BREVE STORIA DI SANT' ALFONSO
MARIA DE' LIGUORI
Per comprendere meglio la " Storia " legata alla vita di Sant' Alfonso occorre innanzitutto contestualizzare gli eventi nel periodo storico del '700 in cui la povertà e il degrado sia morale che religioso, dilagavano nelle grandi città .
Nei borghi delle piccole comunità invece, la mancanza di cultura, legata alla mancanza di una catechesi e ad una assenza anche spirituale del clero, rendeva difficile la vita ed i rapporti interpersonali necessari al benessere stesso della comunità.
Senza speranza, erano invece gli uomini in quei territori del Regno disseminati sull' Appennino Campano, della Lucania, tra quelle montagne pietrose e di grigie colline scavate dall'erosione, nei bassipiani paludosi appestati dalla malaria, nei paesi appollaiati sui picchi calcarei per sfuggire alla pestilenza, terre povere e avare.
La catechesi e le predicazioni nel '700 così come viene indicato in molti lavori, risulta molto diffusa, almeno apparentemente, nella realtà purtroppo le cose non trovano riscontri nelle ricadute positive sulle tante comunità. Tale questione è ben trattata nel lavoro di GIUSEPPE 0RLANDI di cui si riporta solo la questione iniziale.
Il quadro storico con le problematiche connesse alla figura della " donna " e delle cosiddette “Malefemmene” viene proposto invece con il lavoro della Dott.ssa Giulia Castelnuovo dell' Università di Milano e Grenoble, in cui si pone l'accento proprio su queste problematiche che, trovarono in Francia i primi approcci di soluzione. E' proprio nello studio di queste tematiche, legate anche ad una catechesi, più teorica e a volte anche dura, basata sul terrore di Dio e non dell' amore verso Dio, poco compresa dal popolo, che si inserisce la figura di Sant' Alfonso con le sue innovazioni nella predicazione.
Naturalmente il presente lavoro vuole solo essere un " modesto contributo " a quanto è stato scritto su Sant' Alfonso, con l'augurio di poter accendere una piccola fiammella di interesse nei lettori, soprattutto nei giovani, affinché ritorni l'amore per queste nostre terre intrise di " storia " ma che il tempo ed il degrado della società stanno velocemente cancellando.
(n.d.r.)
GIUSEPPE 0RLANDI
S. ALFONSO MARIA DE LIGUORI E L'AMBIENTE MISSIONARIO NAPOLETANO NEL SETTECENTO
LA COMPAGNIA DI GESU'
E' stato scritto che il Settecento fu il « secolo delle missioni popolari » Anche a Napoli, dove varie famiglie religiose vi si de dicarono con un impegno pari a quello delle congregazioni diocesane fondate con tale specifica finalità A dire il vero, il riconoscimento dell'importanza assunta allora dalle missioni non va di pari passo con l'approfondimento del ruolo svolto dalle singole organizzazioni missionarie. Che senso ha dire che la tale istituzione era solita predicare ogni anno molte missioni?
Si dovrebbe precisare quali forze era in grado di mettere concretamente in campo, quanti mesi impiegava nelle campagne missionarie annuali e quante località raggiungeva, che metodi applicava, di quali mezzi finanziari e logistici si avvaleva, se la sua opera si inseriva in un contesto strategico di evangelizzazione, se nella sua attività si alternavano fasi di crisi a fasi di fervore, ecc.
Queste sono soltanto alcune delle domande che ci si dovrebbe porre, non le sole. Anche !imitandoci ai missionari, bisogna dire che sappiamo tuttora ben poco su di loro - se si eccettuano i personaggi maggiori -, sui canali di reclutamento, sulla preparazione specifica, sullo zelo dimostrato, ecc. Nonostante le ricerche condotte negli ultimi anni, talora con risultati eccellenti, molto resta in questo campo da fare. Si ha l'impressione che un'analisi approfondita dei suddetti elementi porterebbe a tracciare un quadro forse meno ottimistico ma più oggettivo della situazione.
Questa constatazione riesce spontanea a chi si ponga a studiare le origini della Congregazione del SS. Redentore. Se le organizzazioni missionarie allora esistenti erano cosl efficienti come qualcuno ritiene, e se rispondevano veramente alle esigenze non solo di Napoli, ma anche delle provincie del Regno, non si comprende per quale motivo s. Alfonso dette vita e cercò di diffondere - con le grandi difficoltà che i suoi biografi hanno dettagliatamente descritto - un nuovo Istituto missionario. Tanto valeva restare membro della Congregazione delle Apostoliche Missioni, nella quale era entrato ancora chierico\ o arruolarsi in una delle varie famiglie religiose tradizionalmente dedite a tale tipo di apostolato. Per esempio, i Pii Operai - ai quali apparteneva Tommaso Falcoia, suo venerato maestro e consigliere - che vantavano una secolare esperienza in questo campo. Che cosa indusse s. Alfonso a cercare vie nuove? E, anzitutto, quale panorama si presentò davanti ai suoi occhi di Fondatore? E' quello che si propongono di illustrare queste pagine, anche se per forza di cose il loro ambito sarà limitato.
GIULIA CASTELNUOVO
Il quadro storico e la figura della " donna " nel degrado morale
“Malefemmene”
A partire dalla seconda metà del Cinquecento l'Europa conobbe un forte incremento demografico e uno sviluppo economico sostenuto, ma visse al contempo un periodo di inquietudine, smarrimento e profonda trasformazione culturale: il mondo era cambiato con l'arrivo di Colombo in America, dove esistevano popoli che non conoscevano Gesù, e le scoperte scientifiche incrinarono l'immagine dell'universo e di Dio; la chiesa cattolica del vecchio continente si spaccò in seguito alla Riforma di Lutero. Tra il 1535 e il 1559 riprese la lotta tra Francia e Impero, e con la pace di Cateau Cambrésis il nuovo re spagnolo Filippo II acquisì saldamente il controllo e stabilì l'egemonia spagnola sul ducato di Milano, sul Regno di Napoli, di Sicilia e di Sardegna, dominio che si sarebbe protratto per tutto il XVII secolo, concludendosi solo nel 1714.
La nascita dei conservatori per convertite
A partire dall'inizio del Cinquecento alcuni dei fattori di equilibrio che reggevano la società europea iniziarono a incrinarsi e la sensibilità collettiva lentamente cominciò a modificarsi. Le capacità di assorbimento dell'economia urbana si indebolirono. Aumentò drasticamente lo scarto tra i salari urbani, relativamente alti, e quelli rurali, intaccati invece dalla crescita demografica. Questo portò a un'elevata immigrazione di poveri e disoccupati verso le città e a un'erosione progressiva dei salari urbani, anche a causa dell'aumento dei prezzi delle derrate di prima necessità. Col finire del secolo le persone che non riuscivano più a vivere delle proprie risorse e del proprio lavoro divennero sempre più numerose e un'ondata di poveri, indigenti, vagabondi, bisognosi invase le città europee
Funzione dei conservatori per convertite
ll fine della reclusione nei conservatori era quello di correggere la situazione o i comportamenti che avevano portato alla perdita dell'”onestà” e riabilitare le donne attraverso un soggiorno che, a partire da una condizione di marginalità, le reinseriva all'interno della comunità. A riguardo questo fine, pratico oltre che simbolico, è ben chiarito nelle direttive del conservatorio parigino del Saveur: “après avoir demeuré le temps qu'elles jugent a propos dans la communauté, elles reparaissent dans le monde sans qu'on puisse les soupçonner, si leurs fautes passés ont été cachés.” Alla base non c'era solo la morale religiosa ma anche il principio etico dell'onore: mentre la nozione di peccato aveva una valenza teologica, quello di onore / disonore aveva anche un significato che è da ricercare nel codice morale laico maschile “mediterraneo”
Conservatori per convertite a Napoli
I conservatori per convertite erano medie o piccole comunità femminili, dallo stato economico cronicamente precario, a volte situate nei quartieri più malfamati della città, chiuse al contatto con l'esterno attraverso alti muri, porte e finestre munite di inferriate e con l'imposizione di una rigida clausura. Erano dei luoghi di reclusione femminile temporanea sotto l'autorità del vescovo, ma amministrati da un capitolo di laici, generalmente patrizi cittadini. A Napoli esistevano anche conservatori regi, che quindi non sottostavano al potere religioso dell'arcivescovo.
Nacquero in primo luogo per recludere le donne che conducevano una vita “immorale e scandalosa”, le “donne avezze a vita mondana, sensuale et rilassate nel peccato” e le ribelli all'autorità paterna. Erano volti alla reclusione delle prostitute pubbliche e delle adultere, ma ospitavano nella pratica soprattutto tutte quelle nubili che avevano perso la verginità all'infuori del matrimonio o erano sospette di aver avuto un comportamento di scarsa “onestà”, di cui il quartiere di residenza e il parroco erano a conoscenza.
PER APPROFONDIMENTI SI CONSULTI IL SEGUENTE LAVORO
DELLA DOTT.ssa GIULIA CASTELNUOVO
Situazione socio religiosa nella Napoli del ‘700
Senza volerci addentrare su descrizioni dettagliate delle condizioni Socio - Religiose nella Napoli del '700, appare chiaro ed evidente, da quanto citato nel lavoro della Dott.ssa Giulia Castelnuovo, un quadro di degrado e di perdita di valori che nemmeno la Chiesa riesce più ad arginare.
E' proprio questo stato di degrado, in cui si curano solamente gli effetti ma non le cause, che si troverà immerso il nostro Sant' Alfonso Maria De' Liguori.
(n.d.r.)
Breve biografia di Sant' Alfonso Maria De' Liguori
La vita e l' opera completa si può leggere dal lavoro del primo Biografo di Sant' Alfonso
OPERA DEL P. ANTONIO M. TANNOIA
DELLA VITA ED ISTITUTO DI S. ALFONSO MARIA DE' LIGUORI LIBRO PRIMO DALLA NASCITA DI ALFONSO NEL 1696 FINO ALLA FONDAZIONE DELLA CONGREGAZIONE DEL SS . REDENTORE NEL 1732.
P. A. TANNOIA PRIMO BIOGRAFO DI S. ALFONSO
Il religioso fu il primo a raccogliere le testimonianze sulla vita del santo vescovo
Antonio Benedetto Tannoia nasce il 26 ottobre 1727 a Corato, il 16 ottobre 1746 è a Deliceto come novizio. In questa casa, vide per la prima volta sant'Alfonso.
Padre di Alfonso fu D. Giuseppe Liguori, ottimo soldato, e Capitano delle Galere di Napoli, felicitando questo Regno l'Augusto Carlo VI.. Unì D. Giuseppe alla nobiltà de' natali un viver esemplare, e tutto Cristiano; frequentava le Chiese, e i Sacramenti; e fu esente da quei trasporti militari, che talvolta mettono in dimenticanza l'onore di Dio, e la propria Anima. Andando in corso colle Galere, il suo stanzino sembrava una cella di Camaldolo. Oltre l'esser piena d'immagini sante, portava con se quattro statuette, di circa palmi due, di Gesù appassionato, che poi donò, ed ora si venerano nella nostra Casa di Ciorani; cioè Cristo all'Orto, alla Colonna, mostrato al Popolo, e colla Croce sulle spalle; e diceva, che da questa sua divozione a Gesù addolorato ricevuto avea delle molte grazie, e singolari. Era poi D. Giuseppe nemico di conversazioni per se pericolose, e non ometteva quelle divozioni che sono proprie, e che fanno la caratteristica di un Cavalier Cristiano.
Madre di Alfonso fu D. Anna Cavaliere, Dama anch'essa troppo cara a Dio, e di un merito assai singolare. Fu figlia questa gran Donna di un Padre, e di una Madre amendue Santi. Padre di D. Anna fu D. Federico Cavaliere, originario Patrizio della Città di Brindisi, Capo un tempo de' Popoli Salentini; e sua Madre fu D. Elena di Avernia, nobile anch'essa, di origine spagnuola. In tale stima fu D. Federico presso li nostri Sovrani, che oltre varj importantissimi impieghi, che li vennero addossati, morì in tempo dell'Augusto Re Carlo suo Consigliere nella Real Camera di S. Chiara. Era tale l'idea, che si aveva della virtù di D. Federico, che il padre Niccolò di Ruggieri Pio Operaio, da cui dipendeva nello spirito, vedendolo nella Chiesa di S. Giorgio Maggiore, additandolo a suoi Congregati, soleva dire: Ecco l'uomo, a cui sta bene l'elogio di Giobbe, cioè semplice, giusto, e timorato di Dio .
da P. A. Tannoia
Sortì i suoi Natali Alfonso Liguori in un Casino della propria Casa in Marianella, uno de' Casali di Napoli, correndo l'anno di nostra salute 1696; e propriamente ad ore tredici nel ventisettesimo di Settembre, giorno, com'è noto, dedicato ai gloriosi Martiri i Santi Cosma, e Damiano. Reggeva la Chiesa di Napoli l'Eminentiss. Cantelmi: sedeva sul Vaticano Innocenzo XII.; e felicitava l'Impero, e questo Regno Leopoldo Augusto primo di questo nome tra Romani Imperatori.
Trasportato in Napoli, rinacque alla grazia Alfonso nella Parrocchia di S. Maria delle Vergini a 29 del medesimo mese, in giorno di Sabbato, sotto agli auspici dell'Arcangelo S. Michele. Nel battesimo venne denominato Alfonso, Maria, Antonio, Giovanni, Francesco, Cosmo, Damiano, Michelangelo, Gasparo. Si volle onorata in esso da D. Giuseppe, e da D. Anna la memoria de' loro antenati; e maggiormente quella di quei gloriosi Santi, ne' fasti de' quali il Bambino era nato al Mondo, e rinato alla grazia. Con modo speciale però venne posto Alfonso, nato che fu, sotto la protezione di Maria Santissima, che, come a suo figlio, in ogni bisogno gli avesse fatto d'Avvocata e Madre, e perciò gli fu dato il nome di Alfonso Maria.
da P. A. Tannoia
Estratto da S. Alfonso e le missioni popolari del 700
Nato il 27 settembre 1696 sullo scintillante golfo partenopeo, Alfonso porta nel cuore tutti i segni dell'esuberanza della sua terra. Nel 1723 abbandona il foro napoletano, sensibile all'evangelizzazione dei regnicoli più abbandonati. Appena trentunenne, superando ostacoli di ordine familiare e pastorale, penetra deciso nel difficile mondo dei pescatori, dei lazzaroni, degli esclusi, dei venditori ambulanti, delle masse informi e disprezzate brulicanti nei vicoli periferici della sua città, con un programma ardito ma lineare: una sana, semplice ed efficace istruzione religiosa, tendente a costruire un cristianesimo più autentico e impegnato.
Alfonso deve far breccia in un popolo materiato di ignoranza religiosa e vittima delle infiltrazioni giansenistiche e giusnaturalistiche del tempo, nonché arginare forme devozionistiche ed emotive troppo spesso lontane dalla fede più genuina.
BETTOLE E PROSTITUTE NEL '700
Viaggio nei bordelli napoletani
Il volume di Salvatore Di Giacomo: l'umanità dolente nei “bassi” dal XV al XVII secolo
Ma l'impegno di Alfonso fu più risolutivo nella rieducazione del popolo verso una più giusta e sobria fenomenizzazione della fede: le devozioni dovevano nascere da una maturità cristiana e da una più sostenuta riflessione sulle verità della fede.
“L'impressione più incisiva che lasciano i documenti sulla vita a Napoli scrive il De Maio a metà del Seicento è che le pratiche devozionali sono inversamente proporzionali alla cultura religiosa. La deficienza è significativa anche da un'altra constatazione; che fra l'ignoranza vasta e, talora, incredibile del ceto plebeo e la dottrina della sparuta élite di intellettuali, mancava una cultura religiosa media”
Troppe persone si barcamenavano in una comoda contaminazione di devozionismo (processione, quarantore, benefizi di altari, apologie del miracolo di S . Gennaro) non sorretto da maturità di fede, e di una vita non proprio esemplare (gioco, meretriccio, usura e superstizione). L'immenso Olimpo della chiesa napoletana, sempre disposto a concedere uno stallo a ogni santo, gli innumerevoli Crocifissi di interesse turistico e devozionale, i quadri miracolosi della Vergine, migliaia di reliquie che costellavano altari e pareti, integravano la tipica devozione napoletana del tempo
Tutto questo Alfonso, schietto figlio della sua terra pensò di purificare e valorizzare. La missione popolare, per i suoi contenuti dottrinali, per la coreografia che comportava, gli offriva il terreno adatto per convogliarvi le proprie esperienze, per appagare la sete di un apostolato costruttivo, teso alla realizzazione di un programma dinamico: portatore la Redenzione alle anime più abbandonate. Comunque Alfonso, forse, non avrebbe potuto muoversi altrimenti nel campo dell'apostolato. In pieno ‘700 infatti Napoli si ritrova terra di missioni popolari, nate all'indomani della Controriforma.
Sarà opportuno, a questo punto, per inquadrare e focalizzare l'apostolato alfonsiano, un accenno alle grandi linee di sviluppo e sistemazione della missione popolare.
In Spagna, dove l'eresia poco aveva attecchito, la missione popolare si sviluppò sulla linea di particolari esigenze tendenti a rinnovare la vita cristiana, a rimuovere il popolo dal peccato, dall'indolenza e indifferenza religiosa. E ai gesuiti spagnoli gli storici riconoscono la paternità di una prima sistemazione della missione popolare.
Dinamica missionaria di S. Alfonso
Quando nel 1732 Alfonso de Liguori, che in precedenza aveva partecipato alle missioni come membro della congregazione degli Illustrissimi, fonda la congregazione del SS. Redentore con chiaro scopo missionario, trova davanti a sé un metodo missionario già maturato e collaudato per anni, le cui grandi linee erano servite di norma ai missionari di tutte le congregazioni. “…Circa gli esercizi di missione scrive Alfonso , già ve ne sono molti libri che ne trattano a lungo, specialmente v'è la bell'opera del R. Sacerdote D. Filippo De Mura, intitolata Il Missionario istruito
Non possiamo pertanto affermare che Alfonso abbia creato un nuovo metodo missionario; egli ha piuttosto inserito il suo apostolato nel ritmo di quello del Regno di Napoli, arricchendolo di indovinate caratteristiche proprie. Un tipo ecclettico come il suo non poteva che selezionare la parte che a lui sembrava migliorare fra i tanti metodi missionari allora in auge, integrarla continuamente e apportare quelle modifiche che il suo spiccato intuito pastorale via via gli suggeriva.
Già nell'agosto del 1733 nella corrispondenza tra Alfonso e il Falcoia si accenna a un abozzo di regolamento delle missioni che il Santo va elaborando e che il suo direttore spirituale desidererebbe conoscere: “… Non mi dispiace il sentire il vostro regolamento nelle Missioni”
Prima codificazione scritta sulla prassi missionaria redentorista resta, comunque, quella presentata nella sessione del 20 ottobre 1744 del Capitolo Generale dell'Istituto. In tale data il regolamento fu ampliamente discusso, approvato e inserito negli atti del Capitolo stesso.
Lo scritto si compone di un diffuso prologo, ispirato per il suo contenuto al manuale missionario del De Mura, riguardante lo scopo delle missioni, le doti dei missionari, la preparazione immediata e il comportamento dei padri durante il tempo della missione. Nel 1760 Alfonso pubblica a Napoli una Breve istruzione degli esercizi di Missione con le sue regole e pratiche ad uso dei giovani della sua Congregazione, che più tardi inserirà nella più vasta opera Selva di materie predicabili ed istruttive.
Finalmente nel Capitolo Generale del 1764 fu nuovamente presentato e approvato il suddetto regolamento missionario. Nel 1783 apparve il Commentario delle nostre missioni secondo il regolamento regio , dove si notano alcuni ritocchi validi e opportune precauzioni dettate da fattori geo politici.
1. Dimensione psicologica
Il metodo poggia su presupposti di alto valore psicologico. Si pensi al canto delle canzoncine dalla facile linea melodica, sorrette da un testo lineare e di dottrina soda che, articolato tra le austere funzioni della missione, solleva, istruisce e fa pregare.
Nella predicazione missionaria nulla va trascurato, ma si fa leva su tutti l'uomo: intelligenza, fantasia, cuore, sentimento, sensi esterni… Le funzioni vengono così condite da quel tanto di coreografia, anche spettacolosa, in modo da avvincere e trasportare le anime su un piano soprannaturale.
2. Dimensione pastorale
Il metodo alfonsiano tende alla conversione totale dell'uomo attraverso la via dell'amore secondo le istanze teologico pastorali.
Da principe dei moralisti, che non ignora le finezze psicologiche e le norme della pedagogia, Alfonso avverte i missionari a non fondare le prediche sul terrore ma sull'amore: “…Quelle anime che lasciano il peccato, mosse dal solo timore dei divini castighi, finita la missione e cessato lo spavento, appresso facilmente ritornano agli antichi vizi; ma quelle che restano legate a Dio con l'amore, facilmente perseverano… E dico la verità essere una gran miseria il vedere che i predicatori, ordinariamente parlando, di tutt'altro trattano che dell'amore verso Gesù Cristo, dopo che questo Dio ha fatto e patito tanto per farsi amare”
3. Dimensione auxologica
La missione nel pensiero del Santo non è un punto di arrivo, ma di partenza per un ulteriore sviluppo , crescita o maturazione nella vita cristiana. A questo tenderebbe l'altra caratteristica del sistema alfonsiano: la rinnovazione di spirito.
Quattro o cinque mesi dopo la missione, uno o due padri ritornano sul medesimo luogo per rimettere in grazia quelli che nuovamente hanno prevaricato e per risvegliarne il fervore, conservando in una serie di prediche la stessa tematica missionaria e insistendo maggiormente sulla perseveranza nel bene.
Negli Statuti Capitolari elaborati nel 1764 a Pagani, con l'intervento del Santo Fondatore, venne raccomandata con finezza psicologica la presenza del missionario istruttore o predicatore nel corso della rinnovazione: “…Le rinnovazioni di spirito si faranno quando si può, dai medesimi padri, che fecero la missione, o almeno ci sarà l'istruttore o predicatore, ma in minor numero e nello spazio di pochi giorni; s'è stabilito che in esso si proceda col massimo rigore della regola che nelle missioni, così nel vitto e viaggio come in ogni altra cosa… Per lo mantenimento di quest'opera di tanto frutto e di tanta gloria a Dio, siano solleciti i rettori locali a scrivere a tempo a chi si deve ed usarsi qualche industria acciò non restino attrassate (arretrate)”
Estratto da S. Alfonso e le missioni popolari del 700
P. Alfonso Amarante insieme a P. Paolo Saturno e P. Antonio Di Masi, altri due redentoristi di primo piano per la diffusione del culto di S. Alfonso.