(San Nazzaro – Benevento)
La Tenuta degli Urciuoli
Sognò.
Sognò piccoli cesti di panetti lievitati e pronti per il forno nella stanza del casale in cui erano dipinte frasi latine che lei cercava di pronunciare con l'aiuto della sua maestra, che continuava ad offrirle in un piattino quei deliziosi biscotti a forma di animaletti che le piacevano molto e che sceglieva con dovuto riguardo e delicatezza.
E proprio da uno di quei dolcetti all'improvviso provenne un verso cupo, mesto, simile al suono dell'ultima delle vocali, ripetuto più volte, ad un ritmo cadenzato. A guardar bene, la forma del frollino era quella di un gufo! Sognò lo spavento e il respiro affannato, poi il suo grido che si confuse con quel verso inquietante. Si svegliò di soprassalto e si trovò avvolta dal buio e dal silenzio della notte.
Sentì solo la voce di quel gufo farsi ancora più vicina; forse era rintanato nell'incavo del tronco di un albero nei dintorni. Non altre voci. Provò angoscia e solitudine. Chissà per quanto tempo aveva dormito. Si alzò e incominciò a correre disperata, pregando ad alta voce verso il chiarore della luna, unico conforto in quel momento oscuro e interminabile.
Eppure quella luna sembrava dare luce solo a sé stessa e non a quell'anima solitaria e abbandonata. Non badò agli zoccoli perduti nel campo: in quel silenzio misterioso un senso di terrore profondo la travolse nello spazio e nell'oscurità. Immaginò due grosse pupille di un vivo arancione che la fissavano, e grandi ali spiegate che planavano su di lei per afferrarla con enormi artigli.
Le sembrò di avvertire un assordante svolazzo che si confuse con il tumulto dei battiti del suo cuore. Continuò la sua corsa disperata seguendo il fioco bagliore della luna che illuminava debolmente il tratturo. Sentiva il respiro sempre più affannato, quasi a soffocarla; a tratti si fermava, in ascolto: quel cupo verso era sempre più forte!
Sopraffatta dalla paura e dall'angoscia corse e corse ancora, sempre di più, sopportando perfino il dolore ai piedi che casualmente urtavano contro pietre e steli spezzati.
Fu un tempo indefinito.
Si sentì salva solo scorgendo finalmente le luci del casale. Le parve di coprire quel tratto a volo spiegato, quasi come un sogno, in un breve lasso di tempo. Era sfinita ma ciò che contava era la fine di quell'incubo. Ancora impaurita raggiunse la cucina: era adirata e fermamente intenzionata ad affrontare sua madre e chiederle spiegazioni di quell'abbandono nei campi.
Ma si accorse con sorpresa che la cena era già servita sull'enorme tavolo: cibo fumante e sostanzioso, adatto alla pesante giornata di lavoro. Tutti erano seduti a chiacchierare tranquillamente: nonni, genitori, contadini. Nessuno parve notare la sua improvvisa presenza, né la sua precedente assenza.
In silenzio si voltò e lasciò la stanza. Raggiunse la balaustra al di fuori e si sedette sulle scale. Un miscuglio di emozioni tinse il suo viso fresco di lacrime: la paura lasciò il posto allo sconcerto, poi alla rabbia, alla delusione, al dolore, alla tristezza…. Come può una mamma dimenticare una figlia così piccola nei campi ? Si chiese sconvolta.
Spingo lo sguardo fin dove mi è possibile scorgere la balaustra in pietra e il casale ormai ramificato: in silenzio sta scontando l'incuria del tempo e il suo finale abbandono. Eppure è lì, la sua anima, ancora viva e inscindibile da quella terra, unica spettatrice del suo triste e ultimo lamento. Lentamente mi lascio alle spalle la masseria: le sue rovine sembrano emanare fruscii, voci, suoni, sguardi.
È una quiete rara e malinconica che ora sento indugiare nei meandri del cuore.
Margherita Tirelli
FINE
LA TENUTA DEGLI URCIUOLI 2022
(San Nazzaro – Benevento)