra' Cristiani la scambievole carità, e quanto in abominio le risse, ed i rancori. Si animavano gli offesi alla riconciliazione; ed ai piedi del Crocifisso, detestando ognuno le proprie vendette, riconciliato vedevasi con suo offensore. La seconda sera si esaggerava l'enormità delle bestemmie, e vi era lo strascino della lingua per terra.
Fatte le Comunioni generali, la sera, dopo l'atto grande della Predica, anche restando gli uomini in Chiesa, uno de' Padri rilevava loro per circa mezz'ora, la bruttezza di ciascun vizio particolare, come l'ubbriachezza, e quanto disconvenga ad un Cristiano; gli effetti perniciosi del giuoco; gl'inconvenienti, che porta seno la disonestà contro l'uomo, e contro Dio; il gran bene, che produce alle Anime la frequenza de' Sacramenti; l'esser assiduo alle rispettive Congregazioni. Così gli effetti di altra virtù, o vizio.
Terminate le prediche delle Massime, eravi per tre o quattro giorni un pio esercizio meditativo, ch'egli chiamava Vita Divota.
Consisteva questo per prima in istruire il Popolo sulla maniera di mentalmente orare; spiegavane la necessità, e mettevasi in veduta l'utilità di sì pio esercizio. Indi per un'altra mezz'ora facevasi praticamente meditare la dolorosa passione di Gesù Cristo. Erano così teneri in bocca sua questi sensi della Passione, che vedevansi in Chiesa fiomi di lagrime; ed ove prima si piangeva per dolore, in questa meditazione facevasi per amore.
Volendo commuovere sensibilmente il Popolo, dava a vedere nell'ultima di queste meditazioni una gran tela, ov'era dipinto Gesù morto in Croce, delineata da esso medesimo, ma tutto sangue, e lacero nelle membra. Questa meditazione, che di per se attirava le lagrime ad ognuno, operava il maggior frutto nella Missione.
Se il Popolo non era tutto sodisfatto, specialmente colla Sacramentale Confessione, soleva portare più in lungo questo pio esercizio. In queste sere specialmente si benedicevano i varj abitini di Maria Santissima, e le corone di S. Brigida, enunciandosi le indulgenze, che accordate vi erano da' Sommi Pontefici.
Varie erano in Missione le opere di Alfonso. Assalita generalmente la piazza, attacava anche i suoi forti in particolare. Stimando il Clero Secolare e Regolare come la porzione principale di ogni paese, non lasciava mezzo per vederlo rimesso ne' proprj doveri. Uno, o due Sacerdoti convertiti, o maggiormente illuminati, in senso suo, bastavano per santificare una popolazione. Si davano a questi li santi esercizj, senza intervento de' secolari, o da esso medesimo prima della predica, specialmente ne' primi tempi, o destinavaci altro soggetto di valore. Voleva, che ove un qualche Prete, o Religioso cercato avesse di confessarsi, si lasciasse tutto, e se li dasse ogni sodisfazione.
Non era meno impegnato per le Claustrali. Anche a queste, ove vi erano, si davano li santi esercizj. Esiggeva da esse amore al Coro, ed odio alle grate; rilevava le brutte conseguenze de' carteggi, e corrispondenze con persone di fuori; e quella pace di cuore, che porta con se il distacco dalle creature.
Avrebbe desiderato in tutte il vivere in perfetta Comunità, e potendo la promoveva. Era di sentimento bensì, ed insinuavalo a' suoi, che non essendo tutte concordi a volersi spropriare, non si toccasse questo punto, e si lasciasse il Monistero nello stato in cui si trovava. Una diffidente , ei diceva, che vi fosse, (ed avevalo appreso colla esperienza) è capace di svolgere tutte le altre, e non solo si ritorna allo stato di prima, ma benanche vi succedono scandali, risse, e gravi dissapori. Contentavasi almeno, che vi fosse osservanza regolare, frequenza de' Sacramenti, ed amore all'orazione.
Avendo di mira rimettere in buono stato, e render di edificazione i Gentiluomini, siccome ai Preti, così a questi anche si davano a parte
li santi esercizj. Tutto il bene di un paese, diceva Alfonso, dipende per lo più dalla moriggeratezza de' Gentiluomini. Il Popolo vede, ed imita. Sollecitava questi a presto riconciliarsi con Dio colla Sacramentale Confessione. Anche vi era per essi la Comunione generale, precedendo tra di loro un bacio di pace, e rimettendosi, se ci fosse stata qualunque ingiuria, ed offesa.
Era solito ne' luoghi popolati dar gli esercizj anche agli Artieri, ed a persone di mezzana condizione. Istruivali ne' loro doveri, ed animavali alla frequenza de' Sacramenti.
Ove le carceri erano popolate, come nelle capitali delle Provincie, soleva darvi anche gli Esercizj, e ristorare quella feccia di gente colle prediche, e colla Sacramentale Confessione: ed ove pochi erano i carcerati, anche facevali prima istruire da un Padre per due, o tre giorni, ed indi ricevere le loro confessioni.
Queste diverse opere di esercizj al Clero, e Secolari intraprender soleva nel medesimo tempo. Non avendo sufficienti soggetti ne' primi anni dell'Istituto, vedevasi egli fare le due, e tre prediche al giorno; ma in seguito le dipartiva tra i suoi.
I paesi non si vedevano assediati, ma assaliti, diciam così, nell'istessa ora. Le Missioni del P. D. Alfonso, dir soleva un Gentiluomo , non sono assedii, ma assalti. Tal'era il sentimento comune.