La Storia Tra Sacro e Profano
IL_RITO
DI _SAN _BIAGIO_ IN _ALTRI _LUOGHI
Premessa
Il " Rito di San Biagio ", viene condotto in maniera diversa dalle singole comunità in cui si celebra e si venera il Santo, esso consiste, qualunque sia la modalità di esecuzione, nella " invocazione del Santo ", seguita poi dalla gestualità di esecuzione e conclusione del rito.
La nascita di questo antico rito ci perviene dalla trattazione della cosiddetta " Passio " di San Biagio, cioè di quei momenti molto intensi che precedono la morte del Santo .
Riprendendo invece una " pratica medica " scritta nel VI secolo da Aetio Amideno ( Ezio di Amida ), già visto in capitolo precedente, in cui egli si rifà alle tradizioni orali impiegate nel culto di San Biagio ed in particolare nell' invocazione fatta al Santo per ottenere la guarigione.
IL TERMINE IN ROSSO E' BLASIOU
TRADUZIONE
Per coloro che ti hanno invocato con sincerità, divenuto il piccolo medico salvatore, ascolta la mia supplica e con il tuo potere la spina che dà preoccupazione a questo bambino non visitato rimuovi da lui, curandolo e qualora in seguito o tra gli uomini o neonati, o animali, accadesse qualche volta qualche cosa di simile qualcuno allora si ricorderà del mio nome dicendo " o Dio " per intercessione del tuo servo Biagio affretta il suo soccorso medico fa subito la sua guarigione per l'onore e la gloria del tuo nome.
Traduz. a cura del Prof. Alberto Sammartino
LE FORMULE UTILIZZATE
PER INTERCESSIONEM SANCTI BLASII, EPISCOPI ET MARTYRIS, LIBERET TE DEUS A MALO GUTTURIS ET A QUOLIBET ALIO MALO
PER L'INTERCESSIONE DI SAN BIAGIO, VESCOVO E MARTIRE, IL SIGNORE TI LIBERI DAL MAL DI GOLA E DA OGNI ALTRO MALE. IN NOME DEL PADRE E DEL FIGLIO E DELLO SPIRITO SANTO. AMEN .
Ovviamente, tutte le comunità religiose conducono tale rito, finalizzato principalmente alla cura e salvaguardia della gola, con modalità diverse, secondo rituali che si ripetono nel rispetto di tradizioni plurisecolari, che hanno modificato solo alcuni aspetti relativi alla sicurezza di svolgimento di tali riti .
Ad esempio, il rituale di benedizione della gola con le candele incrociate, mentre una volta queste candele erano accese realmente, oggi invece, per le citate norme sulla sicurezza, si conduce con candele spente.
Qui sotto, le immaginette di Santini di San Biagio, nel primo è descritto il rito propiziatorio della benedizione della gola mediante le candele incrociate, nel secondo invece il rito con l' unzione della gola mediante olio benedetto.
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___RITO CON CANDELE INCROCIATE ________RITO CON UNZIONE ________ ____
ICONOGRAFIA
La sua iconografia più diffusa è quella di vescovo, con la mitria in testa, spesso con due candele incrociate che simboleggiano la protezione sulla gola , a volte mentre benedice il bambino che aveva la lisca in gola , altre volte con simboli del suo supplizio,il pettine per cardare la lana.
San Biagio lo si venera tanto in Oriente quanto in Occidente, e per la sua festa è diffuso il rito della “benedizione della gola”, fatta poggiandovi due candele incrociate oppure ungendola e facendo una croce con l'olio benedetto, sempre invocando la sua intercessione . Dalla Chiesa Romana viene festeggiato il 3 febbraio.
IL RITO CON CANDELE INCROCIATE
Le candele sono quelle che il giorno prima, 2 Febbraio, vengono benedette nel rito della cosiddetta " Candelora " .
Candelòra s. f. [lat. tardo ( festum ) *candelorum per candelarum (v. candelaia ); il mutamento di genere è prob. dovuto a incrocio con ( festum ) cereorum , cioè «festa dei ceri», come anche fu chiamata in alcune regioni].
– Nome dato in passato, alla festa della Purificazione di Maria Vergine e in seguito, con la riforma liturgica postconciliare, attribuito alla festa della Presentazione di Gesù al tempio (2 febbraio) e, oggi come in passato, all'annessa benedizione delle candele con relativa processione.
Alla ricorrenza fa riferimento il noto proverbio: Per la santa Candelora O che nevichi o che plora , Dell'inverno siamo fuora; S'egli è sole o solicello , Siamo ancora a mezzo il verno (proverbio che ha parecchie varianti regionali, tra le quali quella romanesca: Quando vien la Candelora , De l'inverno semo fora; ma se piove o tira vento , De l'inverno semo drento ).
Parrocchia di Lanzara CANDELORA 2 febbraio 2020
( fot. Gaetano Ricciardelli )
ORIGINI PIU' ANTICHE
La purificazione della Beata Vergine Maria.
Storia della Candelora
Cardinal Schuster (1884 - 1954 ) - Liber sacramentorum, Volume IV seconda ed. 1939
Dobbiamo cercare le origini di questa festa a Gerusalemme, dove, secondo la Peregrinatio Etheriae , la troviamo celebrata alla fine del IV secolo , con il nome di Quadragesima di Epiphania. Nel giorno dell'Epifania, gli orientali celebrano anche la prima apparizione del Verbo di Dio nella carne umana.
Nel 542, un editto di Giustiniano lo introdusse a Costantinopoli, da dove poi si diffuse in tutto l'Oriente e arrivò a Roma. Nell'elenco dei Vangeli del manoscritto di Würzburg, la festa, die II mensis februarii , non ha titolo, e non appare nel posto che dovrebbe occupare regolarmente; questo indica che era stata recentemente introdotta a Roma. Ma verso la fine del VII secolo, Sergio I, di origine greca, ne aumentò notevolmente lo splendore, ordinando di precederlo con una processione di penitenza alla basilica liberiana, come le altre tre grandi feste della Beata Vergine. In questo modo si affermò meglio il carattere eminentemente mariano di questa solennità, che, tra gli orientali, era precedentemente considerata una festa del Signore.
L'antico nome ricorre Domini ha però lasciato tracce profonde nell'attuale ufficio; così che l'invito delle veglie notturne, le letture, la colletta, le antifone e il prefazio del Natale celebrano ancora l'incontro di Gesù Bambino con Simeone nel tempio, lasciando piuttosto nell'ombra la purificatio della Vergine sua Madre. Né questo stesso nome compare nel Liber Pontificalis , dove si parla dello status di papa Sergio in relazione al dies sancti Simeonis ; e per trovarlo per la prima volta nei documenti liturgici romani, è necessario ricorrere al sacramentario gelasiano, dove il nome di purificatio tradisce tuttavia un'origine gallicana.
La processione stazionaria era entrata troppo bene nelle consuetudini liturgiche di Roma perché il silenzio del gelasiano su questo punto ci permettesse di concludere che non esisteva quando fu scritta. Papa Sergio dovette certamente basarsi sui precedenti. Il Sacramentario gregoriano del tempo di Adriano I lo cita indubbiamente; molto di più, in un Ordo Romanus del manoscritto di Saint-Amand curato dal vescovo Duchesne, abbiamo ancora una preziosa descrizione del rito secondo il quale si svolgeva intorno all'anno 800.
All'alba del 2 febbraio, dai vari titoli e diaconi della Città, partirono altrettante processioni parrocchiali, che si diressero verso la chiesa di Sant'Adriano al Foro Romano. Per dissipare il buio della notte in questi modi ingombro delle rovine degli antichi palazzi della Roma imperiale, i fedeli portavano candele accese, mentre il clero cantava e cantava antifone, alle quali il popolo rispondeva con la solita esclamazione: Kyrie eleison. Appena il Papa arrivò con i diaconi alla basilica del martire Adriano, entrò in segreteria e, in segno di penitenza, prese la casula nera; i suoi assistenti fecero altrettanto. Poi il clero e le varie scholæ cantorum sono stati ammessi, alla presenza del Pontefice, per ricevere dalla sua mano il cero.
Terminata questa distribuzione, i cantori cantarono l'antifona dell'introito: Exsurge, Domine , conservata nel nostro attuale Messale, e il Papa fece il suo ingresso solenne nel tempio di Sant'Adriano. Dopo l'introito è arrivato il canto del Kyrie , come in tutte le altre messe, seguito dalla colletta - oggi conservata solo dal Sacramentario gregoriano - ed è iniziata la processione.
La memoria dell'antica litania septiformis sopravviveva ancora così tanto nell'uso liturgico di Roma, che il popolo, addirittura nel IX secolo, si divise in sette gruppi, ognuno preceduto dalla sua croce. Più tardi, cioè nel tardo medioevo, sappiamo che diciotto immagini del Salvatore e della Vergine, tra le più venerate in Città, furono sostituite dalle croci.
Il Papa camminava scalzo, ed era preceduto da due accoliti con candele accese in mano, mentre aveva al suo fianco il suddiacono che faceva oscillare il turibolo fumante. Due chierici portavano ciascuno una croce davanti al Pontefice, seguiti dalle scholae dei cantori che cantavano e disponevano in buon ordine.
La processione, attraverso i Fori di Nerva e Traiano, si spingeva verso l'Esquilino, lasciando sulla destra il Titolo di Eudossia, poi giù per il colle nei pressi di Santa Lucia in Silice ; dietro l'abside del Titolo di Equizio si risaliva la leggera elevazione del colle, dove sorge il Titolo di Prassede, e da lì si proseguiva in linea retta verso la basilica liberiana.
Le scholæ eseguivano antifone greche e risposte tradotte in latino, ancora conservate nel Messale; il clero cantava salmi e risposte acrostiche, fino a quando, nei pressi di Santa Maria Maggiore, veniva cantata la litania ternaria, così chiamata perché ogni invocazione veniva ripetuta tre volte.
Dopo la processione è arrivata la messa, in cui, secondo l'antico rito stazionario, non sono stati recitati né il Kyrie né il Gloria .
Gli antichi documenti liturgici romani non menzionano alcuna benedizione speciale delle candele; queste, inoltre, venivano distribuite a Roma per tutte le altre processioni notturne, e ciò non costituiva alcuna caratteristica particolare della festa dell'Ipapante. Bisogna scendere al X secolo per trovare descritto il rito di questa benedizione delle candele in un Sacramentario di Corbie attribuito all'abate Ratold (+986).
A Roma, la prima menzione della benedizione delle candele si trova nell'Ordo del canonico Benedetto, che è della prima metà del XII secolo; ma anche allora questa benedizione non era esclusiva propria della festa della "Candelora"; perché nelle altre tre processioni mariane si parla anche di candele benedette.
Cencio Camerario riferisce che a suo tempo il Papa, la mattina di quel giorno, si recò con i cardinali a Santa Martina, e lì, dopo aver cantato l'ufficio di terzo, distribuirono le candele, dall'alto di un trono eretto all'aperto, sulla Via Sacra, davanti alla porta della basilica; queste candele erano state benedette in precedenza dal più giovane dei cardinali sacerdoti. Il Sesto è stato cantato nella vicina basilica di Sant'Adriano, dove, dai diversi Titoli di Roma, si sono riuniti il clero parrocchiale e il popolo, con le immagini e le croci. Quando tutti erano riuniti, la processione sfilava. Al posto delle sue solite scarpe, il Papa usò sandali per la strada, che tuttavia tolse alla porta di Santa Maria Maggiore, dove fece il suo ingresso scalzo; Per questo, prima di celebrare la messa stazionaria, si ritirò nel sacrario dove i suoi cubicularii gli avevano preparato l'acqua calda per lavarsi i piedi.
Ritratto fotografico del cardinale Schuster ( 1929 )
( Giuseppe Farabola )
PREPARAZIONE DELLE CANDELE
LE CANDELE SONO PRONTE PER IL RITO
BENEDIZIONE
BENEDIZIONE
San Biagio nel Sud della provincia di Salerno
A Sud della provincia di Salerno , San Biagio è patrono di numerose comunità . Nelle Diocesi di Vallo della Lucania e di Teggiano , il culto è ben rappresentato. Partendo dal Cilento , alla benevolenza del Vescovo e Martire, si affidano Montecorice, Matonti (Laureana Cilento), San Biase (Ceraso) e Casal Velino. Una devozione particolare è percettibile proprio in quest'ultimo. Nel giorno della ricorrenza il paese accoglie numerosi devoti che giungono dai paesi vicini. Fra i centri degli Alburni , invece, è patrono di Ottati. Nell'entroterra del Golfo di Policastro , sotto la sua protezione è posto Sicilì (Morigerati) che celebra la festività patronale in due occasioni durante l'anno: oltre al 3 febbraio anche a maggio. Pur sconfinando oltre i confini territoriali, è bene ricordare che una magna devozione è presente nella vicina Maratea , noto centro costiero della Basilicata tirrenica. E infine, ritornando nel perimetro salernitano, nel Vallo di Diano San Biagio protegge Atena Lucana.
San Biagio tra Culto e Leggenda
Abruzzo
ESTRATTO DAL LIBRO " IL CIBO E IL SACRO "
( Roberto Cipriani - Luigi Lombardi Satriani - Armando Editore 2013 )
( Pag. 129 )
Alessandra Gasparroni
( Soprintendenza Storico - Artistica ed Etno Antropologica di Teramo )
Si è detto del timore dei contadini e dei pastori intorno alla possibilità di ammalarsi durante il loro lavoro invernale all’aperto ma, per estensione, tutti quelli che si ammalavano per un problema legato alla gola, soprattutto i bambini, ricorrevano a rimedi della medicina popolare abruzzese, insieme ai rituali devozionali di San Biagio.
Diffusa era l’abitudine di batter piccoli colpi sulla parte alta della schiena ed invocare in dialetto il nome del santo, quando al bambino andava di traverso un boccone.
Antonio De Nino registrò, durante le sue ampie ricerche sul territorio, alcune pratiche sanatorie che intrecciavano elementi della medicina povera a quelli taumaturgici del santo, quasi che lo stesso operatore, mentre applicava la cura, fosse investito delle capacità miracolose peculiari del personaggio sacro; l’autore ne parla sia nella raccolta delle sacre leggende che in quella dedicata a malattie e rimedi .
. . . . . . . . Questa particolarità gli permise, tornando a casa, di salvare una bambina affetta da un mal di gola che la stava soffocando.
Ma, aggiunge De Nino, ogni persona devota a San Biagio poteva diventare a sua volta medico e salvatore, come lui.
Prendendo il polso della mano destra del malato e strisciando su e giù con l’indice e il pollice della mano propria, si doveva invitare ad inghiottire, alternando i gesti dello strisciare a quelli del formare un segno di croce, sempre sul polso.
Tutta la terapia era accompagnata dalla recita di questa preghiera: «Sante Biasce, de nove fratelle, E de nove remaste a otto, E de otto remaste a sette, E de sette remaste a sei, E de sei remaste a cinche, E de cinche remaste a quattre, E de quattre remaste a tre, E de tre remaste a du’, E de du’ remaste a une: Sante Biage, squaglie ste cagliune ! [ganglii]».
Tutto il rito doveva essere ripetuto per nove volte e si concludeva con la frase: «Ji te segne e Die te sane».
E se De Nino aggiungeva che il pollice della mano dell’operatore doveva essere bagnato di bava o di olio prima dello strofinamento del polso , Gennaro Finamore rilevava un’altra tecnica che accomunava la cura praticata dal popolo al rito operato nella celebrazione del santo, ieri come oggi.
Lo studioso evidenziava che il metodo della frizione fino all’arrossamento nasceva dalla convinzione che i ganglii dei polsi si ingrossassero insieme a quelli della gola e, oltre a citare l’esortazione a San Biagio, registrava anche l’unzione del collo con grasso di lupo o di gallina nera, unzione che si accompagnava al successivo sfregamento della gola del malato.
Il rito disvela alcuni tratti peculiari dell’orizzonte magico come la formula degradante del numero nove nella preghiera e la gallina nera, protagonista di riti stregonici.
E utile accennare, in questa sede, alla presenza e persistenza in alcune zone d’Abruzzo dell’unzione rituale della gola in chiesa durante la celebrazione della festa, unzione che si praticava con una piuma di gallina (spesso di colore nero) intinta nell’olio sacro.
Il bagaglio di saperi, storie, tracce perdute si stratificava nel tempo permettendo contaminazioni del vecchio e del nuovo, del paganesimo e del cristianesimo, del magico e del religioso, in un eterno equilibrio che dava facoltà ai fedeli di ripetere gesti, attraversando la storia.
La gola assumeva aspetti polivalenti.
Come parte anatomica doveva essere curata con le preghiere e le unzioni ma anche con il passaggio, nella sua cavità, di un cibo sacro che sanava.
Il transito dell’alimento benedetto dall’esterno all’interno del corpo però poteva salvare l’uomo dall’altra malattia, nel significato della gola come vizio capitale, nel quale non bisognava indugiare e, nel contempo, il concetto di far passare dalla bocca qualcosa che scendeva nello stomaco e donava sazietà alludeva all’immagine dell’abbondanza, della pienezza.
. . . . . . . . . Nella gola entravano la malattia ed il pane sacro, per estensione le tante “gole” della città: i forni, nei quali entrava ed usciva il pane, erano benedetti dal sacerdote nelle prime ore del mattino del 3 febbraio, nei territori di Teramo .
L’offerta di cereali e la confezione di pani offerti e consumati in occasione di rituali legati al mondo sacro risalgono ai primordi del mondo agricolo.
SANTI AUSILIATORI E PATRONATI
di San Biagio
Per i miracoli operati, così come emerge dalle Agiografie soprattutto medievali, e la vastità dei patronati San Biagio è compreso fra i quattordici "Santi Ausiliatori" , cioè un gruppo di 14 santi (Acacio, Barbara , Biagio , Caterina, Ciriaco , Cristoforo , Dionigi, Egidio , Erasmo , Eustachio, Giorgio, Margherita, Pantaleone, Vito; in Italia fu aggiunto s. Magno), alla cui intercessione i fedeli si rivolgevano per particolari necessità.
SANTI AUSILIATORI
La devozione, sorta, come sembra, in Germania e documentata la prima volta in una lettera del vescovo di Passavia (1284), si intensificò durante le epidemie degli anni 1346-49. Agli A. furono dedicati ospedali e santuari (celebre quello di Vierzehnheiligen, Würzburg, 1448) e anche una messa propria, in seguito abolita (1618) (*) .
(*)_ ( fonte. enciclop. Treccani )
QUADRO AUSILIATORE
Per il miracolo del maialino è patrono dei porci e dei porcari, e protegge contro le bestie feroci; per il tormento dei pettini di ferro San Biagio è patrono dei cardatori.
Altri patronati nascono da analogie o assonanze; poiché il latino Blasius ricorda il tedesco blasen (soffiare), in Germania è patrono dei suonatori di strumenti a fiato; per l'assonanza Biagio / bacio in molte regioni è il patrono dei fidanzati; per la somiglianza con il francese blé, grano, in Francia viene invocato prima del raccolto.
Patronati di San Biagio
ESTRATTO DA ARMAND TCHOUHDJIAN
San Biagio Nel Mondo
Il culto di San Biagio, oltre a tutta l' Europa ed i paesi dell' Est, è diffuso in tutto il mondo, qui se ne darà solo un cenno, facendo riferimento ad alcuni paesi d' oltre oceano.
AMERICA DEL NORD
IN CANADA
Immagine di Olivier Touzeau , 15 maggio 2020
Comune
Saint-Blaise-sur-Richelieu: 68,42 km², 1.850 abitanti
La parrocchia di Saint-Blaise fu istituito (erezione canonica) l'8 ottobre 1890. Le comune di Saint-Blaise è stato istituito il 6 ottobre 1892, composto dal quattro cadetti di Saint-Valentin, Saint-Jean, St-Cyprien e Sainte-Marguerite-de-Blairfindie (L'Acadie).
Il 10 agosto 1898, il La parrocchia di Sainte-Elisabeth a Montreal ha organizzato un pellegrinaggio a Saint-Blaise, Pubblicato il 5 agosto 1898 su "La Patrie".
"San Biagio è specificamente coinvolto contro per curare il mal di gola. Coloro che vogliono essere guariti o protetti dovrebbero unirsi ai sacerdoti che, come approvato dalla Santa Sede, si applichino al collo due candele benedette e recitano la preghiera: 'Per intercessione di S. Blasio, vescovo e martire, che il Signore ti preservi dal mal di gola e da qualsiasi altri mali [...]». In questo paese, dove questa devozione è stata introdotta alcuni Anni fa, era stato registrato un gran numero di guarigioni miracolose. Lasciateci tutti approfitta dell'occasione e vai al santuario di San Biagio per venerare le reliquie del grande santo e siano applicate candele benedette in suo onore".
"Mal di gola" era infatti il gozzo, la cui causa, la carenza di iodio, sarebbe chiarito solo decenni dopo.
ISOLA DI MALTA
CAPPELLA DI SAN BIAGIO A MALTA
Descrizione
È una cappella lungo la strada situata nella campagna tra i villaggi di Siggiewi e Rabat. La cappella è governata dalla Cattedrale Metropolitana di San Paolo a Medina. La prima cappella sul sito fu costruita nel tardo medioevo nel 1430. A differenza della maggior parte delle chiese di Malta, questa cappella non è stata menzionata nel rapporto dell'inquisitore Pietro Dusina del 1575 durante il suo viaggio apostolico a Malta. Ciò può essere dovuto al fatto che la cappella era stata distrutta a quel tempo; tuttavia si accennava che un certo Canonico Tesoriere della cattedrale aveva il Prebendario di San Biagio. L'attuale cappella fu edificata nel 1691 per iniziativa del Reverendo Canonico Antonio Manso che all'epoca aveva il Prebendario di San Biagio. Una targa all'interno della cappella ricorda l'evento della ricostruzione e cita il vescovo di Malta Davide Cocco Palmieri e il Gran Maestro Gregorio Carafa.
AMERICA MERIDIONALE
Santo Patrono del Paraguay
PARAGUAY AMERICA DEL SUD
Si ritiene che San Blas sia il santo patrono della Repubblica del Paraguay per la protezione che gli spagnoli chiesero a San Blas al momento della conquista, quando affrontarono gli indigeni nel forte di Corpus Christi, fondato da Juan d'Ayolas .
Ciudad de Itá è il principale Santuario di San Blas
Il 3 febbraio 1539, grazie al tempestivo arrivo di rinforzi da Buenos Aires, gli spagnoli riuscirono a respingere l'attacco degli indigeni.
Gli spagnoli consideravano più che una coincidenza l'uscita vittoriosa dalla battaglia contro gli indigeni il 3 febbraio, giorno di San Blas. In quel periodo si diffuse la notizia che il trionfo spagnolo avvenne per l'apparizione sulla torre principale del forte di un uomo vestito di bianco e armato di spada e che era associato a San Biagio.
SANTUARIO DI SAN BIAGIO
Inoltre, se è il patrono del Paraguay, è il patrono di altre città in quel paese come la seconda città di quel paese, Ciudad del Este in Alto Paraná e. Per la celebrazione del giorno di San Blas a Villarrica-Guairá, la famiglia López fece costruire un oratorio per collocare una statuetta di San Blas che arrivò in quella città dall'Asunción durante la guerra tra il 1865 e il 1870. Da quel momento in poi, il giorno del santo patrono si festeggia nei giardini dell'oratorio con un pranzo comunitario.
INTERNO DEL SANTUARIO
Nella città di Itá-Dipartimento Centrale, la festa del suo patrono viene commemorata con una novena che inizia nove giorni prima del 3 febbraio, questo rosario inizia con le campane della cattedrale a mezzogiorno, vengono lanciati fuochi d'artificio e razzi, annunciando l'inizio della Festa patronale. Attualmente Ciudad de Itá è il principale Santuario di San Blas nel paese paraguaiano.
ESPOSIZIONE DELLA STATUA DEL SANTO
PROCESSIONE DI SAN BIAGIO
Sono fedeli di diverse età, sesso e condizioni sociali, vengono a piedi, a cavallo, in macchina, come possono per chiedere la benedizione perché hanno molta fiducia in San Blas. Chiedono la protezione del Paraguay e da qualche malattia, soprattutto della gola. Le istituzioni paraguaiane che lo hanno come patrono celebrano una messa in suo nome e una processione con l'immagine del santo. Allo stesso modo, se i paraguaiani sono fuori dal loro paese, venerano il loro santo patrono, assistendo alla messa e partecipando a eventi religiosi in cui commemorano San Blas.
PROCESSIONE DI SAN BIAGIO
PROCESSIONE DI SAN BIAGIO
Un'altra città del Paraguay che celebra il giorno di San Blas è Piribebuy, questa viene commemorata con una novena in onore del santo, questa novena è frequentata da migliaia di parrocchiani che venerano il santo patrono, e per portare un'offerta all'immagine di San Blas che arrivò di Spagna nell'anno 1809 da Cristóbal Olivella. Olivella ebbe una figlia dalla signora Bautista Acosta, che si chiamava María José Olivella.
CHIESA SAN BLAS PIRIBEBUY
Dovendo lasciare il paese nel 1813, Olivella lasciò il rifugio dell'immagine del santo. Nel periodo della guerra della triplice alleanza, l'immagine del Santo fu trasferita a Caraguatay e successivamente recuperata dal sergente Venezia Acosta. Da allora fino ai giorni nostri numerosi parrocchiani vengono a venerare il santo patrono, alcuni vestiti con mantello rosso e mitra.